LA day 18: o di quando l'oceano ti insegna a liberarti

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Costume: preso. Asciugamano: preso.Crema solare: assolutamente presa. Cellulare: purtroppo preso. Nonavevo mai avuto una relazione tanto odiosa con il telefono come inquegli ultimi giorni, era come se fosse diventato l'oggetto del malecosmico. Dopo le foto che Gavin aveva messo, erano iniziati a pioverecommenti e tweet su chi fossi, cosa ci fosse tra di noi, se fossi piùo meno bella della precedente fidanzata storica (come se fossedavvero necessario porsi la domanda), se non fossi troppo vecchia perlui. Insomma una serie infinita di rafforzi negativi alle miepersonali paranoie. Un cazzo di spasso.

-Bianca: il ragazzino che ti vorrestiscopare è qui!

Mitch era sempre così discreto.

-Quindi vorresti scoparmi?

-Ahhhhhhhhh!!!!! Merda! Cazzo! Merda!

-Faccio davvero così tanta paura?

Gavin era tranquillamente appoggiatoallo stipite della porta di camera mia, le braccia incrociate e sulviso un sorriso che poteva illuminare tutta Los Angeles di notte. Loodiavo per quanto era attraente.

Aveva indossato una camicia sui tonidel bianco e del senape, con delle macchine d'epoca, degli arcobalenie se non sbagliavo, degli uccelli disegnati sopra: un capo chesarebbe stato male a chiunque, eccetto che a lui. Fortuna che ilcostume erano dei boxer neri.

-Sì, se ti presenti dal nulla allespalle della gente.

Si avvicinò così tanto che fuiinvestita dal suo profumo, la visuale improvvisamente bloccata dalsuo petto: come faceva ad essere leggermente più abbronzatodell'ultima volta che ci avevo fatto caso?

-Tu non sei la gente.

E dicendo quello, mi posò un bacio sulnaso. Di nuovo. Aveva qualcosa di tremendamente dolce e sensuale quelgesto e avrei dato una fortuna per capire quale delle due intenzionisi celasse dietro.

-Allora: dove mi porti di bello, oggi?

-Siccome non voglio fare il viaggio conl'angoscia di sapere che il posto ti farà schifo, non te lo dico eguido io.

Gli porsi la mano per farmi dare lechiavi, nonostante non avessi la più pallida idea di che macchinaavesse, però mi mancava terribilmente guidare: era una delle pochegioie di lavorare in una rimessa di auto usate.

-Non sono un tipo da grandi pretese,sono sicuro mi piacerà.

-Disse quello che aveva una modellacome ex.

Merda. Quella sì che era una pessimauscita. La peggiore di sempre probabilmente.

-Scusa, cazzo. Mi dispiace, io nonvolevo... Merda.

Gavin mi prese la mano che era ricadutasul fianco, avvilita dalla mia enorme stupidità e vi poggiò lechiavi della macchina.

-Tranquilla cupcake: diciamo che erouno da grandi pretese, ma sono rimasto abbastanza deluso da nonvolerci più riprovare.

Quella frase aveva molti piùsignificati e rassicurazioni di quante avrei mai potuto sperare diricevere in un'intera giornata di conversazioni cuore a cuore, quindifeci un profondo respiro, mandai fuori ogni insicurezza del cazzo edecisi di godermi ogni minuto in compagnia di Gavin.

-Molto bene Mr Universo: diamo inizioalla nostra giornata senza aspettative.

Se le macchine non vi interessano forsequesto paragrafo non avrà grande appeal su di voi, ma diamine visarebbe bastato vedere la mia faccia mentre sfrecciavamo sulle stradedi Los Angeles con una Land Rover dell'88, il vento che mi sferzava icapelli e l'oceano che riempiva con il suo fragore e il suo odore ivecchi interni in pelle bianca. Se poi ci si aggiungeva "OceanEyes" di Billie Eilish alla radio e Gavin che tracciava leggericerchi sul dorso della mia mano posizionata sul cambio, direi che sì:il paradiso esisteva e doveva essere molto simile a questo.

Diario di bordo di chi non è mai salito a bordoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora