Capitolo 1

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"Non puoi tornare indietro e cambiare l'inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale."

C.S. Lewis

POV: REBECCA

Sono sdraiata sul letto della mia camera al campus, cercando di calmare i battiti del mio cuore.
Guardo il soffitto bianco e mi concentro su una piccola crepa. Anche se piccola, andrebbe aggiustata. Un po' come me, anch'io mi sento incrinata, come se non andassi bene, come se dovessi essere riparata prima di andare in frantumi.

Dopo pochi istanti riesco a rallentare i respiri.

Oggi è il mio primo giorno alla Alma Mater ed ho un appuntamento importante con lo psicologo scolastico, il dottor Marchi.

Il nervosismo mi attorciglia lo stomaco, ma devo ammettere che si tratta di un bel passo avanti rispetto alla solita gamma di emozioni grigie e piatte che provo da circa un anno.

Sto per alzarmi per andare all'appuntamento , quando il mio cellulare squilla.

Non mi occorre nemmeno guardare il display.

«Ciao mamma, come stai?», modulo il tono della voce in modo da nascondere l'agitazione.

« Buongiorno stellina! Come stai? Com'è il campus? Ti sei già sistemata?». Non prova nemmeno a celare la sua preoccupazione e mi spara a raffica una serie di domande.

« Sì, mamma, sto bene. Sto per andare alla prima seduta di terapia» Cerco di mantenere il tono il più rassicurante possibile ma ecco che torna il nervosismo.

« Oh, tesoro, spero che vada tutto bene. Ricorda, devi aprirti se vuoi che la terapia ti aiuti. Ti voglio bene».

Deve aver percepito il mio stato d'animo, perché le sue parole giungono cariche d'affetto.

Eppure, non riesco a trattenere il fastidio che sento. Vorrei poterle dire che aprirsi non è così facile, che parlare di quello che è successo mi fa male. Vorrei poterle spiegare come mi sento, ma non ci riesco. Non sono sicura che mi capirebbe, quindi le dico quello che vuole sentirsi dire.

«Lo so mamma, ti voglio bene anch'io».

Il mio sguardo cade sull'orologio a muro rosa, un pugno nell'occhio con il resto dell'arredamento molto basico. Era già qui quando sono arrivata.

Non voglio arrivare in ritardo per la seduta di terapia e mi alzo in fretta.

Afferro la borsa e mi dirigo verso la porta. « Devo andare mamma. Ti chiamo più tardi»

«Aspetta ti vuole salutare anche papà» urla come se tra noi non ci fosse un cellulare.

«Ciao Rebecca, sono papà. Come va il primo giorno al campus?». Mio padre è una persona allegra e calma, eppure riesco a sentire una nota di ansia nella sua voce.

« Sto bene papà, solo un po' nervosa. Ma andrà tutto bene» cerco di tranquillizzarlo.

«Sono sicuro che andrà tutto bene stellina. Ricordati che è importante cercare di affrontare la terapia nel modo giusto. Ci sentiamo più tardi».

Riaggancio ed esco dalla mia camera ancora più agitata. Sono consapevole che i miei genitori mi amano e mi sostengono, ma non penso che possano capirmi fino in fondo. Anche nei loro confronti nutro un profondo senso di colpa. Non voglio più farli soffrire e so che con le mie azioni gli ho procurato tanto dolore. Tuttavia, è un pensiero orribile, ma vogliono che io stia meglio più per loro che per me stessa. Non sanno come comportarsi con me, come relazionarsi e ciò li rende insicuri. Il problema è che nemmeno io so in che modo dovrebbero trattarmi o rapportarsi con me.

Oltre le nuvoleWhere stories live. Discover now