Cap.37 Seduzione

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JASON

Per tutta la notte non ho fatto altro che ammirare la sua bellezza. Anche mentre dorme, Grace è unica. Un diamante raro, una creatura angelica scesa sul pianeta Terra per allietare le mie giornate.

Ho accarezzato la sua pelle, i suoi capelli. Mi sono sistemato al suo fianco e ho continuato ad ammirarla ancora e....ancora. Forse sono stato troppo ingiusto, non dovevo costringerla a lavorare fino a tarda notte. Forse non avrei dovuto farlo, è vero, ma solo così ho trovato la pace di cui avevo bisogno. Non ho affondato i miei pensieri in un bicchiere di whisky e questo è già tanto. Non mi sono lasciato sopraffare dalle mie dipendenze negative e, anche questo, è tanto. Da quando Grace è entrata nella mia vita sembra che io non abbia bisogno delle sigarette per calmare il mio animo a volte tormentato. Pare che lei abbia trovato il modo giusto per riparare quell'ingranaggio ormai rotto da tempo. Non ho mai sentito il bisogno di avere una donna al mio fianco ma con Grace... con Grace è tutto diverso.

Il mio capriccio è servito ad avvicinarla ulteriormente. Non so cosa mi sia preso ma mi sono sentito completamente spaesato senza di lei, impaurito. Al solo pensiero che potesse passare la serata in compagnia di un altro uomo, il mio cuore ha iniziato a ribellarsi. Non sopporto l'idea che qualcun altro possa poggiare il suo sguardo su di lei, possa sfiorare la sua pelle o possa semplicemente invitarla a bere un drink. Brucio di gelosia nel vederla alle prese con delle nuove conoscenze e tutto questo è ridicolo, lo so. Ridicolo perché io e Grace non siamo nulla. Inspiegabile perché io, con Grace, vorrei andare oltre questo nulla che ci divide. Non è una semplice segretaria, non lo è mai stato.

Improvvisamente, la vedo muoversi e sbattere adagio le palpebre. I suoi occhioni si spalancano lentamente, accenna un sorriso e arrossisce.

«Buongiorno», dico dolcemente accarezzandole una guancia.

«Jas...Jason?!»

Apre gli occhi completamente e sobbalza. Si guarda intorno e stenta a credere a ciò che vede.

«Che ci faccio qui?!»

Si alza con uno scatto e copre le sue gambe nude con le mani, imbarazzata come non mai. I suoi capelli sono arruffati, la sua bocca è incrinata in un'espressione che mi fa sorridere e le sue guance rosse, Dio. Quelle maledette guance mi manderanno al manicomio. Vorrei mangiarla, ora. Mangiarla sempre, in realtà. Abbandono quei pensieri un po' troppo invadenti, data la troppa vergogna della mia non molto consenziente segretaria e la rassicuro, nel miglior modo possibile. Anche se, ieri notte, per comodità ha indossato una delle mie camicie prima di addormentarsi. Ed è strano che non lo ricordi, dato che – purtroppo – non abbiamo fatto nient'altro.

«Grace, sta calma, è tutto ok. Ieri sera ti sei addormentata e non ho voluto svegliarti così...»

Faccio una pausa. Mi piace vederla imbarazzata. Porta una mano alla sua bocca e inizia a mordicchiare un'unghia mentre passeggia nervosamente.

«Sei così bella quando sei imbarazzata», ammetto senza nascondere troppo le mie intenzioni.

«E tu così stronzo. Allora, così?!»

È in preda al panico, fa fatica a guardarmi negli occhi. È sul punto di esplodere e sì, sarò anche stronzo ma è così soddisfacente guardare la sua reazione – a parer mio – troppo esagerata e continuare ad attizzare questo piccolo ma interessante fuocherello. Per un attimo vorrei inventare una balla, solo per vedere come sprofonda negli abissi del peccato e della vergogna. Tuttavia, non voglio essere quel tipo di uomo con lei. Non in questo contesto, almeno.

«Così ti ho portato qui e hai continuato a dormire beata».

Deglutisce. Il suo sguardo si poggia su di me. Dà una rapida occhiata alla mia camicia semi sbottonata per poi spostare l'attenzione sul mio viso.

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