Cap.33 Effetti collaterali

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JASON

Esco dall'ufficio e contemporaneamente, anche Grace lo fa. Ci troviamo faccia a faccia, entrambi incuriositi dalle urla di Claire.

«È successo qualcosa?», chiede preoccupata.

«Non so. Andiamo a vedere», cerco di calmarla.

Scendiamo la piccola scalinata e raggiungiamo il centro della hall.

«Claire?», chiedo avvicinandomi delicatamente a lei.

Si volta frettolosamente e inizia a guardarmi furiosa, in malo modo.

«Ti sei alzata con il piede sbagliato stamattina?», ironizzo.

«E tu con quello giusto, vedo», mi incalza.

Grace ridacchia alle mie spalle. Tossisco facendola tornare subito seria. Claire le lancia un'occhiataccia, è davvero fuori di sé.

Intanto, gran parte dei dipendenti si sono riuniti attorno a noi.

«Cosa sta succedendo, Claire?», questa volta il mio tono è serio.

Lei si avvicina con passo felpato, porta una mano attorno al mio braccio. Si avvicina al mio orecchio e sussurra poche parole.

«Vi ho scoperti. Tu e la sempliciotta avete una relazione».

Il sangue mi si gela nelle vene. Sbianco e sento come un vento gelido sulla mia pelle. Deglutisco.

«Cosa stai blaterando Claire?» sussurro, chiudendo la mano in un pugno.

Sorride in modo perfido.

«Lo dico io o lo dici tu?», continua con tono di sfida.

La guardo dritto negli occhi. Non lascerò che rovini il mio rapporto con Grace così.

E va bene, come vuoi.

«Cari colleghi, ho qualcosa da confessarvi».

Improvvisamente, Claire si irrigidisce. Acquisto maggiore sicurezza, schiarisco la voce e mi giro verso Grace.

Con una mano, la invito a raggiungermi. Lei l'afferra timorosa, quasi come se stesse temendo la situazione creatasi. Respiro a fondo e dopo qualche secondo, sicuro di averla ancora accanto a me, inizio a parlare.

«Siamo quasi vicini al Natale. Sapete, non ho mai amato questa festività eppure inizio a credere che porti fortuna. Il meteo dice che probabilmente nevicherà, magnifico vero? Chi non vorrebbe festeggiare il Natale sulla neve?»

I dipendenti mi fissano con aria interrogativa. Sono sicuro che stiano pensando che sono diventato matto in una notte.

«No, non sto blaterando. Vi chiederete perché sto stringendo la mano di Grace nella mia. Probabilmente se lo sta chiedendo anche lei, è la mia segretaria sì ma non una veggente. Per ora», dico ironicamente.

I ragazzi sorridono e un piccolo coro di voci si sparge nella stanza.

Claire continua a fissarmi, inerme e sconvolta. Non pensava che potessi confessare tutto così velocemente.

«Jason... sei impazzito?»

Grace parla velocemente al mio orecchio, in preda al panico. Le sue guance rosse e le sue mani sudate confermano la mia tesi: se la sta facendo sotto per la vergogna.

«Grace... ti spiegherò dopo...»

Prova ad uscire dalla mia presa ma, prontamente, glielo impedisco.

Non fare i capricci Grace. Non ora.

«Colleghi, lo sapete, per me siete come una seconda famiglia. Passo la maggior parte del mio tempo qui, in questa azienda. È giusto che voi lo sappiate prima di chiunque altro. Io e Grace...», dico con tono caldo, voltandomi verso lei e poi nuovamente verso i ragazzi.

«Ecco... io e Grace, siamo una coppia... più o meno», esclamo soddisfatto.

«Cosa?!»

Le voci di Claire e Grace si sovrappongono. I ragazzi dopo qualche minuto di incredulità, applaudono e il suono delle mani che battono riecheggia nell'aria.

«Congratulazioni signor White!»

«Congratulazioni!»

Li vedo congratularsi felici con me, mentre Grace continua a fissarmi incredula. Il suo sguardo perso e la sua espressione poco chiara lasciano intendere che non ha apprezzato molto questo spettacolo. Claire raggiunge velocemente il suo ufficio, è su tutte le furie. Grace fa lo stesso.

«Aspetta», dico, afferrandole il braccio.

Grace continua a fissarmi con gli occhi vuoti. È sul punto di piangere. Con forza lascia uscire il suo braccio dalla mia presa, dandomi così le spalle.

La guardo andare via mentre i dipendenti continuano a congratularsi con me attraverso sorrisi e pacche sulle spalle. Se avessi detto loro di aver vinto un premio, probabilmente non avrebbero reagito così.

Dopo aver ristabilito l'ordine, decido di raggiungere Grace nel suo ufficio.

Premo con la mano sulla maniglia ma la porta non si apre. È chiusa a chiave.

Maledizione, perché non si apre?

Provo ancora ma è tutto inutile.

Entro nel mio ufficio e subito mi giro verso la vetrata che mi divide da lei. Ha abbassato le tende. Non posso crederci, mi sta evitando.

Il mio umore muta velocemente. Fatico a rimanere fermo, sbottono la camicia leggermente e mi siedo dietro alla scrivania, portando le mani alle tempie.

«Pensa Jason, pensa!», dico ad alta voce con tono furioso.

Con una mano sposto i fogli dalla scrivania, lasciandoli cadere sul pavimento. Mi poggio con i gomiti su di essa e inizio a muovere le gambe in modo sconnesso. Ho ottenuto l'effetto contrario, anziché avvicinarla, l'ho allontanata.

«Maledizione!», esclamo battendo una mano sul tavolo.

Sento la porta di Grace aprirsi. Alzo lo sguardo e velocemente raggiungo l'uscita.

«Grace!», urlo guardandomi intorno.

Respiro in modo affannoso.

La ragazza della reception mi guarda scioccata. La porta dell'ufficio di Grace è aperta ma di lei non c'è nessuna traccia.

«Signor White?», chiede la ragazza avvicinandosi.

«Dov'è Grace?», tuono iracondo.

«È andata via... ha detto di sentirsi poco bene».

Serro la bocca e ingoio un boccone a vuoto. Sono furioso e non riesco a contenere la mia rabbia. Non sono arrabbiato con lei, no. Con me stesso. A causa di Claire, Grace si sta allontanando da me. Come ho potuto permetterle di prendere il sopravvento sulle mie azioni?

«Torna a lavoro!», esclamo in modo rude.

La ragazza abbassa lo sguardo e torna dietro alla sua scrivania.

Rientro nell'ufficio, sbattendo la porta dietro di me.

«Maledizione! Maledizione!», urlo ad alta voce.

Calpesto i fogli e tiro un calcio alla poltrona. Non riesco a tranquillizzarmi. Sapere che Grace non è qui a causa mia, mi destabilizza.

Provo a telefonarla ma nulla, il suo cellulare squilla a vuoto. Le invio uno, due, tre messaggi... ma niente. È tutto vano.

«Sei un'idiota Jason White! Un cazzo di idiota!», urlo a me stesso in preda all'ira.

Ad un tratto, la porta si apre lentamente dietro di me. Mi volto e...


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