Capitolo 7 - Affinché tutto resti uguale

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Penelope distolse lo sguardo per cercare il ghiaccio secco nella cassetta. Schiacciò il sacchetto e completò la medicazione con una garza pulita, poi vi sistemò sopra il ghiaccio.

Aveva già notato che teneva una mano - quella non calpestata - premuta sulle coste.

«Fatemi dare un'occhiata» disse senza tanti preamboli. «Potreste avere qualcosa di incrinato.»

Tirò giù due cuscini dal divano e glieli sistemò dietro la testa per metterlo seduto, poi fece per sollevargli la camicia.

Il Primo Cavaliere protestò. «Aspettate... Non c'è bisogno...»

«Suvvia, non è il momento di essere così pudici.»

Aveva già visto altri uomini, quando stava imparando a fare le medicazioni al fianco della madre di Leon. La nudità non era qualcosa che la disturbava; nel caso degli uomini, a maggior ragione, la lasciava del tutto indifferente.

«Se dovrete morire per mano mia, sarà in battaglia e non perché non posso curarvi dopo una rissa da cui ho cercato di salvarvi.»

«Quella non era una rissa» rispose in tono grave. «Era l'inizio di una ribellione.»

Penelope non rispose. Sapeva che aveva ragione e l'idea che il popolo avesse deciso di prendere in mano le armi per schierarsi nella Guerra Dinastica le metteva i brividi.

Ignorando le altre proteste del Cavaliere, lo fece sistemare in posizione seduta e si liberò della sua camicia.

Quello che vide la lasciò pietrificata.

Il Primo Cavaliere fece un sospiro esausto. «Ve l'avevo detto di non farlo.»

A sconvolgerla non era stata alcuna ferita o lesione, bensì il fatto che i fianchi del Cavaliere erano stretti e curvilinei, la peluria sulla pancia sottile, il rigonfiamento sul petto poco pronunciato ma adesso evidente, nonostante la stretta fascia che conteneva i seni.

Avrebbe voluto esordire con "siete una donna!", ma sarebbe stato poco delicato e decisamente fuori luogo in quel momento. E poi, era già abbastanza ovvio così.

Cercando di ignorare lo sgomento, si occupò di fasciargli le coste, sperando che non avesse niente di rotto. Se era riuscito ad arrivare fin lì, era probabile che fossero solo incrinate.

Di essere, gli provocavano dolore: sussultava ogni volta che Penelope faceva più pressione o stringeva la fasciatura, ma non si lamentò a voce.

Dovette anche tagliare via la fascia per lasciargli libero il respiro. Nessuno dei due cercò di farci caso, ma l'imbarazzo era evidente.

Quando ebbe finito, lo fece stendere di nuovo per terra con la testa sui cuscini. Pulì anche i tagli sulla mano e gli diede un altro sacchetto di ghiaccio secco. Il Cavaliere sussultò, ma strinse la presa. Sembrava quasi volesse dirle grazie con i movimenti impercettibili delle dita.

«Pensate a voi adesso» le disse con un filo di voce.

Aveva ragione. La manica sinistra del vestito era lacera e imbrattata di sangue. Penelope la strappò del tutto, sentendosi in colpa nei confronti della proprietaria, e dopo aver ripulito anche questo taglio strinse la garza aiutandosi con i denti.

Tornò a guardare il Primo Cavaliere Ross. Si era addormentato con una mano sulle coste e l'altra ancora stretta al ghiaccio secco.

Penelope prese una coperta dal divano e gliela stese sul petto, non tanto per imbarazzo, quanto per rispetto.

A essere onesti, si sentiva un po' una stupida per non averlo capito prima.

Aveva lineamenti delicati e androgeni, come quelli delle fate, ma niente l'aveva portata a pensare che potesse esserci una donna sotto quelle vesti. Anche perché ognuna delle voci sul suo conto era riportata al maschile, per non parlare dei pettegolezzi nelle locande...

Il regno delle Cascate Where stories live. Discover now