c a p i t o l o 22 - A change of heart

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"E da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo."

Pablo Neruda


Il Natale è la festa più attesa dell'anno. Sarà perché riempie l'atmosfera di colori e spensieratezza, o perché è un momento da trascorrere con la propria famiglia, la quale è un pezzo importante della vita di ciascun essere umano, ma quando cade il giorno, il mondo assume una vivacità magica.

Per la Rikki bambina prendeva le forme di un amore ancora più smisurato. I suoi la riempivano di affetto, di baci, di regali; la facevano sentire una principessa. La loro principessa. Dopo l'arrivo di Lindsey, invece, le cose erano cambiate così drasticamente da ferirla in maniera brutale. Non riusciva più a viverla con la stessa intensità, con lo stesso impeto, con la stessa gaiezza e serenità che ella comportava. Non riusciva più a riconoscere Penelope e Terry, quello che avevano costruito fino a che la piccola non era nata. Non riusciva a riconoscere quel loro; il cuore lo avvertiva scucito, pregno di sangue e senza più una collocazione.

Rikki si sentiva sola. E la solitudine di quei momenti se l'era trascinata con sé anche per tutti gli anni a seguire. Il Natale, se potesse, lo avrebbe cancellato dal calendario; spazzato via con un colpo di spugna, come se quei giorni non fossero mai esistiti. Come se quei giorni non dovessero esistere.

E adesso che il tempo sta scadendo, che l'orologio rintocca le ore, i secondi, i minuti che la separano da quella maledetta festa, a Rikki si accende un fuoco nel petto - un fuoco di dolore, di morte, come se la sua anima stesse reclamando un agognato riposo che non è concesso a chi nasce tra le spire di un Inferno squarciato da denti e corna aguzze; da diavoli e castighi. Un fuoco che le corrode le ossa, che le ingrigisce i pensieri, che la fa sentire ancora una volta sola. Presa di mira da una vita troppo ingiusta.

Presa di mira da uno dei tanti mostri sotto al letto. Anzi, da quello più meschino e rivoltante. Vibrante di cattiverie e marciume. Un mare di spiacevolezza. Un mare di spiacevolezza che la porta nuovamente alla deriva, che la fa accasciare sulla sedia dello studio della dottoressa Adams e lì perire, piangere, disperare, gridare.

Un attacco di panico che ha il volto di un passato che non esiste più, che la pagina l'ha voltata così profondamente da averla ridotta a brandelli.

Rikki li sente scivolare uno a uno sul suo cuore già tumefatto, e straziarlo ancora. Come ripetute coltellate.

I piedi scalciano voci ardesiane, macchiate di cattiveria, piacere, voglia di sotterrarla ancora di più nel lago dei suoi patimenti. E risalire, adesso, sembra più complicato del solito.
La giovane continua a muovere le gambe come una pazza, forsennatamente, urlando e chiedendo a Dio di far cessare tutto questo; implorando la Adams di aiutarla, ma la donna, oltre che abbracciarla e dirle che va tutto bene, non riesce a fare molto altro.

«Sei qui con me, Rikaela. Loro non esistono, sono nella tua testa, sono solo lì, tesoro.» Ma l'altra, di parole del genere, non sa che farsene.
Non riesce neppure ad ascoltarle a pieno.
Piangere è l'unica via d'uscita che sente di avere quest'oggi; piangere e invocare qualcuno di più grande affinché la scarcerazione dell'affanno sia misericordiosa. Ma più i minuti passano, e più che non cambia niente, e le cose diventano gigantesche.

Perciò, quello che le viene spontaneo fare è scappare. È aprire la porta della stanza e sparire via, come una folata di vento.
La borsa dalla foga quasi si rovescia sul pavimento, i capelli appiccicati alla faccia, gli occhi colmi di lacrime, scosse violente di pena a vibrarle insieme al sangue nelle vene. Singulto che raschia l'esofago e le induce la nausea.

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