c a p i t o l o 3 - Prison Ally University

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Una lieve ma fastidiosa nausea accompagna il risveglio di Rikki. E nel mentre si alza si chiede il perché di tale condizione, ma poi, guardando il lenzuolo, si rende conto che il ciclo è giunto a tenerle compagnia per qualche giorno.

Così, sbuffando, si mette velocemente in piedi e corre in bagno, ma non prima di aver recuperato un paio di mutandine pulite dal cassetto.
Odia quando si dimentica di tenere il conto a ridosso delle mestruazioni.

Completata la doccia e asciugatasi, indossa, oltre all'intimo e all'assorbente, un paio di pantaloncini di jeans e una t-shirt color vinaccia; lega i capelli in una coda e, tornando in camera, si accorge di avere sua madre e due domestici ad attenderla all'interno. Sul comodino soggiorna un vassoio contenente una spremuta all'arancia e un avocado toast.

«Sbrigati a fare colazione e rifare le valigie, Rikaela. Almeno possono caricare la macchina e noi andiamo in università», mormora la donna. Sul volto un'espressione derisoria.
Non le lascia neanche il tempo di respirare.

«Perché non posso andarci da sola, mamma? Cos'è, mi devi controllare?» ribatte piccata la castana. Poi si fa avanti e raccoglie il toast, divorandone metà. Alcune briciole rotolano sul tappetto bianco di lana finto e sua madre emette un verso gutturale, presa dal fastidio. Rikki, invece, si gode la reazione sorridendole.

«Voglio solo assicurarmi tu arrivi sana e salva a destinazione, bambina mia. Sai che mi preoccupo per te...» dice. «Oh, e Smiters ci verrà dietro. Ti lascio la Micra, anche perché so che nel pomeriggio hai la psichiatra.»

Rikki, immagazzinato il suo discorso, vorrebbe urlarle in faccia che è una stronza egoista e approfittatrice; e che non è assolutamente vero che si preoccupa per lei, ma che sta indossando una maschera da finta perbenista soltanto per recitare al meglio la sua parte. Ma, bevendo anche la spremuta, la giovane si limita soltanto a fare come le è stato suggerito.

Il silenzio cala nella stanza; viene interrotto a step irregolari dai rumori prodotti dalle zip del beauty case, della borsa e, infine, dei trolley quando vengono chiuse.

Alche, i due mansueti, si affrettano a redarguire i vari oggetti personali della ragazza, per poi scendere le scale.
Rikki, che non ha nessuna voglia di restare impalata lì a guardare sua madre, si gira di spalle e aggancia il braccialetto di Conrad al polso, maledicendosi per non averlo fatto prima. Calza anche una felpa e le Converse nere; dopo prende il telefono e lo zaino contenente il computer, e fa per sparire anche lei insieme ai domestici, ma la donna la ferma. «Lindsey ti ha lasciato una foto sul tavolo in soggiorno. Conservala, okay? Alla fine lei non ha colpe»

«Non ne avrei neanche io se per questo, eppure mi sembra che mi odi come se ti avessi fatto chissà cosa!» esclama Rikki, incastrando le pupille in quelle della signora Suarez; una lacrima di rabbia le solca la guancia, ma si affretta a farla morire, soffocandola con il pollice.

«Tu pensaci. So che farai la scelta giusta.» Mormorato ciò, abbandona la camera della figlia; Rikki la segue, e quando arriva in soggiorno, intasca frettolosamente la fotografia senza neanche guardare di cosa si tratta e sentendola stropicciarsi un po'. Ma non se ne cura. E quando si appoggia con le natiche alla portiera dell'auto, giura di aver intravisto un sorriso vittorioso risplendere sulla bocca di Penelope.

🌗🌗

Una settimana fa, in viaggio verso New York


«Non credevo amassi così tanto la Brontë...» inizia suo padre, leggendo il titolo del libro che sua figlia sta tenendo in mano.

Rikki eleva gli occhi dalle pagine e scruta suo papà da sotto gli occhiali da riposo.

«Charlotte è la mia preferita tra le sorelle.»

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