Capitolo 19 - Vetro

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Regno Unito, Inghilterra

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Regno Unito, Inghilterra.
Silverstone Circuit.

Ogni volta in cui si spingeva al limite era come se infrangesse un vetro.
Migliaia di scaglie esplodevano e venivano schizzate ovunque, aprendogli un passaggio che gli permetteva di proseguire sulla strada che si era prefissato.
Non sempre però, quelle schegge lo lasciavano passare indisturbato. Spingersi al limite comportava spesso delle controindicazioni.

I vetri si rompevano ed era probabile che ti colpissero. Le ferite poi, potevano anche essere profonde, non semplici da curare, da rimarginare.
Eppure, nonostante tutto, era incapace di farne a meno di quell'adrenalina, della sua forza di volontà, della sua fame di traguardi. Tutto ciò era più forte del dolore che sarebbe potuto arrivare, valeva sempre la pena, per lui, di rischiare.

Oltre alle ferite, quei vetri portavano con sé anche il riflesso delle sue azioni, di se stesso. Erano come uno specchio della sua anima, della vita che aveva costruito. Andava in mille pezzi per qualche secondo e poi si trasformava, ricomponendosi in un nuovo tassello che si sarebbe adagiato sul cammino che stava percorrendo.

Premette il piede sull'acceleratore, affrontando il rettilineo che si estendeva davanti ai suoi occhi, percependo la macchina come un prolungamento naturale del suo stesso corpo. Strinse il volante tra le mani, imboccando le curve che il circuito presentava, cercando di entrarvi e uscirvi nel migliore dei modi, così da non perdere nemmeno un preziosissimo secondo.

In quella gara era partito primo, dopo essersi conquistato la pole position. A seguito di un pit-stop, durante il quale aveva perso più tempo del previsto, per via di un errore da parte dei meccanici della Ferrari, che avevano dato il via libera a Sainz per poter lasciare la pit-lane, quando lui stava già arrivando a pochi metri di distanza, rischiando quasi di far scontrare le due auto. Ora si ritrovava qualche posizione indietro rispetto la testa di quella corsa.

Aveva effettuato già alcuni sorpassi, arrivando secondo. Dopo essersi lasciato alle spalle Leclerc, davanti a sé vedeva perfettamente la macchina dell'altro suo avversario per quel mondiale. Verstappen però, risultava ancora troppo lontano. Ma lui continuava a guidare cercando di non commettere il minimo errore, così da recuperare tempo e terreno, per poter riprendersi in fretta quella prima posizione.

«Okay, Lewis, è il momento dell'Hammertime» udì la voce di Bono tramite gli auricolari, che gli rese impossibile trattenere un sorriso. Non si deconcentrò, non rispose nemmeno, decidendo di lasciar parlare la pista, come sempre suo padre gli aveva consigliato di fare.

Anthony Hamilton, sin dal primo momento in cui aveva fatto salire il figlio su un kart, si era raccomandato con lui di non sprecare fiato, di non perdere tempo a controbattere alle accuse o alle provocazioni. Il modo migliore per zittire chi aveva troppa voglia di parlare a sproposito, era attraverso le sue azioni in pista. E così, Lewis aveva sempre fatto, scegliendo di restare calmo davanti alle critiche crudeli e ingiustificate che gli venivano mosse da chi viveva con l'invidia, la cattiveria e l'ignoranza nel cuore, lasciando che a zittirli ci pensassero i suoi traguardi. Il padre gli aveva insegnato ad amare i fatti e non le parole, perché con queste ultime tutti sono bravi.

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