Capitolo 3 - Fuoco fatuo

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«Sto tornando a casa da mia moglie.»

«Siete giovane per essere sposato.»

«Ci conoscevamo già da bambini.»

«Capisco. Congratulazioni allora.»

Ross ripose la sua spada nel fodero. I suoi occhi erano vispi.

«Permettetemi di farvi compagnia, due lame sono sempre meglio di una, e non mi sembrate del tutto lucido. Lo prendo come un dovere impostomi dalla corona. E poi, è una così bella notte per fare due chiacchiere tra gentiluomini, che non potete rifiutare.»

Brutto traditore infame, quale corona e corona, pensò Penelope, ma non poteva dirlo ad alta voce.

«Ne sarei onorato. Siete una celebrità nel regno, Ross di Lungofiume.»

Finse un inchino e si mise al suo fianco.

«La mia fama mi precede, vedo. Io però non so chi siate voi.»

«Solo un umile mercante.»

«Un mercante! Avrete visto il mondo allora. Fatemi strada fino a casa vostra. Nel frattempo, sarei lusingato di sentire la vostra storia.»

Non aveva un'opzione migliore, così Penelope cominciò a raccontarsi, o meglio, a raccontargli di Seth.

Avrebbe dovuto approfittarne per raccogliere informazioni, era quello lo scopo per cui era uscita quella sera e quale fonte migliore del Primo Cavaliere in persona poteva darle le risposte che cercava?

Però, vedendo che Ross ascoltava con interesse le sue storie, le stesse che aveva ripetuto milioni di volte nelle taverne di Als, finì per non smettere di parlare.

Si servì di tutti i libri che aveva letto e della vita da avventuriera che aveva sempre sognato, ma anche dei resoconti degli illustri ospiti stranieri che arrivavano ogni tanto a corte e dalle cui labbra lei pendeva ogni volta.

Raccontò di viaggi su navi pirata e combattimenti con mostri marini, di aver esplorato i boschi dell'Ovest e visto i centauri della valle di Lanuun, di essere arrivata fino ai ghiacciai del Nord e aver visto le cascate da cui si originavano i fiumi di tutta Shaalal, e di aver trovato la pentola d'oro di un folletto che era stato costretto a regalargliela.

«Tipi tosti, i folletti, eh?»

«Parecchio. Molto gelosi delle loro cose. E molto permalosi.»

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando avevano iniziato a parlare.

Penelope aveva pensato a una meta sicura per mantenere la propria copertura; ma aveva divagato volutamente, prendendo ponti e vialetti, fingendo di tanto in tanto di doversi sforzare per ricordare la strada. Non che le risultasse difficile, dato che l'effetto dell'alcol non era ancora svanito del tutto.

«Immagino. E le cascate del Nord, invece? Come sono?»

«Spettacolari. Vi giuro, da vedere almeno una volta nella vita. L'angolo più bello del regno.»

O almeno, era così che le immaginava. Non a caso, Shaalal significava proprio terra delle cascate nell'antica lingua dei loro avi.

«La fortuna di essere un mercante e girare il mondo.»

Penelope annuì, sentendo una stretta al cuore. Quanto avrebbe voluto averle viste davvero, tutte quelle cose.

Il Primo Cavaliere si fermò e le poggiò d'istinto un dito sulle labbra per intimarle di fare silenzio. Quel contatto inaspettato la fece trasalire.

«Guardate» le sussurrò.

In lontananza, lungo l'ansa del fiume, si alzava una fiammella di luce blu elettrico. Volteggiava nell'aria come un soffione sospinto dal vento.

Il regno delle Cascate Where stories live. Discover now