6. He's a narcotic gas

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«Hai finito?» domandò in un soffio, fra i miei capelli.
Brividi gelidi mi attraversarono il corpo caldo mentre lo sentii alleggerire la presa.

Il cuore prese a martellare ossessivo nel petto. Inspirai profondamente sicura che sarei entrata in iper ventilazione da lì a poco. Mi concentrai sul mio respiro cercando di ridurre l'ansia ed aumentare l'affluenza d'ossigeno al cervello. Rallentai di conseguenza il mio battito cardiaco finché non sentii di nuovo il cemento sotto ai piedi.

«Perché cazzo ti sei dovuta infilare in quel vicolo?» imprecò, d'un tratto.
Mi voltai sconcertata. «Non ci sono mica entrata di proposito! Piuttosto, hai la più pallida idea della gravità di ciò che hai fatto?»
«Cos'avrei fatto?»
«Hai voglia di scherzare?»
Rise senza divertimento, una di quelle risate piatte e senza alcun sentimento.
«Tu hai voglia di morire? Perché è di questo che si parla»

Aprii bocca per parlare, quando poco dopo lo squillo di un cellulare si diffuse nell'atmosfera buia della strada, illuminata dalla luce tenue dei lampioni. Sfilò il cellulare dai jeans ed è li che ricordai di aver dimenticato il mio a casa. Molto bene.

«Pronto» rispose «Non provare a scappare, non abbiamo ancora finito» mi puntò il dito contro.
Mi trattenni dall'insultarlo quando si voltò dandomi le spalle.

Mi guardai attorno spaesata ed improvvisamente mi avvolsi fra le braccia, quando un vento freddo si innalzò scompigliandomi i capelli. I miei occhi scorsero le spalle larghe del ragazzo a pochi metri da me e mi ritrovai a chiedermi se non avesse freddo conciato così. Indossava solo dei jeans ed una maglia a maniche corte nera. Rabbrividii al solo guardarlo, così cambiai obiettivo e mi concentrai sul cemento a terra, che trovai subito più interessante.

Che diavolo ci facevo ancora lì? Avrei voluto scappare, approfittare della sua distrazione e scappare via ma il mio lato consenziente me lo impediva. Non avevo nessuna idea di dove mi trovassi e mettersi a correre per le strade buie di una città che ancora non conoscevo, non era esattamente una buona idea.

«Che cazzo di storia è mai questa?» alzò la voce «Ok, d'accordo. Ci penserò più tardi»
Si voltò lanciandomi un'occhiata di sbieco. Gesto che mi innervosì profondamente.
Ma che diavolo.. mi stava controllando?
«Ho detto che lo farò. Ho solo bisogno di capire come, dannazione»

Preso dalla chiamata, si allontanò ancora e così mi voltai decidendo che stare qui non era meglio dei quartieri bui di Los Altos. Non avevo idea di cosa avesse intenzione di farmi ma sicuramente non sarei rimasta lì per scoprirlo.

Iniziai a correre per un tempo che mi sembrò lunghissimo, non mi voltai neanche una volta, per paura di rallentare. Ogni incrocio era nuovo e sconosciuto ai miei occhi, ogni quartiere era l'ignoto. Correvo senza aver alcuna idea di dove mi trovassi e questa consapevolezza mi sprofondò in un'angoscia immane.

Svoltai ancora e quando mi lanciai nella carreggiata per attraversare, due luci puntate in faccia mi vietarono della vista. Sentii le ruote stridere sul cemento, l'auto sbandare a destra ed a sinistra come impazzita e quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi, la vidi accelerare istantanea nella mia direzione.
Credetti di morire quando il cuore rischiò di scoppiarmi nel petto.

Ma tutt'un tratto, un'aria improvvisa si alzò violenta circondandomi come un tornado, due mani calde mi afferrarono sotto le gambe e in uno scatto fulmineo mi ritrovai dall'altra parte, sul marciapiede.

Quando aprii gli occhi l'auto in lontananza continuò la sua corsa spericolata sparendo a qualche isolato di distanza, mentre sentii un leggero capogiro che mi costrinse a richiuderli.

Unlimited - La paura dell'ignotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora