28. Ryokan

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Sukuna si stiracchiò sul letto con un sonoro sbadiglio.
"Mmmh" mugugnò, sentendo il peso della ragazza sul suo corpo. Aprì pigramente gli occhi, indeciso se svegliarla o meno.
Un leggero bussare catturò la sua attenzione. "Chi cazzo é" sussurrò, attento a non farsi sentire da lei.
"Capo, sono io".
"Uuugh" gemette lui. Si passò una mano sulla faccia. "Fai piano".
Uraume scivoló nella stanza, i geta in mano per fare meno rumore. "Le chiedo conferma per gli ultimi dettagli". Alzò un sopracciglio, regalando il solito sguardo di disapprovazione a Y/N quando la vide sdraiata sul suo capo, ma non fece commenti. Sukuna non sembrò farci caso, continuando ad accarezzarle distrattamente la coscia.
"Come diavolo hai fatto ad entrare...?"
L'assistente scrollò le spalle. "Mi sono presentato come il suo chef personale per portarle la colazione. Ah, non si preoccupi" si affrettò ad aggiungere "mi sono permesso di istruire la cameriera riguardo i suoi gusti per la cena".
"Heh" ridacchió lui. Cos'altro poteva aspettarsi da Uraume?
"Allora, stavo dicendo". Tirò fuori di tasca la sua agendina e cominciò a scartabellarla. "Geto e Choso sono in appostamento sotto casa vostra, per controllare il viavai. Kechizu e Eso si assicureranno invece che Mahito e i suoi cadano nella trappola, e che inizino a tampinare anche l'indirizzo che gli abbiamo fornito".
"M-mh" mugugnò. Infilò il naso fra i capelli della ragazza. Sì, gli piaceva decisamente il suo odore.
"E... Beh, Nanami continuerà a tenere controllati i tabulati delle chiamate, mentre io-"
"Tu rimani in zona" sussurrò, sfregando le labbra sul collo di lei. Aprì la bocca, mordendola piano; sentì un brivido scorrerle sulla pelle e accarezzargli la lingua. Chiuse gli occhi.
"...E ora esci subito da qui" gli intimó, stringendo le natiche della ragazza con entrambe le mani. La spinse verso di sé, sfregandola sull'erezione che stava nascendo.
Fu probabilmente il tonfo della porta scorrevole che si richiudeva a svegliarla. Contrasse le spalle e sbatté un paio di volte le palpebre, rendendosi subito conto di dove e con chi fosse. Sorrise soddisfatta.
"Mi sono addormentata...?" si scusò, facendo per alzarsi. Fu bloccata dalla sua presa.
"Buongiorno, piccola" la coccolò. Strofinò le mani sulla stoffa del suo vestito. "È tuo questo yukata?"
"Me l'ha dato la ragazza all'ingresso". Puntò i gomiti sul letto, alzando il busto per guardarlo in faccia. "Ti piace?"
"Molto". La prese per i polsi la fece di nuovo cadere sul suo petto. "Ti sta bene".
"Allora chiedo se me lo vendono" mormorò, strofinando la guancia sotto il suo mento. "Così lo metto anche a casa".
Sukuna ebbe un moto di disappunto. "Non pensare a casa. Pensa che siamo qui, e basta".
"Mh...?" La ragazza corrugò la fronte. "Che intendi dire?"
"Esattamente quello che ho detto" rispose, stizzito. Si alzò di scatto, mettendosi seduto, e facendola rotolare sul materasso. "É tanto difficile da capire?"

Che cazzo di problemi aveva?
Il solo pensiero di quell'appartamento gli fece tornare in mente come una valanga la serata precedente: il piano, i pedinamenti, le parole di Uraume, il sequestro di quel ragazzo... La pugnalata nell'addome...
Se n'era andato da New York con la speranza che tutta la merda che si trascinava dietro sarebbe rimasta lá, oltreoceano, in quel continente straniero. E invece no, ecco che lo seguiva anche lì in Giappone. Dove tutto era iniziato.
Forse il problema non era l'ambiente. Forse il vero problema era lui.
Cosa cazzo pensava di fare?
Davvero credeva che passare due giorni in un hotel di lusso con una troia qualunque sarebbe bastato a fargli dimenticare tutto quello che era successo, tutto quello che era?
Si passò una mano sopra la cicatrice.

"Hai ragione".
La voce cristallina della ragazza lo riportò alla realtà. Corrugò la fronte, senza voltarsi verso di lei.
"Hai avuto una settimana pesante al lavoro, no...?" La sentì avvicinarsi, gattonare sul letto, sfiorargli le spalle.
"Ora pensiamo a stare qua e a divertirci". La sentì far scivolare le punte delle dita sotto il bordo dello yukata, spingendolo dolcemente lungo le braccia. Il suo respiro gli accarezzò la nuca.
Sentì i suoi palmi morbidi premere sotto le scapole. Esalò un sospiro, curvando la schiena.
"Bravo" la sentì sussurrare. "Lascia che ti aiuti a rilassarti".
Sukuna chiuse gli occhi.
Dopotutto, che male c'era?
Non era colpa sua. Non si meritava...
"Mmmh" mugugnò, soddisfatto. Roteò la testa all'indietro, distendendo la fronte.
"Oh Kami, se sei contratto" borbottò lei, quasi impercettibile. I polpastrelli cominciarono a lavorare più a fondo per sciogliergli i muscoli, con movimenti lenti ma precisi.
L'uomo sorrise. Quanto era che desiderava un bel massaggio?
"Heh" riuscì a mormorare, fra un brivido e l'altro "sei brava".
"É il mio lavoro" si vantò, orgogliosa. Premette piano su un nodo più critico. "Qui hai male, mh...?"
"Aaaaah..." gemette, dolorante. Sí, faceva un male cane, ma era così piacevole... Piegò la schiena sotto le sue dita, in sua completa balia.
Y/N si stava divertendo a seguire la linea dei muscoli e quella dei tatuaggi, speculari entrambi. Si rese conto che era già la seconda volta in cui aveva il suo corpo completamente fra le mani, abbandonato a lei, e si stava decisamente abituando a quella meravigliosa sensazione.
"Ryo" mormorò, pensosa.
"M-mh".
"Perché hai uno yukata da donna?"
"É più comodo. Perché me lo chiedi?"
Y/N alzò le sopracciglia. "Mi ricorda il mio incubo".
"Eh? Che incubo?"
Lei si morse la lingua. 'Ops'.
"Eh, sai quando avevo sognato Ryomen Sukuna. Il demone, intendo". Aspettò che annuisse prima di continuare. "Lo sogno spesso. E indossa questo yukata, uguale".
"...Ah". Una pausa. "Quindi sono il tuo incubo".
Lei ridacchió. "Se tu sei un incubo..."
Lo vide girarsi, e guardarla negli occhi.
"N-non..."
Una mano le passò dietro la nuca, avvicinando le sue labbra a quelle di lui.
'Non svegliarmi' pensò, le parole ormai soffocate dalla sua lingua. Gli si aggrappò al collo, seguendolo di nuovo nel letto.


Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now