11. Porte

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Y/N abbassò la maniglia della porta di casa con un senso di colpa inaspettato. Non si sentiva così da quando tornava tardi la sera, con sua madre che la aspettava sveglia pronta a farle il culo.
Cercò di ignorare quella sensazione ed entrò, seguita a ruota da Sukuna. La presenza dell'uomo la rassicurava, come quando ci si porta la migliore amica per confessare ai genitori l'ennesima cazzata.
"Siamo a casa" annunciò allegramente. Non ottenne risposta.
Deglutì. Si avviò piano verso la cucina, ma nessuno dei due coinquilini era lì. Strinse i denti.
"Che hai?" le chiese Sukuna con noncuranza, togliendosi il cappotto e appoggiandolo meticolosamente all'appendiabiti. "Sembri preoccupata".
"Sembro preoccupata?!" Questo era troppo. Y/N si avvicinò a lui a grandi passi, brandendogli un dito contro. "Anche tu dovresti esserlo! Era una tranquilla gita in famiglia, e tu mi hai trascinata via - sì, sì, lo so, per il mio bene - ma tuo fratello sarà incazzato nero! Lo sai che è uno dei giorni più importanti per noi, e..."
"No, che non lo so!" le urlò lui di rimando. Y/N fece un passo indietro, spaventata dal suo improvviso scoppio d'ira. "Non faccio parte della vostra famiglia, e non conosco le vostre tradizioni!"
La ragazza strinse i denti. Voleva scusarsi, ma in quella situazione non doveva assolutamente fargli capire che si sentiva a disagio. "Non dire stronzate. Fai parte della famiglia, e quindi devi iniziare a rispettare le tradizioni anche tu".
Sapeva che come ragionamento non aveva un gran senso, ma sperava di poter far leva sul suo senso di colpa toccando le corde giuste. Sembrò fare effetto, visto che si voltò senza controbattere.
Sentì un rumore provenire dalla camera da letto. Yuko uscì, squadrandola dalla testa ai piedi.
"Bentornati" la salutò freddamente, ma le bastò vedere la sua faccia da cane bastonato per capire le sue intenzioni. "Yuji é in camera. Esco mezz'oretta".
Y/N fu tentata di abbracciarla, ma si trattenne. Annuì, correndo verso la stanza.

Non bussò. Non lo faceva mai, in effetti. Era un'abitudine: se Yuji avesse voluto nasconderle qualcosa, avrebbe chiuso a chiave. Aprì semplicemente la porta, cercandolo con lo sguardo.
"Hoy" la salutò lui, seduto sul letto. Sembrava completamente assorto dalla Switch che teneva in mano.
Y/N si sedette accanto a lui. Per qualche secondo rimasero in silenzio.
La ragazza si schiarì la voce. "Yuji-"
"Non mi interessa" la interruppe lui. Y/N fece per alzarsi.
"...Ti piace mio fratello?"
La domanda la inchiodò di nuovo al letto. "Scusa? E comunque questo non ha niente a che fare con quello che volevo dirti!"
"E allora? Rispondimi. Poi puoi dirmi quello che vuoi".
"Pensavo non ti interessasse" lo punzecchiò lei. "Ok, ok, non sono nella posizione per scherzare. Non fare quella faccia". Si grattò la radice del naso, a disagio. "Beh, non so dirti se mi piaccia in quel senso. Fisicamente, beh" scrollò le spalle, abbassando la voce "me lo farei volentieri-"
"Aaah, cazzo!" piagnucolò lui, tappandosi le orecchie. "Questo non mi interessava!"
"Devo essere sincera o no!?"
"Scusa. Vai avanti".
"Dicevo" tossicchiò "quello che è successo oggi non c'entra niente con questo". Si grattò la nuca. Aveva promesso di non farne parola con nessuno, ma come poteva tacere tutto a Yuji? "Sukuna aveva bisogno di una cosa. Era una situazione un po' privata, e mi ha chiesto se potevo aiutarlo. C'entra... Uraume" inventó, cercando di attenersi il più possibile alla realtà "e sai com'è, gli stanno sul cazzo tutti. Io gli potevo parlare e quindi..."
"E c'era bisogno di interrompere la nostra giornata?" Yuji spense la Nintendo e la appoggiò sul tavolo di fronte. "Abbiamo questa opportunità una volta all'anno, per di più ogni volta non sai se potrai avere le ferie dal lavoro..."
"Hai ragione, lo so". Y/N gli prese la testa fra le mani. "Però tuo fratello non conosce ancora le nostre abitudini. Per di più era geloso del fatto che per lui fosse la prima volta... Devi dargli un po' di tempo".
Yuji alzò il viso verso di lei, sorridendo a trentadue denti. "La settimana scorsa ti avevo detto io questa frase, ricordi? E ora la dici tu a me. Sono davvero contento che sia riuscita ad accettare così bene Ryo". Improvvisamente il suo sguardo si fece serio "ma ho paura per te".
La ragazza arrossí. "Che intendi dire?"
"Si vede lontano un miglio che ti piace. L'ho capito persino io". Si mordicchiò un'unghia, sovrappensiero. "Ma non so se da quell'aspetto tu ti possa fidare di lui".
La frase lasciò Y/N a bocca aperta. Fece per ribattere, ma la porta si spalancò dietro di loro, e lei si staccò di fretta dall'amico.
"Disturbo?" La voce gelida di Sukuna li colpì come una freccia. Alzò un sopracciglio, lanciando un'occhiata alla ragazza. Ebbe la decenza di non fare commenti.
"Posso..."
Lei si alzò, uscendo velocemente dalla stanza. 'Meglio lasciarli soli', rifletté.
Sukuna la seguí con lo sguardo, quasi volesse farla sentire il più possibile a disagio. Riportò l'attenzione al fratello solo quando furono di nuovo soli.
"Una domanda, poi passiamo alle cose serie". Lo fissò freddamente. "Ti fai la tua coinquilina?"
Yuji sgranò gli occhi. "Ma che cazzo stai dicendo?!" urló, agitando le mani. "Sono fidanzato! Sono amiche! Ma come..."
"Mi sembravate molto intimi, poco fa" lo interruppe l'altro, senza smettere di fissarlo. Quello sguardo avrebbe messo a disagio la maggior parte delle persone, ma con suo fratello sembrava non funzionare. Yuji corrugò la fronte.
"Certo che siamo intimi. É praticamente mia sorella".
"Uhm. Quindi questo fa di me suo fratello, o fratellastro...?" chiese, senza tentare di frenare il sorriso che gli stava nascendo sulle labbra.
Il ragazzo non raccolse la provocazione. "Passiamo alle cose serie" ribatté freddamente. "Dimmi".
Sukuna scrollò le spalle. Si tolse la camicia, frugando nell'armadio. "Ti rubo una maglietta. Volevo dirti" continuò, ignorando le flebili proteste dell'altro "che mi spiace per oggi. Avevo bisogno di..."
"Sí, sí. Me l'ha detto Y/N" Sukuna si bloccò, in attesa "avevi bisogno per Uraume. Mi fa piacere che il tuo amico e lei abbiano fatto amicizia, e poi comunque quando un amico ha bisogno è giusto esserci. Sono io che ho reagito in modo troppo esagerato, perdonami".
"Ma certo" borbottò l'uomo, portando una mano al mento. Afferrò una maglietta. "Lascia passare due giorni, e ci facciamo un giro". Alzò una mano per salutarlo mentre usciva dalla stanza.

Just wanna smash his faceWo Geschichten leben. Entdecke jetzt