4. Chi diavolo sei?

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Y/N strinse i denti, girando la chiave nella toppa della porta.
Si diede della stupida: era stata lei a volere il passaggio, e ora era troppo imbarazzata per rompere il ghiaccio? Si voltò, rigida come uno stoccafisso, a guardarlo scendere le scale davanti a lei.

"Tutto ok?" chiese Sukuna, non sentendo i passi della ragazza. La fissò un attimo perplesso, per poi sorridere rassicurante."Vieni. Ti faccio vedere la mia macchina".

Quel sorriso le scaldò il cuore. Rilassò le spalle, e si avviò con lui verso il cancelletto del condominio. "Grazie" sussurrò, appena udibile. Era incredibile come fosse riuscito a farla sentire a suo agio con sole tre parole... Allora aveva un cuore, dopotutto.
'Ha ragione Yuji. Non è per niente male'.

"Lascia perdere" aggiunse, vedendo Sukuna trafficare con la luce delle scale "sono due mesi che si è fulminata".
"E non la mettono a posto?"
Y/N scrollò le spalle. Si strinse a lui lungo lo stretto corridoio d'uscita. "Seguimi. Non ci sono più gradini".
Sukuna si avvicinò a lei. Y/N socchiuse gli occhi per abituarli al buio.
"Non vedo un cazzo" borbottò lui, e le appoggiò una mano sulla schiena.

La ragazza spalancò gli occhi. Per la seconda volta, quella sera, era avvampata senza ritegno.
Si morse un labbro. 'Non darci peso, cretina. Ha solo bisogno che lo porti fuori di qui'.
Alzò con estrema lentezza la mano per aprire il portoncino che dava sulla strada. Perché quel corridoio doveva essere così corto?

La tenue luce dei lampioni li accolse sul marciapiede, dove Uraume stava già aspettando con il motore acceso. Sembrava stranamente seccato.
Sukuna tolse la mano. Avanzò di due passi verso la portiera, aprendola, e fece gesto a Y/N di salire. "Prego".
Lei deglutì.
"Questa è una... GT Shelby?" Le pupille le si dilatarono. "E' l'auto più bella che abbia mai visto" aggiunse debolmente, entrando timorosa. Quante sorprese nascondeva ancora quell'uomo?
"Per forza" aggiunse lui, appoggiandosi alla portiera. "Perché e l'auto più bella che esista".
Lei gli rispose con un debole sorriso.

Il breve viaggio verso l'ospedale fu abbastanza silenzioso. Sukuna aveva spinto tutto il sedile anteriore in avanti per stare seduto dietro con tutta la sua stazza. Y/N provò a dare indicazioni ad Uraume, l'androide seccato, che era seduto davanti a lei, ma le rispose sgarbatamente di conoscere già la strada.
Lei si era zittita, avvilita, e si era accucciata sul sedile.
La schiena, dove Sukuna si era appoggiato, le scottava.

Già, Sukuna. Aveva ancora un paio di minuti al massimo prima di arrivare a destinazione, e non avevano ancora spiccicato parola. Si fece coraggio.
"Tornerai tardi, stasera?"
Lui distolse lo sguardo dal telefono. La fissò, curioso.
"Perché? C'è un coprifuoco?"
Y/N si diede della stupida. "N-no!" rispose, toccandosi il naso. Si voltò verso il finestrino. "Era per chiedere. Non volevo svegliarti anche stanotte".
Sukuna le regalò un mezzo sorriso, tornando ad occuparsi del suo cellulare. "Non preoccuparti".
Calò di nuovo il silenzio.

"Ecco, scendo qui" mormorò Y/N una volta arrivati a destinazione, rivolta più a se stessa che a Uraume. Aprì a fatica la portiera.
"Beh, grazie" sorrise, agitando la mano verso Sukuna. "Buona serata".
"Buon lavoro" le rispose con un cenno del capo.



L'urgenza per cui l'avevano chiamata, come aveva immaginato, si era rivelata essere un esame routinario rimandabile al giorno successivo. Non poteva comunque lamentarsi: si era fatta un bel viaggio su quell'auto fantastica.
'Una GT Shelby nera e rossa' riportò alla mente, mentre compilava la cartella di dimissioni. "Bianca e blu è più carina, ma in effetti da uno come lui mi sarei potuta aspettare solo quel colore'. Le venne da ridere, pensando che Uraume gli faceva da autista. Avesse avuto lei quell'auto, l'avrebbe guidata tutto il santo giorno. Figurarsi se l'avrebbe lasciata in mano a quell'androide.
'Però stanotte mi ha rivolto la parola per più di quattro secondi' rifletté. Maledisse che l'urgenza non era ortopedica: avrebbe potuto fare quattro chiacchiere con Nobara, raccontarle un paio di cose.
Si stiracchiò, gettando la penna sul tavolo. Ma sì, in fondo che male le faceva sognare un po'? Non era fidanzata, era un sacco di tempo che non frequentava qualcuno per più di un paio di uscite: era normale che avesse gli ormoni in subbuglio.
Fece cenno con la mano di aspettarla all'infermiere che stava andando a prendersi un caffé.



Just wanna smash his faceWhere stories live. Discover now