Capitolo XXX

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Ci fiondammo dietro Tsyreia. Il cuore mi esplodeva nel petto, l'ansia mi divorava. Proprio stamattina, stamattina mi aveva ammonito di tenerli a bada e fuori dai guai, almeno per un giorno. Tsyreia ci aveva spiegato che Lo'ak ad un certo punto era voluto tornare in mare, che si era buttato di testa, senza aspettarla, ed era sparito sul suo ilu, prima che lei riuscisse a vedere dove stesse andando. Avevamo pensato tutti la stessa cosa: Payakan. Per questo era corsa da noi. Ci gettammo in acqua e legammo con i nostri ilu, seguendo Tsyreia ad una velocità spropositata, fino alla zona in cui aveva perso di vista Lo'ak.
Ci guardammo intorno: dietro di noi il mare era quasi mare aperto, non c'erano scogli o fenditure a bloccare lo sguardo, che quindi si districava facilmente fra le piante e gli animali del reef, nell'acqua altissima; davanti a noi, invece, si apriva una foresta di alghe alte, che bloccavano quasi perfino la luce. Tornammo a galla per discutere sul da farsi (perché quello che Tsyreia ed Aonung mi avevano insegnato sulla lingua delle dita non bastava decisamente ad avere una vera e propria conversazione). Boccheggiai appena raggiunta la superficie e d'istinto mi aggrappai ad Aonung, che mi sostenne senza un lamento. Tsyreia cercava il mio sguardo con gli occhi carichi d'ansia. Cercai di ricambiarlo con un'espressione calma, sicura, decisa. La stessa che avevo visto sul viso di mio padre nelle missioni più pericolose, quando doveva essere coraggioso per non perdere i suoi uomini, la fiducia che riponevano in lui. "In mezzo alle alghe c'è uno spiazzo che potrebbe essere abbastanza largo per..." Aonung parlò, indicando lo spiazzo a cui alludeva, a noi invisibile da dove ci trovavamo, con il braccio teso. Geniale. Mi voltai verso di lui sorridendo, i nostri nasi che quasi si sfioravano, perché lui ancora mi sorreggeva da sotto il braccio. Vidi che arrossiva. "Dovremmo andare, allora" Dissi io, cercando di nascondere l'imbarazzo -e la reazione- che mi provocava quel tipo di vicinanza con lui davanti a sua sorella. Riportai lo sguardo su Tsyreia e mi ricomposi sulla sella del mio ilu. Vidi la ragazza scendere dalla sua cavalcatura e scivolare in acqua come una goccia di rugiada che scivola a terra dal letto liscio della foglia su cui si trovava. I suoi capelli si bagnarono e immediatamente i suoi ricci si strinsero in spire più strette e si distesero in ciocche più lunghe, che si disperdevano alle sue spalle. Mi sarebbero dovuti piacere da impazzire, come piacevano a Lo'ak. Eppure non riuscivo a pensare ad altro che ai capelli di Aonung, che facevano gli stessi esatti movimenti quando toccavano il mare. Nel guardare la sorella, appena accigliato, però, mi persi la scena di Aonung che imitava Tsyreia e si lasciava scivolare in acqua. "È meglio se andiamo senza ilu." Aonung si era avvicinato a me e mi aveva appena sfiorato la coscia per dirmelo. "Scendi" Ordinò. Ed il tono con cui lo fece mi fece rizzare i peli sulle braccia e sulle gambe. Pelle d'oca. Ubbidii e mi lascia scivolare anche io giù dall'animale per cominciare a seguire Tsyreia che si addentrava nelle alghe. Aonung era alle mie spalle. Mi chiesi cosa stesse guardando, quale parte di me riuscisse a catturare la sua attenzione, se la coda che si muoveva innaturale nell'acqua, se le gambe che mi spingevano avanti con movimenti rapidi e snelli, se lo spazio che sentivo crearsi fra il mio pantaloncino e la mia gamba, attraverso cui sicuramente si vedeva... D'improvviso Tsyreia si fermò davanti a me e, assorto com'ero nei miei pensieri, per poco non le andai addosso. Si voltò a guardarmi, Aonung che ci aveva raggiunto e si metteva accanto a me sfiorandomi appena la spalla. Tsyreia indicò davanti a noi: la radura di alghe si apriva in uno spiazzo ampissimo, dove l'acqua sembrava alzarsi in una colonna infinita e allungarsi verso il basso fino a raggiungere l'inferno. Rimasi quasi a bocca aperta: sembrava mare aperto, ma eravamo ancora nel reef. E al centro del paesaggio c'era Lo'ak, che faticosamente si teneva a galla battendo i piedi e agitando le braccia, un gigantesco tulkun davanti a lui. Esaminai velocemente l'animale, malgrado non avessi dubbi sulla sua identità, e vidi che gli mancava una pinna. Payakan. Mi sentii percorrere da un brivido. Mio fratello stava proprio davanti alle sue fauci, poggiava la sua testa vuota e cocciuta contro la fronte del tulkun come avrebbe fatto con un cagnolino sulla Terra. Che razza di idiota. Nella mia testa gliene dissi di tutti i colori, mascherando in maniera esemplare a me stesso la preoccupazione e l'ansia che mi facevano palpitare il cuore con rabbia violenta. Avrei voluto prendere Lo'ak e tirargli il collo. E lo avrei fatto se poi non ci fossero state conseguenze. Feci per andarlo a prendere e trascinarlo a riva, ma Tsyreia mi fermò con un cenno. Cosa stavamo aspettando? Payakan era un assassino e mio fratello era solo e disarmato davanti a lui. Con urgenza, cercai di avvicinarmi di nuovo. E di nuovo Tsyreia mi fermò. Guardai confuso Aonung, che scrollò solo le spalle, e quando capii di essere impotente mi rimisi ad osservare mio fratello. Stava parlando con il tulkun. Lo guardavo usare il linguaggio delle dita e non riuscivo a capire mezza frase: in questo si era sicuramente impegnato più di me e, di fatto, lo parlava meglio di me. Pensai che lo avrei potuto dire a nostro padre, quella sera stessa, quando avrebbe cercato di staccargli la testa dal collo. Payakan sembrava capirlo perfettamente, rispondeva accennando con gli occhi, muovendosi, ma principalmente facendo vibrare l'acqua intorno a sé con la voce. Inutile dire che, se non capivo quello che cercava di dire Lo'ak, non capivo assolutamente che cosa stesse cercando di comunicare il tulkun. Assistetti alla scena ammutolito e immobile, i muscoli in tensione per la paura che succedesse qualcosa, ma fiero di mio fratello. E in qualche minuti Payakan cominciò ad agitarsi di più. Si alzò, voltò le spalle a Lo'ak con una capriola, e si stese davanti a lui. Spalancò le fauci. I suoi denti scintillarono alla luce debole del sole attraverso l'acqua: centinaia. Un brivido mi corse lungo la schiena, strinsi il pugno lungo il mio fianco e cominciai a tendermi. Aonung strinse la mano sulla mia spalla. E poi Lo'ak entrò nella bocca del tulkun. Sgranai gli occhi per la sorpresa, imbarcando acqua negli occhi gialli, e mi lanciai verso lo spazio vuoto. Aonung però mi tirò indietro dalla spalla, Tsyreia mi bloccò con il braccio teso davanti alla vita. Lo'ak intanto sparì nella bocca dell'animale, e Payakan chiuse le fauci. Mi agitai, il cuore agitato da palpitazioni adrenaliniche, scalciai, mi liberai dal blocco del braccio di Tsyreia, ma la mano di Aonung non accennava a mollare la presa. Vidi con la coda dell'occhio Tsyreia agitare le mani, cercare di dirmi qualcosa che non potevo capire. Aonung riuscì a tirarmi indietro, mi afferrò il braccio, e prese a tirarmi verso la superficie. Continuai ad agitarmi, a scalciare. Mio fratello, nella bocca dell'assassino. Stupido, stupido, lui ad entrarci e io a lasciarlo andare da solo. Imprecavo, gridavo sott'acqua, ma mi era tutto inutile. Aonung mi tirò in superficie e l'aria mi riempì i polmoni agitati. "Calmo! Calmo!" Gridò, appena le mie orecchie furono fuori dall'acqua. "Lo'ak!" Smarrito, tremante, blaterai il nome di mio fratello. "Sta bene!" Mi scosse. "Guardami, Neteyam! Sta bene!" In qualche modo, per qualche ragione, il mio cuore rallentò. Tsyreia spuntò alle mie spalle: "Sta solo legando con lui" Spiegò immediatamente, il tono frenetico. Cercava di spiegare e calmare la mia reazione, naturale a vedere mio fratello nella bocca di un animale gigantesco, che sapevamo essere un assassino. Mi voltai di scatto verso Tsyreia: "Tu gliel'hai lasciato fare?!" Forse quello era peggio di Lo'ak che veniva mangiato da un tulkun. Avrebbe portato la vergogna, il disonore su di lui, e non era necessario essere Metkayina dalla nascita per capirlo. Bastava sapere che il clan legava con i tulkun per i loro valori, perché erano animali loro pari, perché il clan prosperasse con il clan dei tulkun. E che Payakan era un reietto, un assassino, il peggio che l'oceano aveva da offrire (secondo i Metkayina per lo meno). Legando con lui, Lo'ak diventava il reietto, Lo'ak l'assassino. E Tsyreia lo sapeva. Vidi che impallidiva, forse prendendo coscienza di quello che era successo, che stava ancora succedendo sott'acqua, di quello che significava per Lo'ak. Disonore. Mi scrollai di dosso la presa di Aonung, guardai Tsyreia con le orecchie tirate. Lei sembrava sul punto di svenire, mortificata. "Dobbiamo tirarlo via di lì, adesso." Il mio tono era quello del capitano. Tsyreia scattò: annuì e si gettò di nuovo in acqua di testa, scivolando veloce fra le onde verso lo spiazzo dov'era Lo'ak. Aonung mi guardò, lo sguardo appena spaventato. Gli presi la mano e sentii le mie orecchie che un po' si allentavano: "Se hai paura di Payakan..."
"Andrò a chiamare aiuto" Mi interruppe, pallido in viso. Doveva essere difficile per lui ammettere di avere paura, eppure parve dirlo senza problemi. Annuii. "Fai attenzione" Mi disse: una raccomandazione, un bacio sulla fronte. Mi gettai in acqua lavandomi dalla pelle il tocco delle sue labbra. Gli avrei voluto dire che c'ero io a proteggerlo, ma aveva preferito andare a chiamare aiuto prima che potessi dire nulla. E io sapevo che chiamare aiuto era la cosa peggiore che potessimo fare: ci avrebbero scuoiati vivi. Mi gettai di nuovo capofitto nel mare, gli occhi che bruciavano a contatto con l'acqua, e nuotai verso mio fratello con tutte le forze che avevo nelle braccia, cercando il luccichio della coda di Tsyreia nella profondità per seguirlo. Accerchiammo il tulkun. Tsyreia mi fece cenno di tenermi il più nascosto possibile, ma l'animale ci aveva già visto: si agitò, sbatté le pinne nell'acqua creando turbinosi vortici che ci spinsero lontano. Spalancò la bocca... Lo'ak uscì rotolando nell'acqua, come rigettato da Payakan. Trattenni una risata, il tulkun che si allontanava spaventato, facendo vibrare l'acqua con qualche parola che non compresi.

Lo'ak era fumante di rabbia. Quando vide che eravamo stati noi a fare scappare Payakan disse qualcosa con la lingua delle dita a Tsyreia e ci voltò le spalle, nuotando rapido verso la spiaggia. Tsyreia sembrava soffrire. Seguimmo mio fratello: cominciava davvero a farmi incazzare. Prima se ne andava senza dire nulla, poi si cacciava nei guai peggiori in cui riuscisse a cacciarsi, e alla fine la colpa ricadeva su di me. Era un percorso ciclico che cominciava a ripetersi troppe volte.

Quando arrivammo al pontile e lo vide risalire in superficie mi gettai fuori dall'acqua, intenzionato ad afferrarlo per il coppino e ribaltarlo il prima possibile. Avevo già in mente esattamente cosa gli avrei detto: che cazzo ti è saltato in mente? Lo sai che cosa ci si aspetta da te? Razza di skxawng. Avevo anche imprecazioni di altra natura da dirgli, ma in ogni caso non mi fu concesso: sul pontile Tonowari ci aspettava con le braccia conserte, suo figlio al fianco che guardava il pavimento. Le imprecazioni che avevo le pensai solo più intensamente. Era la fine.

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora