Capitolo XXVI

274 15 4
                                    

Ovviamente non dormii. Il senso di colpa mi attanagliava lo stomaco e mi impediva perfino di pensare di chiudere gli occhi. In più sentivo mio padre rigirarsi nel suo letto, anche lui insonne, consapevole di non potergli dire nulla e di non poter fare nulla perché non fosse più così arrabbiato con me. A quello si aggiungeva il pensiero di Aonung. Costante, impossibile da mandare via, per quanto mi sforzassi di pensare ad altro, per quanto cercassi qualsiasi appiglio o distrazione. Finivo sempre da lui: Aonung che mi prendeva la mano, le sue dita, il suo calore; Aonung che mi sorrideva, il suo viso tirato, i suoi denti bianchi; Aonung che cadeva in ginocchio... Lo vedevo? Non potevo vederlo. Non avrei mai potuto vederlo. Non era così per natura e non era così per come la mia famiglia mi aveva insegnato. Lo amavo? Non era possibile. Forse una cotta passeggera, come quella che c'era stata con Tanaite. Niente che non potesse passarmi. Eppure con Tanaite con mi ero sentito così. A dire la verità, non mi ero mai sentito così con nessuna ragazza. E ne avevo frequentate più di quanto avessi il coraggio di ammettere davanti a mio fratello. Che forse...?

L'alba mi salvò dai miei stessi pensieri. Mio padre si fiondò giù dal letto e venne a darmi uno scossone per tirare in piedi anche me, senza dire una parola. Scivolai giù dal letto a testa bassa, sapendo che guardarlo sarebbe stato come torcere un po' di più i miei organi per il senso di colpa. Mio padre, però, mi fece cenno di sedermi davanti a lui, al tavolo da cena.
Deglutii, cercando la forza di ubbidire. Negli occhi di mio padre leggevo lo stesso sguardo del giorno prima, di quando avevo sorriso ad Aonung che mi prendeva la mano. Percepii che non sarebbe stata una ramanzina normale, non una paternale sulle mie responsabilità verso i miei fratelli. C'era qualcosa che non andava. Il cuore cominciò ad accelerare nel mio petto.
Mi sedetti di fronte a mio padre, con un fremito.
Una parte di me sapeva dove sarebbe andata a parare quella litigata. Avrei dovuto mentire? Come avevo mentito a Lo'ak e a me stesso fino a quella mattina? Dire che non provavo nulla per Aonung, che era solo amicizia, che il mio corpo, il mio cuore non reagiva a lui come mai avevano reagito a nessuno prima? Trattenni il fiato, aspettai fosse mio padre a parlare. E non ci volle molto: "Vuoi spiegarmi cosa succede con Aonung?" Mi chiese esattamente quello che sapevo mi avrebbe chiesto. 

Persi un battito.

"Non succede- Non c'è nulla che-" Balbettavo, la mia voce tremava. Non c'era niente. Giusto? Mio padre leggeva i miei dubbi, sentiva l'esitazione nella mia voce e ci si fiondava dentro, con gli occhi cercava di cavarmi fuori la verità dall'interno. Mi sentii come mi stesse cercando di sventrare e sviscerare dall'interno con una lama. "Non mentirmi, Neteyam." La sua voce non era morbida di comprensione, non era dolce come quella di una chiacchierata con il cuore in mano. Sembrava preparare un rimprovero, sembrava preannunciare una litigata. Di nuovo deglutii. "Davvero, signore, non c'è niente da spiegare..." Mi mossi sulla sedia, a disagio. Non volevo parlarne con lui, non volevo parlarne affatto, neppure a me stesso. "Neteyam..." Ammonì: il mio nome per intero: non il mio soprannome, non un nomignolo. C'era qualcosa che avevo fatto che proprio non gli era piaciuto, e aspettava, esigeva delle spiegazioni. Solo che le spiegazioni che potevo dargli erano ancora più confuse delle sue domande, viravano verso qualcosa che non ero pronto ad affrontare.
Mi mancava il respiro. Non risposi. "Neteyam ho visto come lo guardavi, come sorridevi." Era un interrogatorio. Sudavo freddo. "Stamattina vi siete picchiati come degli animali, e adesso...? Che cosa esattamente ho visto sul pontile?" Non riuscivo neppure a balbettare una risposta. Dirglielo? Non dirglielo? Papà, penso di amare Aonung. Avrebbe urlato? Sarebbe andato fuori di sé? Mi avrebbe spiegato tutti i motivi per cui non potevo amarlo, riuscendo a farmi cambiare idea? Non dirglielo? Mentire, inventare qualcosa, evitare l'esplosione di rabbia o, peggio, di disgusto? Papà, penso di amare Aonung. Dirlo avrebbe cambiato tutto, dirlo avrebbe scosso la terra sotto i nostri piedi e fatto crollare il tetto sulle nostre teste. Dirlo mi avrebbe portato via mio padre. E non dirlo mi avrebbe annodato lo stomaco ancora e ancora, come aveva fatto fino ad ora, fino a spezzarlo. Non dirlo mi avrebbe impedito di dormire, mi avrebbe fatto accumulare rabbia e frustrazione come macigni sulle spalle. Non dirlo mi avrebbe fatto esplodere. Papà penso di amare Aonung. Papà penso di amare Aonung. Papà penso di- Inciampavo, indugiavo già nel pensarlo.

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora