Capitolo VIII

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Provai vergogna, quando atterrammo. I discendenti di Turuk Makto, in disgrazia. Il clan del reef ci venne in contro in massa, davanti a tutti, il loro leader, li guidava verso di noi: uomini, donne, bambini e bambine che portavano in braccio le loro armi, i loro attrezzi, tutto ciò che avevano smesso di usare appena avevano ricevuto il segnale del nostro arrivo. Alle nostre spalle accorsero anche i Na'vi del mare che erano stati interrotti nelle loro attività nell'acqua. Vidi lo sguardo di mio fratello restare intrappolato su una Na'vi in particolare: usciva dall'acqua con un sorriso, i ricci capelli scuri gocciolanti sulle spalle, i larghi occhi azzurri spalancati su Lo'ak. Sorrisi a mio fratello, completamente catturato da lei.
Mentre la ragazza saliva all'approdo, dalle nostre spalle, davanti a noi il resto del clan ci aveva raggiunto. Due ragazzi, uno più piccolo di Lo'ak, l'altro che sembrava avere la mia età, si avvicinarono a me e mio fratello. I nostri genitori stavano salutando i leader con il gesto del "oel ngati kameie".

La mia attenzione fu catturata dal ragazzo più grande: dalla particolare sfumatura azzurra della sua pelle, dalle strisce flebili e quasi bianche che la decoravano, dai suoi occhi azzurri, identici a quelli della ragazza che aveva tanto catturato l'attenzione di Lo'ak. Gli feci il gesto: Ti vedo. Mio fratello mi imitò, guardando forse anche il ragazzo più piccolo, non lo notai. Il maggiore ridacchiava: aveva i canini affilati, la dentatura bianchissima, il naso che si rigava in maniera particolare, la pelle tirata da quel sorriso. Non riuscii a sorridergli di rimando, sentivo gli occhi quasi sgranati. Il minore dei ragazzi saltellava dietro di lui, ghignando: "Guarda come sono strani!" Disse. Percepii mio fratello che istintivamente si avvicinava a me. "Che codine!" Continuò. "Come quelle dei bambini" Nel dirlo, afferrò la coda di Lo'ak, la tirò su come per esaminarla.

Stavo per mettermi in mezzo, tirare lontano mio fratello, ma la ragazza che era uscita dall'acqua agì più velocemente di me. Schiaffeggiò la mano al ragazzo più piccolo, ammonì l'altro con un'occhiataccia. "Rotxo, Aonung! Smettetela!" Sembrava abituata a tirar loro le orecchie. Lo'ak era in venerazione. Mi sporsi verso di lui: "La bava dalla bocca, fratellino" Sussurrai al suo orecchio, lo guardai arrossire prima di spintonarmi.
Aonung.
Non so perché quel nome mi si fosse attaccato alle pareti del cervello. Non potei fare a meno di pensarlo. Mio padre parlava con i leader del clan, nel frattempo: "Chiediamo uturu" Mi veniva difficile ascoltare oltre. Aonung. Sentivo i suoi occhi puntati sul mio collo. I suoi occhi azzurri.

Mi riscossi. "...Le braccia così sottili" Era la moglie del leader a parlare, indicava le braccia di Kiri, che se la scosse di dosso, protestando. "Saranno lenti in acqua!" Kiri si strinse nello scialle che portava sulle spalle, coprendosi quasi tutto il corpo, Ronal (così avevo inteso si chiamasse la moglie del leader dei metkayina) notò le sue mani, si scurì in volto, e le afferrò di nuovo il polso. "Questi non sono neppure veri Na'Vi!" Gridò, al suo popolo. Le cinque dita di Kiri si contrassero nell'aria: cinque. Kiri ritrasse la mano: "Si che lo siamo!" Rispose, in appena un piagnucolio. Ronal si avvicinò a mio fratello, prese anche il suo braccio, lo alzò in aria. Anche le cinque dita di Lo'ak si tesero, nel vuoto. Nulla avrebbe potuto cambiare la provenienza del nostro sangue: era il sangue di nostro padre, di Turuk Makto, lo stesso che aveva salvato Pandora dal primo attacco.
"Sono come i demoni!" Ronal gridò di nuovo. Lo'ak aveva solo abbassato lo sguardo, lo sentivo, accanto a me, bruciare di vergogna, e non lo sopportai: mi frapposi fra lui e Ronal, accigliato, preparandomi a difendere mio fratello. Prima che potessi dire qualsiasi cosa, però, mio padre aveva alzato la sua mano, la mostrava a Ronal: "Guarda qui" La intimò. "Guarda. Cinque dita." Si voltò verso tutto il clan, mostrando la mano. "Sono nato fra la gente del cielo," Disse loro. "Ma mi sono adattato" Di nuovo, si rivolse a Ronal. "Ci possiamo adattare- Noi ci adatteremo" Si fece più risoluto. Ronal schioccò la lingua, si avvicinò sprezzante a mia madre, guardandola dall'alto al basso. Voltò le spalle a mio padre, gettando un'occhiata al suo compagno. Mio padre cercò lo sguardo dell'olo'eyktan, ma non sono sicuro lo trovò. Mi voltai verso i ragazzi che ci avevano preso in giro poco prima,  cercando nelle loro espressioni un segnale: ostilità o accoglienza? Pregiudizio o generosità? Aonung aveva gli occhi fissi su di me, distolse lo sguardo appena lo notai. Non sembrava uno sguardo ostile. "Cerco solo di tenere al sicuro la mia famiglia" La voce di mio padre tremolò appena: pareva una supplica. Una fiammella di rabbia mi stuzzicò la bocca dello stomaco, ed evidentemente fu lo stesso per mia madre, perché sbottò: "Mio marito-" Si avvicinò all'olo'eyktan, Tonowari (questo era il suo nome) distolse lo sguardo, incapace di reggere i suoi occhi gialli. "Era Turuk Makto." Mia madre alzò il mento, si accorse che lo sguardo del leader era deviato, perciò spostò il suo sulla moglie. "Salvò Pandora dalla rovina" Ronal si avvicinò a mia madre: nessuna delle due abbassava lo sguardo. Vidi, con la coda dell'occhio, mio padre e Tonowari scambiarsi un'occhiata. "Pare che Eywa ti abbia voltato le spalle, Turuk Makto" Rispose Ronal, beffeggiando mia madre. Neytiri scoprì appena i denti. Mio padre si mise fra le due donne, cercando lo sguardo di Ronal: "Mi scuso per la mia compagna" Disse. "Abbiamo viaggiato a lungo e-"
"Non ti scusare per me!"
"Abbiamo viaggiato a lungo ed è molto stanca." Mia madre fece un passo indietro, allo sguardo di mio padre. "Non abbiamo bisogno che tu porti la tua guerra da noi" Intervenne Tonowari. Pensai che uturu non ci sarebbe stato dato, e mi voltai di nuovo verso i ragazzi del clan. Di nuovo, Aonung mi fissava, e distolse lo sguardo quando mi voltai. Solo che questa volta il mio viso si contrasse appena, in una smorfia: che diamine aveva da guardare? Continuai a fissarlo, in sfida, per vedere se avesse avuto il coraggio di alzare di nuovo lo sguardo su di me, e lo fece. Ressi il suo sguardo, il mio viso che si dimostrava ostile, finché non fu di nuovo lui a distoglierlo. "Ho chiuso con la guerra, cerco solo un posto per la mia famiglia" Stava dicendo mio padre. Sul pontile calò il silenzio: Ronal e Tonowari si guardavano, conversando con gli occhi, il resto del clan guardava loro, eccetto un ragazzo, alle mie spalle, di cui sentivo lo sguardo addosso. Tuk si avvicinò a mio padre, che se la prese in braccio. "Dobbiamo andare via?" Nel silenzio, il sussurro della bambina rimbombò, mio padre le prese il volto con la mano: "Shh, ce la caveremo." Cominciava a dirlo troppo spesso. "Uturu è stato chiesto..." Mia madre intervenne, il suo amor proprio che non sopportava più quell'umiliazione. Mio padre sospirò.

Tonowari, però, si voltò al resto del suo clan: "Turuk Makto e la sua famiglia resteranno con noi."

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now