Capitolo XXVII

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Non potevo più mentire a me stesso: quel dolore al pensiero del rifiuto della mia famiglia, la reazione ad ogni sua mossa, ogni suo gesto, tutto mi gridava la verità in faccia, e negarla, così palese, sarebbe stato solo stupido. Sapevo, finalmente, cosa provavo per Aonung. Ed era esattamente quello che non avrei mai dovuto provare, non per qualcuno come lui. Almeno davanti a me stesso, potevo finalmente essere onesto. Forse mi avrebbe reso più semplice non esserlo con gli altri.

Arrivammo al pontile e trovammo gli altri seduti in cerchio, ad aspettarci. O meglio, Tsyreia e Rotxo erano seduti uno davanti all'altra, Aonung se ne stava in piedi, poggiato contro un palo del corrimano, le mani alla bocca. Lo guardai di sfuggita e mi parve nervoso: si mordeva le unghie esattamente come facevo io, evidentemente non riusciva a restare fermo e seduto, e sgranò gli occhi quando si accorse che lo stavo guardando. Distolse lo sguardo da me. Salutammo Tsyreia (Lo'ak con un abbraccio) e Rotxo, ottenendo solo un cenno del capo di Aonung, e ci sedemmo con loro. Senza neppure farlo apposta mi ritrovai seduto accanto a lui, o meglio, sotto di lui, che stava ancora poggiato contro il palo con la schiena, e mi guardava arrossendo, dall'alto. Ricambiai il suo sguardo, mi parve gigantesco, e arrossii. Lo'ak si sedette accanto a me con un sospiro. "Non so come hai fatto a resistere fuori dal reef così tanto, bro," Rotxo spezzò il ghiaccio con un sorriso, scosse mio fratello con un pugnetto sulla spalla. "Ma hai il mio rispetto." Lo'ak rise: sembrava molto più a suo agio fra gli altri. "Mi ha salvato un Tulkun." Spiegò. Tsyreia scoppiò a ridere in tutta risposta: "Lo'ak non può averti salvato un Tulkun!" Aonung e Rotxo si unirono alla sua risata, mentre io e le mie sorelle ci scambiammo un'occhiata confusa: sapevamo a malapena cosa fosse un Tulkun e capire perché Lo'ak non lo avrebbe potuto trovare oltre il reef era decisamente fuori dalle nostre possibilità. "E perché no?" Lo'ak fu, come sempre, la voce della nostra stupidità. "Ma perché non sono ancora tornati!" Tsyreia fece fatica a finire la frase. "E se fossero tornati sarebbe una grande festa per il clan." Aggiunse Rotxo, senza aiutarci molto a capire. Quando vide che lo guardavo accigliato, Aonung capì che si sarebbero dovuti spiegare meglio: si piegò ancora un po' in avanti, su di me, e parlò: "I Tulkun migrano per tutta Pandora: di mare in mare e di oceano in oceano in maniera del tutto imprevedibile. Possono passare decenni prima che il clan ritorni da noi" Tsyreia si spinse verso Lo'ak, fece per prendergli la mano: "E poi se fosse stato un Tulkun avresti visto tutto il clan! I tulkun non so muovono da soli: sono animali intelligentissimi, sociali, molto più di noi" Quando Tsyreia parlava, notai, non lo faceva con la stessa saccenza del fratello. Scoccai un'occhiata ad Aonung come per dirglielo, incrociai il suo sguardo, che era evidentemente fisso su di me, ma lui lo distolse subito. "Questo no era da solo!" Lo'ak continuava ad insistere. Tsyreia scrollò la testa divertita, ma io vidi Aonung accigliarsi, sporgersi ancora in avanti. "Davvero, so quello che ho visto. Era solo e gli mancava una pinna e mi ha salvato la vita togliendo di mezzo la bestia che mi stava inseguendo" Lo'ak si agitava sempre di più. Non mi piacque per nulla l'occhiata che si scambiarono Aonung e Rotxo: sembrava dicesse qualcosa che noi non potevamo capire. E poi la voce flebile di Aonung: "Payakan" Fu appena un sussurro, ma bastò a fare trasalire Tsyreia. Aonung, nel dirlo, si accovacciò accanto a me: la sua gamba sfiorò la mia. Rotxo intanto aveva intercettato la reazione di Tsyreia, stava già parlando: "Pensaci: un Tulkun solo, senza una pinna..."
"Hai incontrato Payakan!" Tsyreia quasi strillò, Lo'ak la guardava accigliato. "Può essere, non capivo nulla di quello che cercava di dirmi-" Rispose.
"Non capisci! Sei fortunato ad essere vivo!" Di nuovo Tsyreia.
"Payakan è un assassino, un esiliato dal clan dei Tulkun perché macchiato del peccato dell'omicidio" La voce calda di Aonung, ad appena un sospiro dal mio orecchio. Un brivido caldo.
"Non è un assassino: mi ha salvato la vita!" Lo'ak aveva un'arroganza nel tono che stridette nelle mie orecchie: pretendeva davvero di saperne più di loro?
"I Tulkun sono creature straordinariamente spirituali: proteggono l'equilibrio di Eywa. Per questo rifiutano l'omicidio." Tsyreia. Venne subito interrotta dal fratello: "Si racconta che Payakan non abbia seguito la regola e abbia perfino ucciso dei Na'vi. Per questo è un reietto." Nel parlare gesticolava: mi sfiorò la mano con la sua.
E quando alzai lo sguardo su di lui vidi che lo aveva fatto di proposito, che mi guardava negli occhi in cerca di una reazione. Anche lui ricordava i sussulti e i fremiti del giorno prima, anche lui negli occhi aveva il luccichio di chi non ha dormito, attanagliato dal dubbio. Non potevo amarlo ma il mio cuore gridava per avere il suo tocco. Non potevo amarlo, ma la smania di toccarlo era assoluta. Gli sorrisi. In tutta risposta lui arrossì, distolse lo sguardo e riprese a parlare a mio fratello: "Payakan è pericolosissimo e se tu lo avessi davvero incontrato..." Lo canzonava. Vidi l'espressione di mio fratello farsi torva e mi alzai da dove ero seduto, con un sorriso amichevole, nel tentativo di calmarlo. Lo presi per le spalle da dietro e lo scossi un po', poi, attaccandomi a quello che aveva detto Aonung, lo canzonai un po' anch'io: "Il mio fratellino-" Vidi le sue orecchie abbassarsi, Tsyreia ridacchiare. "Faccia a faccia con il tulkun assassino ed è tornato senza un graffio!" Anche Aonung rise. E la sua risata mi riempì le orecchie, rimbombò nel mio petto, prese il mio cuore e lo scosse appena. Per qualche istante assaporai solo la sua risata. D'improvviso non mi sembrava più fastidiosa, non più arrogante. Per qualche secondo fu dentro di me, parte di me, la capii come avrei capito la mia. Poi Lo'ak si scrollò di dosso le mie mani, si alzò indispettito, e la risata morì sulle labbra di tutti. "Voi non mi state ascoltando" Borbottò, voltandoci le spalle. "Io ti sto ascoltando, Lo'ak!" Tuk strillò, tenera come solo lei sapeva essere, ma Lo'ak stava già andando via. Feci per prendergli il braccio e riportarlo indietro, ma si scrollò di dosso anche la mia mano. "Eh dai, Lo'ak" Cercai di convincerlo a restare, ma se ne andò comunque. Mi voltai verso Tsyreia con gli occhi imploranti, imprecando sottovoce. Se si fosse cacciato nei guai di nuovo... Tsyreia scattò in piedi e lo seguì, sussurrandomi un "ci penso io" mentre mi superava. Mi risiedetti con un sospiro.

Ed allora mi accorsi che anche Aonung si era seduto, e che si era seduto proprio accanto a me, e che se rilassava le mani sfiorava la mia coscia con le sue dita ruvide. Mi irrigidii, tutto. Al solo pensiero del suo tocco. Kiri mi guardò con un sorriso, o più un ghigno, e si voltò verso Rotxo. Non sentii neppure cosa gli disse, ma un attimo dopo si erano alzati e avevano lasciato il pontile, portandosi dietro Tuk. Eravamo di nuovo da soli. Io e Aonung. Aonung ed io. Solo il vento, il fragore debole delle onde che si infrangevano sulla costa, il mio respiro, il suo. E la sua mano che mi sfiorava.
"Devo parlarti" Fu lui ad un certo punto a spezzare il silenzio: si alzò di scatto, si risiedette davanti a me come una molla. E in tutto questo la sua mano rimane tesa verso di me, quasi poggiata sulla mia gamba nuda. Mi mancò l'aria. "Non penso di riuscire a vivere senza dirtelo ancora per molto" Aonung parlava veloce, distoglieva continuamente lo sguardo, lo abbassava sul mio corpo. Si schiarì la voce. C'era qualcosa che avrei dovuto dirgli anche io, qualcosa che sentivo il bisogno di dirgli. Qualcosa che non potevo assolutamente dire. Aonung, io ti vedo. Aonung io ti vedo. Ci avevo pensato tutta la notte, tutta la sera, tutta la mattina: non mi era riuscito distrarmi neppure un secondo. E da cone si agitava lui sembrava averci pensato anche lui. Spostò un po' il suo peso da una gamba all'altra, poggiò la mano sulla mia coscia con un sospiro tremolante.
D'istinto poggiai sulla sua mano la mia. Mi investì un treno di emozioni. Aonung alzò gli occhi azzurri su di me.
Stava per succedere, stava per dirlo ora: le parole si stavano formando nei suoi occhi, sulla punta della sua lingua le stava selezionando e preparando perché scivolassero fuori dalle sue labbra salmastre con naturalezza. Mi parve quasi di vedere l'agitazione del suo stomaco dall'esterno, ma forse stavo proiettando la mia su di lui. Lo avrebbe detto e non ci sarebbe stato modo di tornare indietro. Lo avrebbe detto e la verità sarebbe stata innegabile, impossibile da raggirare, incontestabile. Lo avrebbe detto e sarebbe diventato reale, non più solo un pensiero nella mia testa. Non avrei più avuto modo di nasconderlo. Né a me stesso, né agli altri. Avrebbe pronunciato quelle parole e saremmo diventati reietti. Sentii la sua mano sotto la mia tremare. "Dillo, Aonung." Lo incalzai con un sussurro, eppure mi parve di aver gridato. Di nuovo Aonung mi guardò negli occhi, un sorriso abbozzato sulle labbra: "Dal primo momento in cui ti ho visto-" Parlò quasi sottovoce, la voce bassa e ferma che rimbombava nella mia cassa toracica. "Ho capito subito che c'era qualcosa che... Qualcosa di diverso." La sua voce tremò: scostò lo sguardo, allungandolo oltre le mie spalle. Quasi d'istinto presi il suo meno fra le dita, mossi appena il suo viso per riportare i suoi occhi azzurri su di me: "Continua a guardarmi" Gli dissi, ma era quasi una supplica: continua a guardarmi e a divorarmi con gli occhi e dimmi che mi vorresti tuo come io ti vorrei mio. Ero sicuro avesse sentito i miei pensieri. "Mi dispiace di non aver capito subito quello che provavo..." Continuò, questa volta gli occhi chiari erano fissi su di me, la sua voce era decisa. Non esitava. Aveva deciso e me lo avrebbe detto, costasse qualsiasi casino costasse. Avevo deciso e lo avrei ascoltato, costasse qualsiasi casino costasse. "Mi dispiace di aver cercato di negare quello che provavo e ho provato dal primo momento che ti ho visto al primo bacio che ti ho strappato al momento in cui mi hai preso la mano," Cercai di inspirare, fallii. Aonung mi prese il viso fra le due mani, che così poggiate sulle mie guance erano più grandi della mia faccia per intero. Quel suo tocco, così, accese una scintilla nel mio petto che sfavillò e si agitò serpentina, risalendo fin nella mia gola. Gli occhi di Aonung fissavano i miei. "Ma io ti vedo, Neteyam" Estasi.

THE ELDEST -atwow con gli occhi di Neteyam Sully-Where stories live. Discover now