XVII

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Restai immobile, priva di parole con cui rispondere. Sapevo che non stava mentendo. Perché, nonostante non la vedessi da quando ero alle elementari e mia madre non avesse mai esposto foto con lei, quel volto era familiare. Familiare come solo il sangue può essere.

«Vieni» disse, incitandomi a seguirla. «Ti stiamo aspettando da molto tempo.»

Si voltò di tre quarti, pronta a camminare. Io, tuttavia, non mi mossi. «Non capisco...»

«Lo so» rispose. «Non mi aspetto che tu capisca tutto subito. In fondo, abbiamo tanto di cui parlare.»

Mi porse una mano. La sua pelle si era inscurita per l'età, ma le sue dita curate sembravano gentili. Riflettei un attimo, chiedendomi ancora se non fosse il caso di voltarmi e andarmene. La curiosità, troppo forte per essere ignorata, mi spinse ad accettare la sua mano e a seguirla.

La sua pelle era fredda, ma quando lei portò le nostre dita intrecciate contro il suo cuore mi sentii avvolgere da un calore familiare, che avevo a lungo dimenticato.

«Ho così tante domande» dissi.

Diede un colpo contro il dorso della mia mano. «Risponderemo a tutte, te lo prometto.»

«Continui ad usare il noi.»

Mi rivolse un sorriso intelligente. «Non sono la sola ad averti atteso.»

«Se volevi così tanto vedermi e sentirmi avresti potuto scrivermi o chiamarmi» le feci notare, al quanto offesa dal fatto che per anni non avessi saputo niente di lei.

«Ho avuto le mie ragioni per non contattarti» rispose, il tono di voce più duro. «Spero che riuscirai a perdonarmi un giorno.»

Stavamo attraversando una fitta boscaglia. Mia nonna sembrava conoscere quegli alberi e rocce a memoria, aggirandole con destrezza. La natura lì era diversa. Non era silente e morta come quella nella mia città. Ogni ramoscello e foglio d'erba sembrava vivere e non sopravvivere. Il vento susurrava con gentilezza e pareva condividere la felicità di mia nonna, a sua volta contento che io fossi arrivata.

Osservando l'anziana donna che stava camminando un passo avanti a me, pensai che lei e quella natura fosse una cosa sola, parte della stessa anima.

«Dove ci troviamo?»

Mi diede un altro colpetto. «A casa.»

La boscaglia si aprì in una vasta radura e io restai a bocca aperta.

Scoprii un mondo celato all'esterno, fatto di casette di legno, alberi inclinati verso un enorme focale al centro dello spazio. Persone che non conoscevo, la maggior parte donne, si muovevano a loro agio in quell'ambiente pallido e al contempo splendente. Tutte loro erano parte della natura, gemelle delle cortecce che crescevano intorno alle loro case.

Non c'era più traccia della pesante nebbia che aveva coperto il lago. Mi sembrava, infatti, di essere finita in un mondo completamente diverso.

Mia nonna mi concesse un minuto di meraviglia, poi, si addentrò nella radura, iniziando a vorticare tra le donne indaffarate e guidandomi verso la casetta più grande. Le persone vicino a cui passammo avevano volti felici e sorridenti, ci rivolsero saluti e io ricambiai annuendo imbarazzata.

Alcune persone si fermarono a parlare con mia nonna, che rispose con poche e incisive parole. Fin da subito, mi fu evidente che lei fosse il cuore della congrega. Non solo perché sembrava essere tra le donne più anziane, ma per il modo quasi solenne con cui le altre donne cercavano la sua opinione.

La casetta in cui stavamo entrando era rialzata e dall'interno proveniva un profumo confortante di erbe aromatiche. Mi tornò in mente quando da piccola mio padre preparava il ragù e la casa si riempiva del suo aroma.

The Devil's lie | MOMENTANEAMENTE SOSPESADove le storie prendono vita. Scoprilo ora