21 ; Devour Me, Colossus (Part II): Contortions

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Dedue aveva conosciuto Ksenia subito dopo l'evento che gli aveva portato via tutto: la sua casa, i suoi genitori, sua sorella... quando giunse a Fhirdiad assieme al principe che lo salvò, lei era sempre nella sua stanza, giorno e notte, rannicchiata in un angolo con le braccia avvolte attorno alle gambe magrissime. Se qualcuno tentava di approcciarla, scoppiava a piangere.
Lui non parlava affatto la lingua del Fódlan e gli era quasi impossibile comunicare, ma con quella bambina le probabilità scendevano addirittura sotto lo zero. Aveva provato tante volte a capire quale fosse il suo problema -che fosse sconvolta dall'accaduto era plausibile, eppure c'era qualcosa di strano, di non detto-, ma ad ogni tentativo di anche solo avvicinarsi, lei fuggiva, gridando parole a lui incomprensibili.
Solo quando imparò il loro significato riuscì a mettere insieme i pezzi; credeva fosse spaventata dal fatto che venisse dal Duscur, invece le frasi erano sempre rivolte a sé stessa.
"Sta lontano, sono un mostro, la peste ti avvelenerà".
... perché una bambina di undici anni avrebbe dovuto dire una cosa del genere?
Aveva continuato a domandarselo per tanto tempo, finché non se ne dimenticò. Piano piano, mentre Dimitri si riprendeva dalle sue ferite, aveva avuto modo di fargliela conoscere ed alla fine si legò anche a lei, nonostante fosse estremamente timida e tentasse sempre di evitarlo.
Crescendo quel divario sparì; Ksenia per lui rimaneva un mistero, ma le voleva davvero bene ed era contento che il principe avesse al suo fianco qualcuna come lei.
Nove anni dopo la tragedia del Duscur, esattamente prima di scendere in campo a Tailtean, il re l'aveva preso da parte e gli aveva fatto giurare che l'avrebbe protetta ad ogni costo, perché lei era estremamente importante e non doveva assolutamente morire.
Non c'era bisogno di dirglielo, ciò che per Dimitri era sacro, lo era anche per lui.
Le amare parole di quella bambina le comprese solo dopo che tutto si sgretolò un'altra volta. Lui era un mostro, lei un cadavere che teneva stretta in grembo una testa umana, gli occhi fissi nel vuoto. Avrebbe potuto andarsene, lasciarla al suo destino, eppure non ci riuscì... e non fu per l'ordine datogli in precedenza, ma perché si rese conto di provare un affetto veritiero nei suoi confronti. Nonostante tutto, aveva continuato a stare al suo fianco.
Per tutti quegli anni aveva odiato sé stesso per non essere riuscito a proteggere il suo re, ma ora che era morto per aver salvato la donna che più gli stava a cuore, era felice.
Aveva svolto bene il suo compito.

Emise un verso strozzato, gli occhi si spalancarono e lentamente le iridi persero il colore rosso, tornando di ghiaccio. Si toccò il ventre con le mani, percependolo bagnato di qualcosa di caldo.
Solo dopo sentì un fortissimo dolore in tutto il corpo, ma non riusciva ad urlare tanto era confusa. Vedeva tutto bianco, la luce del sole le colpiva il volto con un'immane prepotenza.
Una voce ovattata proveniva alle sue spalle; "ma... a... mm... mam... mamma... mamma?!"
Aleksei... dov'era suo figlio?! Cosa stava succedendo?!
Qualcosa di affilato uscì e lei cadde all'indietro a peso morto, ma venne sorretta in tempo. Vide dei capelli biondi, uno splendido viso ed occhi freddi... eccolo, l'aveva trovato.
Era in armatura...? Ebbe un sussulto, ricordandosi improvvisamente tutto: l'assedio al forte, la battaglia in corso... la morte di Dedue.
Tirò su col naso e singhiozzò, iniziando a piangere. Sentiva le profonde ferite rigenerarsi lentamente, ma il dolore emotivo era decine, no, centinaia di volte più forte e lacerante.

- Perché... perché lui...?-
- Ti ha protetta fino alla fine, ha dato la vita per te.-
- Io non me lo meritavo, Aleksei...-
- Smettila di dire sciocchezze. Piuttosto... scusami se ti ho trafitta con la spada, eri come impazzita, non sapevo come farti riprendere la ragione—-
- Non scusarti. Hai... hai fatto bene, non riuscivo a controllarmi, ad ogni attacco le ferite diventavano più profonde, il dolore era atroce.-

La donna sollevò il braccio, i tagli simili a crepe su di un terreno arido stavano ancora sanguinando, tutte le unghie delle mani erano saltate via. Il suo intero corpo faceva malissimo, non sapeva se sarebbe riuscita a stare in piedi da sola. Che caduta in basso... sperava di poter durare di più ed invece aveva fatto un disastro e non era nemmeno arrivata ad Enbarr.
Riuscì a mettersi seduta e solo dopo notò il lago di sangue ed i corpi umani irriconoscibili, corrosi da quel liquido velenoso. Cos'aveva fatto...
Era un mostro, un dannatissimo mostro incapace di controllarsi.

Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'AquilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora