Un altro po' di libertà

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"Malik! Quale buon vento, si accomodi."

Harry solleva lo sguardo di scatto dal suo libro di biologia e i suoi occhi si riempiono di sincero stupore nel vedere Zayn sulla soglia dell'aula, l'aria di chi non dorme da giorni e i capelli neri come la pece sparati da tutte le parti.

Lo sguardo gli rimane incollato a lui tutto il tempo, mentre lo vede mormorare un saluto distratto, senza neanche scusarsi del ritardo, e abbandonarsi sulla sua sedia vuota al primo banco. Le lezione riprende e Zayn fissa la professoressa, disattento e scomposto sulla sedia. Tutto questo non è affatto da lui. Il ritardo, l'assenza di una settimana da scuola, tutto ciò non è da Zayn. Lui che è sempre stato uno studente modello, educato fino al midollo e con la schiena dritta durante le lezioni. Non è un caso se i professori sono tutti pazzi di lui.

Sono trascorsi cinque giorni da quel pranzo nella tenuta dei Malik: sette giorni da quando Zayn ha beccato lui e Louis che facevano sesso contro un albero. Quando è corso via erano convinti che lo avrebbe fatto, che avrebbe detto tutto a tutti: questo sì che sarebbe stato da Zayn ed Harry non lo avrebbe biasimato. Aveva appena scoperto che il suo fidanzato lo stava tradendo con il fratello, come avrebbe potuto anche solo giudicarlo per aver fatto la spia? Aveva tutte le ragioni del mondo per dire tutto e gridare allo scandalo.

Eppure non lo ha fatto. Ha semplicemente detto ai suoi genitori di aver beccato i loro vicini che rubavano dal loro albero delle mele, il signor Malik si è arrabbiato e risposto che avrebbe preso provvedimenti.

Tutto qua.

Non li ha sputtanati.

Non ha più risposto alle chiamate di Harry, non si è presentato a scuola, con il suo silenzio gli ha fatto chiaramente capire di non voler avere più niente a che fare con lui, ma non li ha sputtanati.

E no, non è stato un sollievo, perché Harry ha vissuto questi cinque giorni nella paranoia più totale. Rabbrividiva ogni volta che squillava il telefono di suo padre a cena, ogni volta che tornava a casa da lavoro, ogni volta che la mattina usciva con la promessa di rientrare di sera. Harry temeva che Zayn potesse chiamarlo da un momento all'altro per dirgli tutto, per questo motivo ha vissuto ogni secondo di questi otto giorni nell'agonia. Quasi avrebbe preferito che Zayn glielo dicesse, così non sarebbe morto di paura nell'attesa che succedesse all'improvviso.

Ora che lo vede qui, in classe, e in queste condizioni, non può fare a meno di essere anche preoccupato per lui. Egoisticamente ha pensato soltanto a se stesso in questa settimana, non aveva spazio per preoccuparsi anche dei suoi sentimenti, un po' lo sta facendo ora. Solo un po', non più di tanto, perché la preoccupazione che Zayn sia tornato a scuola soltanto perché si sente pronto a dire tutto a tutti, in questo momento è la sua assoluta priorità.

Trascorre l'intera ora con il cuore in gola, e quando finalmente la campanella pone fine all'ultima lezione di questo venerdì, Harry infila velocemente i libri nella borsa e insegue Zayn fuori dall'aula per parlargli una volta e per tutte.

"Zayn? Zay, aspettami un attimo, dobbiamo parlare."

Zayn però continua a camminare, ignorandolo, fino a che Harry non accelera il passo per toccargli il braccio e si gira di scatto, dimenandosi e guardandolo con gli occhi infuocati dalla rabbia.

"Non mi toccare."

Harry rabbrividisce un po', quasi spaventato dal modo in cui il suo oramai ex ragazzo lo sta fissando. Non lo ha mai visto così, mai, lui che è sempre stato dolcezza e comprensione e che mai, neanche nei peggiori litigi che hanno avuto, è riuscito mai ad essere fuoco. Zayn è quello pacato, razionale, quello che non fa gesti inconsulti e che non lo guarda in questo modo, come se potesse mettergli le mani addosso da un momento all'altro se soltanto osasse rivolgergli un'altra parola ancora.

Love is not a crimeWhere stories live. Discover now