Che la battaglia abbia inizio

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"Harry? Ci sei?"

Harry distoglie lo sguardo dalla sua zuppa, realizzando di essersi perso nei suoi pensieri. Suo padre lo sta guardando, aspettandosi chissà che cosa da lui, che tipo di risposta a quale delle centinaia di domande che gli fa tutte le domeniche mentre sono a tavola e che stavolta non si sta sforzando neanche di ascoltare. Guarda Louis, che sta seduto dall'altra parte del tavolo e che fissa il suo piatto pensieroso, e un moto di speranza lo invade quando lo vede sollevare la testa e ricambiare per una frazione di secondo la sua occhiata.

Ieri dopo la festa - o meglio, dopo averlo scopato a novanta sull'auto di Louis - Zayn lo ha riaccompagnato a casa. Harry ha provato ad aspettare Louis sveglio fino alle quattro del mattino, ma poi ha ceduto al sonno e si è addormentato. Stamattina è uscito prima che lui si svegliasse ed è tornato poco prima di pranzo, con i pantaloncini per lo jogging e la canotta intrisa di sudore. Non ha ancora avuto la possibilità di parlargli dopo quello che è successo e suo fratello ce la sta mettendo davvero tutta per evitare ogni tipo di contatto fisico o visivo con lui. Questo lo sta facendo diventare matto. E non era proprio pronto ad affrontare il solito pranzo domenicale di famiglia, non senza il supporto costante di Louis seduto dall'altra parte del tavolo.

"S-sì papà. Scusami, ero distratto."

"Sta' attento che ti macchi la camicia" lo avverte sua madre. "Sbottonati un po', tesoro. Così soffochi."

Se soltanto sua madre sapesse che solo ieri sera è uscito di casa con una minigonna non parlerebbe in questo modo. "Sì, mamma, starò attento. Cosa dicevi, papà?"

"Ho incontrato il padre di Zayn ieri pomeriggio, dopo la riunione" comincia Desmond Styles, con quel solito sorrisetto che indossa quando pensa a far sposare il figlio sedicenne con quello di un pezzo importante del mondo degli affari. "Mi pare di capire che le cose tra di voi vanno a gonfie vele. So che sei giovane e hai ancora un altro anno e mezzo di scuola, ma lui si diplomerà quest'anno e comincerà a lavorare in azienda. Potreste già pensare a prendere casa, tra la ristrutturazione e tutto il resto, sarà certamente pronta per quando terminerai gli studi."

Harry deglutisce, la nausea lo assale a tal punto che teme di vomitare dentro al piatto. "Papà, è davvero molto, molto prematuro parlarne. E poi non terminerò gli studi tanto presto. Credo che continuerò."

"Sì, certo" mormora suo padre, ma non sembra affatto convinto. "Anche se - voglio dire, non ne hai il bisogno. Le nostre famiglie sono davvero molto ricche. Sono sicuro che Zayn sarà felice di lasciarti a casa e a pensare lui all'aspetto economico della vostra - "

"Possiamo non parlare di queste cose, papà?" gli chiede Harry gentilmente, interrompendolo e cercando di nascondere in tutti i modi la nota di nervosismo nella sua voce. "Ho sedici anni. Io e Zayn stiamo insieme da, tipo, quattro mesi."

"I tempi sono cambiati, tesoro" interviene sua madre, guardando l'uomo a capotavola.

Harry stringe gli occhi e spera davvero che suo padre smetta di parlare, perché per quanto sia sempre stato paziente con lui, oggi non è giornata e non ha abbastanza fegato da ignorarlo.

Da stare qui a sopportare la consapevolezza che suo padre ha accettato la sua omosessualità soltanto perché non ha avuto una figlia femmina da sistemare con un pezzo importante come Zayn. E che, nel suo modo malato e retrogrado di pensare, lo vede come quello che starà a casa a badare alla famiglia mentre Zayn andrà in giro a farsi gli affari propri. Proprio come ha fatto lui.

"A te la scuola come va, Louis?"

Harry non sa se essere sollevato o il contrario, quando la conversazione si sposta su suo fratello. Guarda Louis sforzare un sorriso, come fa sempre, e annuire. "Va bene."

Love is not a crimeWhere stories live. Discover now