Capitolo XLVII

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Ritta in groppa al suo cavallo, dinanzi alle porte di Erebor, Faya si ritrovò ad essere commossa.
Quella montagna, appena innevata sulla cima, con l'immensa vallata che si estendeva ai suoi piedi, le era mancata. L'aveva sorvolata così tante volte da conoscere a menadito ogni fiume, lago o foresta la ricoprisse.
Parte del suo cuore era sempre rimasta lì, attaccata alla roccia, assorbita dai minerali, ad intingere in profondità la terra che aveva in passato calpestato.
Come poteva un luogo inanimato renderla triste e gioiosa, al tempo stesso, però? Esserle tanto caro, dal crearle un nodo troppo difficile da mandar giù? Apparirle talmente bello, da farla star male?
Fu uno stridore familiare di benvenuto, a ridestarla di colpo da quei pensieri: Nesseth, infatti, si librava in volo, tracciando ampi cerchi, a metri e metri di altezza dal suolo; poi, virando, si diresse sul torrione Ovest, dove di certo l'avrebbe attesa.
A quella vista, la ragazza concentrò tutte le proprie forze nel trattenere le lacrime in arrivo, serrando i pugni e chiudendo le palpebre.
Inspirò con lentezza per calmarsi da quelle emozioni, diventate stranamente sempre più incontrollabili.
In seguito, ripartì a trotto serrato.
"Opinioni in merito?", domandò a Thranduil, mentre facevano il loro ingresso, seguiti da una piccola ambasciata.
L'Elfo osservava con truce distacco ogni singolo Nano che li scortava o che si avvicinava, anche solo per un inchino o uno scambio di convenevoli, lungo i bui corridoi. Erano diretti alla Sala del Trono. I calorosi gesti erano rivolti esclusivamente alla ragazza e constavano di multipli baciamano, poderose pacche, stritolanti abbracci, accompagnati da complimenti e esclamazioni di giubilo.
Impettito nel suo lungo abito argentato, ricoperto da un ampio mantello mollemente abbandonato sul dorso con falsa noncuranza, come di sua abitudine, procedeva severo, indurito in volto e a denti stretti.
"Mi chiedo come tu sia riuscita a sopravvivere per più di un anno, vivendo in queste condizioni... Sotto terra, senza luce naturale... Lo trovo insensato", rispose con sufficienza.
"Tra perlustrazioni, allenamenti e esercitazioni passavo molte ore all'aperto. Avevo raggiunto una forma smagliante. Te ne saresti stupito! E poi... Le camere sono confortevoli"
"Grondano acqua e umidità dalle pareti... Te ne sei resa conto? O sei talmente cocciuta nella tua accorata difesa nei loro confronti, dall'essere divenuta d'improvviso cieca?", aggiunse con una smorfia di malcelata irrequietezza.
Ogni tentativo di rabbonirlo, si mostrava inutile.
Tuttavia, Faya, imperterrita, continuò.
"È la gente che vi abita a fare di un posto, casa. Non l'involucro. Non gli ornamenti..."
Thranduil percepì chiaramente la palese nota di malinconia nella sua voce un pò instabile, e si fermò, parecchio stranito, quando la mano fredda di lei, strinse forte la sua, poco prima di accedere al cospetto di Thrór.
"...Qui ho loro. A Bosco Atro ho te. Desidero che tu lo sappia", concluse Faya, sfoggiando un sorriso colmo di tenerezza.
Lui, irrimediabilmente conquistato dalle sue parole, le rispose ugualmente, eppure, fu l'altisonante e inconfondibile timbro del Sovrano nanico, rimbombante sino all'entrata, a dissuaderlo dal successivo bacio appassionato, che l'istinto gli indusse quasi di concederle.
"Oh, Oh, Oh! Quale onore accogliervi presso la mia umile dimora, Thranduil, Signore dei Silvani. Non ho questo piacere da tanti, troppi anni. Ahimè! Vostro padre Oropher era un assiduo frequentante delle mie sale. Ma si sa... L'abilità nonchè la lungimiranza nel mantenere salde, antiche e fedeli amicizie, non è una qualità che appartiene a tutti... Prego! Accomodatevi", proruppe, provocatorio, invitando entrambi ad approssimarsi al Seggio Reale.
Inizio preoccupante.
Decisamente.
"E oso supporre che l'abuso di potere non faccia altro che inasprire ulteriormente i reciproci malanimi... Non siete d'accordo?", esordì l'Orecchie a Punta, edulcorando quelle ultime parole di disprezzo, con un ossequioso ed elegante inchino.
Era nient'altro che un combattimento, quello, ma senza armi. Lo scaltro uso della diplomazia smussava e mascherava affondi o stoccate, intrise di vipereo astio. La gentilezza dissimulava reali riflessioni al veleno.
E le due parti ne erano perfettamente a conoscenza. Inutile negarlo.
"I costi dei nostri manufatti sono minuziosamente bilanciati in relazione alle fini opere di precisione e dettaglio dietro le quali si nascondono fatiche, sudori di miei figli o fratelli. Le dita di ciascuno di noi toccano oro, diamanti, zaffiri... Sono impregnate di argento, ferro; forgiate a fuoco come i nostri stessi metalli. Di ogni callo, ogni taglio sulla pelle, noi andiamo fieri. Siamo fabbri laboriosi, Thranduil, ben lieti di sporcarci di fuliggine dinanzi a tizzoni ardenti, appagati dalla meraviglia anche del più piccolo e infinitesimale anello o ciondolo, che il nostro lavoro partorisce. Gli acquirenti si beano del risultato finale... Ma quest'ultimo ha un indiscutibile valore aggiunto... Basterebbe semplicemente che i compratori non si lasciassero trascinare da stupida cupidigia e mera bramosia di possesso. Essere maggiormente oculati, ponderati, gioverebbe a tutti e sono certo che nessuno, in quel caso, avrebbe da lamentarsi di nulla. Sarò felice di mostrarvi le nostre mastodontiche fucine a tal proposito. Vi fornirò contezza diretta di ciò che dico, dissipando ogni vostro dubbio, se me darete l'opportunità. I Nani... Sanno bene cosa significhi OSPITALITÀ, d'altronde"
Faya era tesa. Preferì tacere.
"Accolgo di buon grado una tale premura. Sarebbe l'occasione ideale per ragionare meglio riguardo alla questione, in fondo. Alla vostra età, sono più che sicuro che la saggezza e l'assenatezza vi faranno da giusti consiglieri. Dopotutto... Nel momento del bisogno... Noi siamo prontamente accorsi in vostro aiuto..."
Thròr si massaggiò la folta barba grigia. I pendenti ad essa intrecciati tintinnarono flebilmente tra loro.
Stava ponderando sul da farsi.
"Siete venuto per comprare, o per offrirci qualcosa, Thranduil?"
"Porto mille arcieri e duemila cavalieri"
Il Nano ridacchiò sonoramente a quell'affermazione.
"Devo porgere i miei ringraziamenti a Faya, per questo vostro altruismo? O vi siete ammorbidito? Mi stupite..."
L'Elfo si ritirò sulla difensiva.
"Le motivazioni non reputo siano di alcuna rilevanza. Vi sia sufficiente sapere che è mia intenzione ripagare i servigi che mi avete disposto contro l'avanzamento degli Orchi. Favore, per Favore... Avete la mia parola... Da un Re, ad un Altro"
"Siete in errore, Thranduil, poichè vostra moglie è il gioiello più prezioso che possedete. Ne siete consapevole anche voi. Ha illuminato le nostre giornate nel corso della sua permanenza qui. Sono perciò contento se la sua benefica influenza riesce a guidarvi, e rendervi più accondiscendente... Vi ho guardato... Non appena siete giunti. Ho scorto un bagliore di dolcezza quando i vostri occhi si sono poggiati sul suo volto. È stato un istante, eppure... Ho riconosciuto perfettamente lo stesso riflesso, l'identica magia che illuminava le iridi di vostra madre Mirìel. Vi preferisco così, in effetti, se mi permettete una tale confidenza. L'Amore, ragazzo mio, tempra!"
L'Elfo tremò, irrigidendosi.

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