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Era corsa fuori dalla stanza degli ospiti nel momento in cui aveva letto quel messaggio. Ma poi, ripensandoci, si era fermata a respirare fuori dalla porta, indecisa sul da farsi.

 Ma poi, ripensandoci, si era fermata a respirare fuori dalla porta, indecisa sul da farsi

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non bussare,
entra e basta

Sospirò, mise il telefono in tasca e prese il coraggio di fare il suo ingresso

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Sospirò, mise il telefono in tasca e prese il coraggio di fare il suo ingresso. Aprì la porta con lentezza, come avesse paura che ne potesse uscire fuori un mostro. "Ehi" le sorrise quando la vide varcare la soglia. Lei scosse la mano, in saluto. "Vieni" le fece posto sul letto, vicino a lui. "Tutto bene?" Fu lei a guardarlo per prima negli occhi. Annuì. "Mi sentivo..."

"Solo" ipotizzò. "Penso di sì" lo sguardo di Vinnie era malinconico, spento. Uno sguardo che lei non gli aveva mai visto fare. "Cosa ti succede?" Lui non la guardava, ma invece aveva incollato lo sguardo al muro vicino al letto. Lei al contrario, non riusciva a distogliere lo sguardo da lui. Sospirò, ma non rispose. "Vincent parlami" uscì fuori come un ordine, ancora nessuna risposta. "Per favore" le uscì come un sussurro, una preghiera silenziosa. Posò la mano sul suo ginocchio, incrociato con l'altro sul letto. Solo in quel momento lui voltò la testa per guardarla e lei gli rivolse un piccolo accenno di sorriso. "Sto bene, solo..." sospirò. "È tutto così complicato"

"Cosa è complicato?" La sua mano andò ad accarezzargli la pelle del ginocchio, scoperta dal pantalone corto. "Questa vita" si passò una mano tra i ricci disordinati. "Questa città, questo lavoro, abbiamo sempre gli occhi addosso, guardaci non siamo nemmeno liberi di uscire come amici che veniamo seguiti, rincorsi, fotografati, parlano di noi, fanno supposizioni, ci insultano" si alterò. "Da quando siamo amici, per ogni singola cosa non fanno altro che insultarti" incatenò gli occhi con quelli di lei, solo allora lei si accorse dei suoi occhi lucidi. "Non è un problema, mi importa di te non di quello che dicono di me" provò a rassicurarlo. "Invece è un problema" strinse i pugni sul lenzuolo. "Importa a me, mi importa perché ci tengo a te e non accetto questo. Non possono dire niente, non ti conoscono e se lo facessero capirebbero solo quanto sei fantastica"

Si slanciò verso di lui e lo abbracciò, stretto, come se potesse ricucire tutte le sue ferite così. E lui si aggrappò a lei, lasciò che le lacrime scivolassero giù, senza nemmeno conoscerne il reale motivo. E poi ancora, per tutte la notte, si sfogarono, si coccolarono e infine si addormentarono.

Social anxiety | Vinnie hacker Where stories live. Discover now