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«Mi sarei aspettata tutto tranne che partite clandestine di poker...» scossi il capo «...ma dico io, ci sono così tanti temi interessanti su cui incentrare un party e scelgono qualcosa di illegale?»

Jason al mio fianco sbuffò una risata sommessa. Asher era stato chiamato da Aidan ad un tavolo ben preciso ed io ero rimasta sola accanto allo stipite della porta, piuttosto contrariata se entrare o meno. Ero stata spinta all'interno da Jason, che aveva posato la sua mano sulla mia schiena e delicatamente mi aveva fatta entrare a piccoli passi.

Non mi piaceva per nulla quell'ambiente. Anzi, lo detestavo. Ogni angolo puzzava di illegalità e immoralità.

«È solo una festa, Ang, rilassati» disse Jason.
«Come se fosse facile farlo vedendovi... così.» feci un cenno verso Josh e un uomo di spalle a noi. Si stavano parlando talmente a bassa voce che avevano il viso a pochissimi centimetri di distanza. Irradiavano complottismo e spionaggio da metri e metri di distanza.

«Touchè» replicò alzando il bicchiere «Ma è il nostro lavoro e ci siamo abituati.»
Scossi il capo in disappunto.
«Non mi è mai piaciuto il vostro lavoro e penso che mai mi piacerà.» constatai.

Sorrise di nuovo e ci riconobbi il vecchio Jason in quella smorfia. Nonostante la serata mi stesse mettendo sulle spine, quel riavvicinamento fra me e Jas mi stava cambiando l'umore.

«Credo che Asher sia d'accordo con te, ma per fedeltà ad Aidan non vuole ammetterlo ad alta voce.» osservò.

«Lo fa solo per vostra madre, per renderle giustizia.» sospirai cercandolo fra la folla.

«Sì, forse è per questo.» abbassò il capo «Ehi che ne dici di fare un ballo e pensare ad altro?»

«E dove balliamo?» chiesi «Accanto ai tavoli da poker? O sopra?»

Lui scoppiò a ridere «Vieni, al piano superiore c'è la sala da ballo.»

Incastrai il braccio al suo e mi lasciai condurre. Attraversammo la sala da gioco, salimmo le scale per entrare in un salone ampio, non tanto quanto quello di villa Harrison, ma abbastanza grande per ospitare una cinquantina di persone. Era un'abitazione che aveva linee nette, fredde, non davano calore come invece facevano quelle dello Chalet. Eppure, il bianco delle pareti e delle colonne mi ricordò uno stile classico.

La musica di sottofondo sovrastava il mormorio delle persone e una brezza proveniente da mare si insinuava nella stanza, alleggerendo l'aria pesante che avevamo trascinato dal piano inferiore.

«Molto meglio quassù.» feci un respiro profondo.

Non era un party di quelli a cui partecipavano abitualmente, anzi, sembrava davvero una cosa privata, esclusiva. Dovevano aver selezionato alcune persone, fra cui la famiglia Harrison.

«Bene, almeno ti rilasserai un po'.» disse Jason afferrando la mia mano e posando la sua sul mio fianco.

D'impatto non trovai nulla di strano in quell'atteggiamento, ma ricordai quello che era accaduto e mi sentii strana. A disagio, forse per paura che fraintendesse.

Schiarì la voce e iniziò ad ondeggiare sui passi del lento. Non stavano ballando in molti, c'erano solo altre nove coppie assieme a noi. Gli altri presenti parlottavano a bordo del cerchio immaginario dentro il quale ci muovevamo.

«Quindi Tess non ha più voluto parlarti?» chiesi.
«No, ha fatto in modo che non ci potessimo più sentire, mi ha bloccato ovunque.»
«Hai provato a cercarla?»
«Sì, ma quando sono andata a casa sua, i domestici mi hanno detto che è volata in California.» disse.

Gli occhi marroni si dipinsero di un velo di sofferenza e sentii il senso di colpa bruciare. Quel pasticcio era anche accaduto a causa mia.

«E tu non hai usufruito dell'immenso patrimonio della tua famiglia per prendere il jet privato di cui siete provvisti per rincorrerla?» domandai.

Unconditionally mine || Saga HarrisonWhere stories live. Discover now