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Ci unimmo a Tess e Jas già seduti ad un tavolo dello Zero l'uno accanto all'altro, con il capo chino immersi in una discussione molto intima.

«Eccovi finalmente!» disse Tess sorridendomi.
«Come è andata?» chiese immediatamente Jason preoccupato.
Lanciai un'occhiata ad Ash, lui, in risposta, posò una mano sul mio fianco.

«Bene» risposi prima che l'attenzione dei due si spostasse sul gesto di Ash.
Ci accomodammo nella panca imbottita di fronte alla loro. Eravamo in uno di quei tavoli che creavano in atmosfera privata. Ci trovavamo nella zona più cupa del locale, più simile ad un pub, quella in cui di sera si svolgevano le feste.

«Ti sei fatto schiaffeggiare da suo padre?» chiese Tess.
«Tess» l'ammonii.
«No, Tess, non mi sono fatto prendere a schiaffi da nessuno» replicò con tono annoiato e severo al contempo Ash.
«Hai capito il piccolo Harrison» commentò con tono mellifluo lei, squadrandolo con fare lascivo.
Un'improvvisa irritazione mi fece arrossire. Mi mossi in maniera nervosa sulla mia postazione.
«Tess hai parlato con Emily?» chiesi di punto in bianco, forse con l'intento di distogliere la sua attenzione da Ash.
«Sì» annuì «Ha detto che la polizia non l'ha ancora trovato quel farabutto.»
«Di chi state parlando?» s'intromise Jason.
«Quella feccia umana che ha cercato di stuprare Emily»
Asher e Jason si lanciarono un'occhiata d'intesa che non compresi. Era stata fugace, ma avevo avuto l'impressione che si fossero detti qualcosa di importante.

«Devono trovarlo» commentai immersa nel ricordo di qualche settimana prima.
«Sono degli incompetenti, non ce la faranno» sbuffò lei.
Un cameriere si avvicinò a noi.
«Avete ordinato?»
«No» rispose Tess «prendiamo due birre»
«Anche per me una birra» affermò Ash.
«Tu non prendi nulla?» mi chiese Tess.
Tutti, persino il cameriere, concentrarono la loro attenzione su di me. Schiarii la voce. L'Angelica di qualche settimana prima avrebbe risposto di getto no, ma l'Angelica di quel momento, quella che lasciava ad Asher scalfire i grandi muri di convinzioni costruiti negli anni, vacillò.
Mi accorsi che stavo iniziando a vivere il bivio di continuare ad aggrapparmi a ciò in cui credevo, rimanendo nella mia confort-zone, o se dare ascolto alla vocina di Asher nel mio cervello, che sibilava e graffiava quei muri.

«No, grazie, non prendo nulla» dissi troppa dura per sembrare davvero convincente.
«Bene.» il cameriere scomparve.

Chiacchierammo per minuti e minuti. Per lo più eravamo io e Tess a scambiarci battutine frizzanti. Jason a volte interveniva in mia difesa, perché Tess esagerava, mentre Asher se ne stava in silenzio, con il braccio poggiato dietro la mia schiena, fulminandola severamente quando andava oltre.

«D'accordo!» fece schioccare la lingua Tess dopo un lungo sorso di birra «È giunto il momento»

Posizionò la bottiglia in orizzontale al centro del tavolo. Alzai gli occhi al cielo e mi poggiai allo schienale della sedia. Avevo 22 anni e mi ero sempre rifiutata di giocare al gioco della bottiglia. Sapevo che partecipare voleva dire cadere in domande spinte o comunque scomode e con Tess sarebbe stato ancora peggio.

«Obbligo o verità» annunciò facendo vorticare la bottiglia.
Si fermò proprio davanti a me.
«Tu, farai la domanda a...»
La bottiglia si arrestó in direzione di Jas.
«Verità» disse Jason senza nemmeno darmi il tempo di dire se avevo voglia o meno di partecipare.

Strinsi gli occhi osservandolo. Sapevo praticamente tutto di lui, l'unica cosa che ancora non potevo conoscere era il loro lavoro. Perciò chiesi: «Il vostro lavoro è pericoloso?»
Non domandai quale fosse, perché sapevo che non mi avrebbe risposto, non l'aveva fatto per tutti quegli anni, perché avrebbe dovuto in quel momento...
Guardò di nuovo Ash.

«Sì.» rispose.
Alzai le sopracciglia. Era la risposta che sospettavo, ma era quella che non volevo. Si accese in me un campanellino di allarme, rivolto per lo più all'incolumità di Asher.

Unconditionally mine || Saga HarrisonWhere stories live. Discover now