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Sbadigliai per l'ennesima volta, trascinandomi per il corridoio come uno zombie. Non avevo mai fatto una cosa di quel genere. Mi sentivo uno straccio, volevo solo mettermi a dormire prima del test attitudinale.
Appoggiai il libro di biologia e presi quello di matematica.
«Ti ha proibito di vederci?» chiese Jas uscendo dal bagno.
«Sì.» risposi «Ha detto che questo pomeriggio devo restare a casa, ma sono certa che quando saprà della rissa con Tariq mi obbligherà a cancellare tutto di voi.»
«Non lo verrà a sapere...» fece una smorfia Jas.
«A volte la tua innocenza è davvero adorabile.» commentai procedendo verso l'aula di matematica avanzata. «Tariq lo racconterà ai suoi genitori, facendo la vittima, così questi lo andranno a dire ai miei.»
«Se lo fa, questa volta gli rompo la mandibola.» ringhiò.
«Jason.»
«Lo so, no alla violenza.» alzò le mani.
Nell'esatto istante in cui stavo per ribattere, Tariq comparve nel corridoio. Mi lanciò qualche occhiatina di soddisfazione.
«A te non sale nemmeno un piccolissimo istinto violento quando qualcuno ti guarda in quel modo?» chiese.
«Jas...»
«Oddio che poi non sono certo sia violento perché vorrei farci sesso o perché vorrei picchiarlo.» osservò squadrandolo.
«Jason!» gracchiai.
«Scusa.» fece spallucce divertito.
Causalmente i miei occhi puntarono verso destra, dove Asher stava fissando intensamente Tariq; era uno sguardo molto più cupo di quello che avevo ravvisato in Jas la sera prima. Trapelava da quel cipiglio quasi disprezzo.
«Tuo fratello sembra essersi legato al dito la faccenda.» feci notare.
«Sì, non l'ho mai visto con quello sguardo, è proprio uno di noi finalmente.» disse orgoglioso.
Sbuffai alzando gli occhi al cielo.
«Voi Harrison, sembrate un branco di lupi che fanno pipì per segnare il territorio.» scossi la testa.
«Guarda che non ce l'ha con lui perché ha fatto a botte con me.» mi fece notare.
Sospirai pesantemente cogliendo l'allusione.
«Se lo guardi bene, ogni tanto potresti vedere i suoi occhi vagare da questa parte.» ammiccò.
«Smettila.» entrai nella classe lasciando che la porta gli sbattesse in faccia.
«Negare l'evidenza non ti autoconvincerà, amica mia.»
«Io non sto negando un bel niente, sei tu che ti inventi storie.» ribattei stizzita.
Be' io non riesco più a vederti come la mia baby-sitter.
Quella maledetta frase tornava ogni volta, era un boomerang che io cercavo di lanciare il più lontano possibile, ma tornava, tornava sempre.
Non facevo altro che ripetermi che fra noi non ci fosse nulla, che il vero problema della nostra tensione era il fatto che io non riuscissi a vederlo come un comune 16enne a cui stavano spuntando i primi peli di barba.
E se non fosse così?
Se vederlo per quello che era, il ragazzo che era diventato, potesse far nascere un interesse?
Scossi il capo per scacciare via il pensiero.

«Jason Harrison.» il preside entrò in classe con il solito cipiglio annoiato che assumeva quando si parlava di un 'Harrison'.
«Sta volta non ho combinato nulla, sono stati i miei fratelli.» affermò sulla difensiva.
«Sì è qui.» disse dietro di sé.
«Jason Peters Harrison.» due agenti della polizia entrarono nella classe «Lei è in arresto per aggressione.»
«Cosa?» squittii scattando in piedi.
«Cazzo.» brontolò sottovoce Jas.
Dopo avergli infilato le manette lo scortarono fuori dalla classe.
«Lei, signorina Dalmar non si muova di qui.» mi ammonì il preside ancor prima che io potessi intercedere.
Appoggiai lo zaino e mi sedei di peso.
Non potevo crederci che Tariq l'avesse fatto. Che stronzo senza cuore.
Prima mi aveva insultata poi aveva fatto arrestare il mio migliore amico, il quale, in totale buona fede, aveva solo tentato di difendermi. Sapevo bene che Jas non avesse utilizzato il modo giusto per affrontare la questione, ma non si merita di finire in carcere per questo.

Al suono della campanella mi precipitai fuori dalla classe. Cercai con lo sguardo quell'idiota di Tariq. Avevo tentato invano di reprimere la rabbia per un'intera ora, non ero nemmeno riuscita a prendere un appunto. Credevo di aver messo da parte il rancore e di essere capace di parlargli senza alcun tipo di filtro, ma vederlo camminare con fierezza per il corridoio, come se avesse conquistato chissà quale titolo, fece riemergere l'imprevedibile irritazione.
Mi avviai a passo pesante verso di lui, per sbarrargli il passaggio.

Unconditionally mine || Saga HarrisonWhere stories live. Discover now