Incontri spiacevoli

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Un letto a baldacchino, lenzuola che profumavano di fiori e vasi di piante verdissime poste su un tavolo da colazione con ogni genere di dolce immaginabile furono le prime cose che vidi appena mi svegliai.
Mi trovavo in una stanza a me sconosciuta, vi erano tende bianche che svolazzavano scosse dal vento, maschere simili a quelle del Carnevale di Venezia cesellate alle pareti al posto dei quadri ed animali impagliati; tappeti sfrangiati e un lampadario a forma di voliera incorniciavano il tutto rendendo la stanza appena uscita dal un libro di favole.
Ero rimasta muta ed immobile per minuti, seduta tra le coperte bianche con un vestito bianco che non mi era mai appartenuto, a ripercorrere per l’ennesima volta con lo sguardo il perimetro di quell’improponibile camera sentendo la morsa nel mio petto serrarsi ancora sino a farmi pizzicare gli occhi per le lacrime, non solo perchè non sapessi dove mi trovassi e dove fossero finiti i ragazzi ma anche perchè non sentivo la voce di Kiby a tranquillizzarmi.
Non avevo la mia magia e l'ansia aveva avuto la meglio.
Da quando mi ero svegliata ed era passata forse un'ora, non avevo fatto altro che guardarmi attorno con disperazione pregando che tutto svanisse come in un incubo. Rannicchiai le gambe al petto serrando i denti attorno al labbro arrossato e poggiai la testa sulle ginocchia chiedendomi come stessero i ragazzi ricondando come fossero stati risucchiati da quei vortici.
Avevo aperto e chiuso gli occhi più volte nel tentativo di cancellare quella visione, mi ero poi rannicchiata sotto le coperte e persino data pizzicotti, ma nulla era cambiato ed ero rimasta immobile, come congelata, troppo scoraggiata anche per controllare cosa ci fosse oltre le tende.
Malik me lo aveva detto che prima o poi i saggi avrebbero saputo dei ragazzi e che avrebbero fatto di tutto pur d'interrogarci.
Io e Michael non aveva ignorato quell’avvertimento, avevamo pensato e sperato di avere più tempo, di poter cercare indisturbarti le altre gemme ancora per un altro po’ e adesso temevo con tutta me stessa di aver fatto male i conti.
Avevamo acconsentito ad un incontro con loro dato che ci avevano scoperti ma non mi aspettavo che si sarebbero comportati in quel modo per un ritardo.
Però, c'era qualcosa che non quadrava.
Quel luogo non si trovava di certo in una delle sedi dei saggi ed era pur vero che non c’era alcuna catena a trattenermi, sebbene non avertissi il mio elemento e nemmeno la magia, tuttavia non era improbabile che i saggi mi avessero chiusa in una delle loro basi con un trattamento di favore in memoria del sangue che continuava a scorrermi nelle vene, mi chiedevo solo dove fosse Michael e se si trovasse nelle mie stesse condizioni.
Cercai senza l'aiuto della mia coscienza di darmi un contegno e cacciai indietro le lacrime che premevano per uscire, stirando poi le gambe tra le lenzuola in una serie di movimenti inutili pur di riprendere il controllo e solo dopo che il groppo alla gola si fu in parte sciolto, decisi di mettere i piedi nudi a terra e andare a vedere cosa vi fosse oltre quelle tende.
Le balze del vestito mi scivolarono addosso gonfiandosi come una meringa ed ebbi l'impulso e il disgusto di togliermelo.
Sembrava fossi una bambina con quel vestito lungo a maniche altretando lunghe che nascondevano i miei tatuaggi e i capelli raccolti con dei fermagli ornati di fiori in due alte code laterali.
Incassai le spalle in un sospiro, decidendo che non fosse il caso di soffermarsi proprio su sciocchezze di quel genere e mossi appena un passo prima che una voce attirasse la mia attenzione spingendomi a girarmi di scatto verso la porta chiusa alle mie spalle.
I passi e la voce divennero sempre più vicini e la mia ansia crebbe ulteriolmente, benché non avessi capito cosa stesse dicendo l’uomo che aveva mosso la maniglia della porta, le mie gambe si mossero d’istinto.
Fuggire in quel momento non era proprio una scelta saggia, chiunque stesse per entrare si sarebbe accorto della mia mancanza dando l’allarme all’istante, ma se quella era davvero una base dei saggi c’era il rischio che scoprendomi sveglia mi portassero in qualche altro posto dove la fuga mi sarebbe risultata impossibile e non sarei riuscita a scoprire dove fossero finiti mio fratello ed i ragazzi.
Sgusciai tra le tende ignorando l’ennesimo tavolo apparecchiato per chissà quale pranzo.
Era già ora di pranzo?
M' imposi di non distrarmi con osservazioni inutili riguardanti il posto a me ancora sconosciuto e percorsi il terrazzo soleggiato reprimendo l'impulso di spiegare le ali, scesi la stretta scala che lo interrompeva in un angolo della balconata e mi precipitai giù quasi saltando i gradini.
Diedi una veloce occhiata alla strada lastricata di giallo che serpeggiava sotto il palazzo da cui ero appena scappata e ai dintorni sperando di non scontrarmi con qualcuno che mi avrebbe riconosciuta e ripresi subito a correre, inoltrandomi scalza lungo il sentiero ombreggiato che si snodava all’interno del giardino.
Dovetti tuttavia arrestare la mia corsa quasi subito quando una donna mi si parò davanti, squadrandomi con un’occhiata gelida che mi mise addosso una pessima sensazione.

La strega e il chirurgoKde žijí příběhy. Začni objevovat