Capitolo 22 - Punto di rottura

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Il giorno seguente, Chuuya si era sentito estremamente in colpa: non solo era andato a cena con due dei membri di un'organizzazione nemica, ma gli era anche piaciuto. Aveva superato il limite questa volta, lo sapeva bene, e non aveva nemmeno la scusa di averli incontrati per caso. Aveva infranto una miriade di regole nel giro di pochi giorni e questo era uguale ad aver tradito la Port Mafia, la sua famiglia. Questo, tra le altre cose, non era neppure il suo più grande problema: era ormai da qualche giorno che non riusciva ad ignorare il fatto che lui e Dazai avessero rialacciato i rapporti, anzi erano ancora più vicini di prima. Ovviamente qualche cosa era cambiata visto che loro erano cresciuti, ma molto era rimasto uguale a prima. Non gli piaceva la sola idea che gli avesse permesso di entrare nuovamente nella sua vita, ma ormai era successo e non poteva farci nulla. Era grato per aver potuto riavere i loro momenti spensierati insieme, ma, quando era solo, era per lui impossibile non pensare alla possibilità che l'altro lo abbandonasse. Non era ancora sicuro al cento per cento di poter confidare che una cosa del genere non potesse accadere di nuovo per il fatto che fossero in due organizzazioni diverse, anche perché nessuno poteva assicurargli niente sul piano personale.
Quel pomeriggio il rosso era uscito prima da lavoro perché senza concentrazione avrebbe potuto solo fare danni e avrebbe senz'altro fatto confusione con i vari documenti da sistemare. Erano le 17.49 e le strade di Yokohama, per quanto piene di persone, all'uomo apparivano completamente deserte. Il caldo che preannunciava l'estate cominciava a farsi sempre più insopportabile e restare in camicia, giacca e gilet diventava sempre più difficile.

-Che palle...-

Chuuya stava girovagando da ormai una mezz'oretta ma non riusciva proprio ad accettare l'idea di dover andare a casa, anche se sapeva perfettamente che avrebbe dovuto cenare da lì a breve. I suoi pensieri più assillanti e insopportabili non volevano lasciarlo in pace nemmeno per un secondo.
Proprio quando stava per andare verso il quartiere pieno di negozi, il rosso si pietrificò non appena vide il protagonista dei suoi pensieri tanto scomodi: Dazai stava lì vicino a scherzare, o meglio, a stressare Kunikida mentre Atsushi provava a fermare il biondo dall'omicidio. Una rabbia immensa cominciò a farsi spazio nella mente già troppo affollata del più basso, portandolo sull'orlo di una crisi isterica: non sapeva il perché di quella forte emozione, forse era solo il momento sbagliato per vedere la fonte dei suoi molteplici dubbi, ma aveva provocato una sorta di reazione con i suoi pensieri già troppo stressanti per lui.
Il moro, per puro caso, incrociò lo sguardo del partner per un istante. Subito dopo lo ignorò deliberatamente visto che c'erano i suoi colleghi.
Chuuya si girò immediatamente e si diresse verso alcune vie meno frequentate e più tranquille per staccare un po' e sfogarsi liberamente. Dazai, avendo visto la scena con la coda dell'occhio, piantò in asso gli altri due pentito, seguendo l'altro mentre cercava di crearsi un passaggio nella folla che pervadeva le strade.

-Chuuya!-

Il più alto, nonostante stesse spintonando la gente per avvicinarsi al partner, non riusciva proprio a farsi spazio. Provò a chiamarlo nuovamente ma non ricevette alcuna risposta: era ovvio che il rosso lo avesse sentito forte e chiaro, anche perché l'altro aveva urlato il suo nome, ma non aveva alcuna intensione di parlare con la causa dei suoi dubbi e del suo stress.
Riuscì a seminarlo dopo una cinquantina di metri e si infilò velocemente in un vicolo cieco completamente vuoto e parzialmente buio. Si diresse verso uno dei muri e gli diede un pugno.

-Merda!-

Si girò e poggiò la schiena sulla superficie fresca e dura. Ci scivolò sopra come un torrente scivola sui massi fino a sedersi sullo sporco pavimento. Stese una gamba mentre usò l'altra come appoggio per il braccio destro e appoggiò la testa sulla parete dietro di lui.

-Ma perché cazzo me lo scordo tutte le volte...-

Fissò il cielo con occhi spenti e non distolse lo sguardo neppure quando il telefono prese a squillargli: sapeva perfettamente che fosse Dazai, ma non voleva parlargli, non con tutta quella rabbia. In quel momento, in quello stato emotivo, poteva dire cose che avrebbero potuto tranquillamente uccidere l'animo di una persona qualsiasi, lo sapeva bene, quindi decise di lasciar scorrerre un po' di tempo prima di parlare con qualcuno, chiunque esso fosse.
Tuttavia, Chuuya non aveva calcolato che la testardaggine e la determinazione del partner potevano rivelarsi molto fastidiose in alcune situazioni, e questa era una di quelle. Il cellulare stava continuando a squillare ormai da dieci minuti e, nel mentre, una voce troppo familiare aveva cominciato ad avvicinarsi. Il rosso si era messo dietro ad un sacco dell'immondizia proprio per nascondersi il più possibile, ma si era scordato che, per quanto basso potesse essere, il suo busto non era più corto di una busta di spazzatura.

|| Come mi hai fottuto la vita | Soukoku ||Where stories live. Discover now