8.

737 34 7
                                    

Non ho fatto in tempo a rileggerlo ma non volevo posticipare ulteriormente la pubblicazione, siate clementi fino a quando avrò un attimo di tempo libero per revisionarlo.

Era stato strano trascorrere la notte all'interno di quello chalet.
Non ero riuscita a chiudere occhio durante tutta la nottata ed ero rimasta irrequieta a fissare il soffitto della stanza che mi era stata assegnata.

Avevo apprezzato particolarmente il fatto che quel bruto si fosse degnato di rispettare i miei spazi vitali, concedendomi una delle innumerevoli stanze di quello chalet di montagna che probabilmente era designata agli ospiti. Avevo provato ad addormentarmi contando le intersezioni tra i pezzi di legno chiaro che componeva il soffitto della stanza, perdendo il conto e ricominciando praticamente ogni dieci secondi, ed ero finita con l'arrendermi a quella notte insonne.

Non avevo nessuna intenzione di perdere tempo rimuginando su quel modo fastidiosamente saccente con cui mi aveva trattata Dimitri la sera prima.
Perché ero perfettamente consapevole del fatto che non sarebbe stato facile, che avrei dovuto combattere per ottenere la loro fiducia senza farmi scoprire e la consapevolezza che la mia vita dipendeva da quella missione era l'unico motivo che mi faceva andare avanti.

Come un mantra, avevo ancora nelle orecchie l'ammonimento che mio padre mi aveva lasciato prima che lasciassi quella stanza del Conrad e sentivo ancora quella minaccia incombere come una presenza scomoda seduta all'altezza dello stomaco, ricordandomi quello che era necessario fare per riavere indietro la mia vita.

Dovevo ammetterlo, i Petrov avevano un dannato buongusto quando si trattava di arredamento e progettazione e non gettavano soldi in decorazioni pacchiane che andavano contro il buongusto di ogni essere umano dotato di un senso estetico. Secondo quello che mi era stato insegnato da bambina, i membri della Mafia russa erano piuttosto portati per ostentare il fatto che fossero persone abbienti attraverso accessori eccessivi e vestiti di marca messi il più possibile in mostra.
Eppure, non riuscivo a riconoscere nessuna di queste caratteristiche nei membri della famiglia Petrov e nelle loro proprietà di lusso.

Inspirai a fondo una volta che i miei occhi si posarono sull'immagine riflessa nello specchio del bagno, lasciandomi per qualche secondo a boccheggiare davanti al colore che avevano assunto i lividi che mi deturpavano il volto.
Sentii un conato di vomito salirmi lungo la trachea una volta che i miei occhi passarono dai segni della violenza di mio padre alla garza sterile che mi era stata messa sul collo prima della serata precedente dal medico di famiglia. La ferita che mi aveva compromesso le corde vocali aveva avuto bisogno di otto punti e ancora non accennava a cicatrizzarsi, ricordandomi con quel dolore costante tutto quello che mi era stato sottratto a causa di quell'animale che aveva sperato di ottenere da me ben più di quello che sarei stata disposta a dargli.

Perché Nathaniel Johnson non si sarebbe dovuto permettere di pretendere da me più di un rapporto padre e figlia. E per questo era stato adeguatamente punito.

Non mi pentivo di aver scelto la mia vita rispetto a quella di quel mostro che aveva cercato di approfittare di un mio momento di debolezza per prendersi qualcosa da me che altrimenti non gli avrei mai concesso.
Era stato l'uomo di mia madre, l'uomo che aveva promesso di prendersi cura di noi e che ci aveva dato una nuova possibilità, una nuova vita lontana da quella famiglia tossica in cui avevo trascorso i primi dodici anni della mia vita.

Inspirai a fondo prima di sciacquarmi il volto con l'acqua fredda, facendo ben attenzione a non applicare troppa pressione sulle zone lese del mio volto prima di darmi una spazzolata veloce ai capelli in un vano tentativo di dargli una sistemata.

Nonostante il caschetto non fosse mai stato contemplato fino ad all'ora come possibile taglio per la mia chioma di capelli scuri, dovevo ammettere che in fin dei conti non mi stava nemmeno troppo male. Per una volta non mi ero pentita del risultato di uno dei miei raptus di rabbia, un'azione dettata dalla furia cieca che mi colpiva nei momenti più sbagliati, lasciandomi in balia di me stessa e di quel tratto ereditario che contraddistingueva ogni singolo membro della famiglia Greco.

THE COUNCILLORWhere stories live. Discover now