16. La scalata

106 18 56
                                    

Continuammo così per qualche decina di minuti: il dolce e rilassante rumore delle onde contro gli scogli, rendevano la serata ancora più magica. La sabbia che si era infilata tra le coperte, ci faceva il solletico ma noi, come degli idioti, continuavamo a fare gli scemi, ridere, scherzare e baciarci.

"So che mi odierai per questo, ma la natura mi sta chiamando e devo lasciarti" Dissi con tono simpatico, ma triste perché dovevo lasciare il mio amore, da solo, sulla baia, di notte. "Torno tra poco, non ti preoccupare" Aggiunsi, ridendo.

"Sta' tranquillo, non sentirò la tua mancanza" Rispose apostrofando con una grassa risata, alla quale mi aggiunsi anche io. "Vieni qua amore" Esclamò, tirandomi per terra (dato che mi ero già alzato), e dandomi un bacio.

La spiaggia non era grande: aveva questo piccolo angolo di paradiso con la sabbia, dove c'eravamo messi noi, circondato da una barriera di alberi che staccavano questa perla dalla grigia e pesante periferia della città; esplorai la selva formata da questi pini marini e trovai il posto perfetto per fare 'una pausa'.

L'accesso alla baia era solo uno e ce l'avevo davanti ai miei occhi, contrastato solo da qualche pianta che oscurava la vista. Era tutto buio essendo che l'unica fonte di luce proveniva da qualche lampione lontano dall'ingresso; perciò vedevo ben poco ma, mentre ero 'impegnato', notai a qualche decina di metri da me, una figura sinistra, che si addentrava furtivamente nella barriera.

Al chiaro di Luna non capivo molto, ma ero sicuro che fosse una persona.

Ne ebbi la piena certezza quando vidi quella silhouette uscire dagli alberi e avvicinarsi verso il bagnasciuga. Aveva un ritmo abbastanza tranquillo, il che mi tranquillizzò un po', ma lo guardai lo stesso, nascosto da delle foglie delle piante. Pensavo: "Magari vorrà solo fare una passeggiata, vedere il mare o qualcosa del genere", per restare calmo.

Finii e mi avvicinai, cercando di non farmi vedere da quello strano individuo, per sicurezza. Dalla mia prospettiva, la nostra tenda era alla mia destra, mentre alla mia sinistra, l'uomo che stava andando dritto verso l'acqua.

Uscii da quella selva e mi diressi verso le nostre coperte, pensando che tanto quel signore non poteva più essere una 'minaccia', ma mi sbagliavo. Ovviamente.

Cambiò, di colpo, direzione e andò verso il nostro accampamento, accelerando il passo. Si fermò a circa due metri dal mio Austin e iniziò ad urlargli contro; ero lontano, non sentivo benissimo, ma si capiva chiaramente che lo stava minacciando. Il mio ragazzo era spaventato, sotterrato dalle coperte, e sdraiato sulla sabbia, mentre l'uomo era in piedi, di fronte a lui. Austin cercava di farlo ragionare, ma lui non ne voleva sapere; non so cosa volesse da noi, sta di fatto che tirò fuori dalla tasca una pistola e la puntò dritto verso la faccia del mio amato. A quel punto lui era terrorizzato, e anche io. Non potevo restare lì fermo a guardare, perciò presi un sasso e mi avvicinai.

Più lo facevo, più sentivo bene le parole, le frasi, le minacce e, soprattutto, la voce dell'aggressore; una voce che mi fece scattare una lampadina in testa, una voce che già conoscevo e che avevo effettivamente rimosso dalla mia memoria. Mi vennero i brividi freddi già solo al fatto di riconoscerla: era la voce di Jackson. Ero, non solo terrorizzato, ma anche stupito; non potevo credere che il malfattore, il mio ex, stesse ora minacciando di morte il mio ragazzo.

Esitai un secondo poi strinsi con forza la pietra che avevo preso e urlai: "Vai al diavolo Jackson!", per poi colpirlo alla nuca. Un secondo dopo era steso per terra, senza sensi; fortunatamente non perdeva sangue dalla testa (mica sono un assassino, è stata solo autodifesa).

"Meriti di andare all'inferno per tutto quello che mi hai fatto, per tutti i traumi che mi hai creato, per tutti i momenti di paura e terrore che mi hai fatto passare e, soprattutto, per aver quasi ucciso il mio bellissimo ragazzo" Dissi, ansimando dall'ansia e dalla paura, per poi girarmi verso Austin e abbracciarlo più forte che potevo.

"Oh dio Ale, ho pensato di esser già morto. Non sai quanto ti sia grato di avermi salvato" Esclamò, lasciandosi andare tra le mie braccia, e piangendo. "Ho avuto paura ma fortunatamente c'eri tu per me".

"E' tutto passato, ok? Stai tranquillo, ci sono io ora".

"Ora però mi devi spiegare perché il tuo ex ha cercato di farmi fuori" Mi chiese, asciugandosi le lacrime, tremando ancora un po' dalla paura.

"Credo che si spieghi da solo: lui è sempre stato innamorato perso di me, e non gli è mai andato giù il fatto che abbiamo rotto, perciò sarà stato geloso. Ti avevo detto che era pericoloso" Spiegai.

"Ora sì che ci credo" Disse guardando il suo corpo.

In tutto questo tempo non ci avevo più pensato: non intendo solo lui, ma il passato in generale. L'avevo completamente rimosso e nascosto in una cartella sotto cumuli e cumuli di polvere. Forse l'avevo fatto apposta, o forse no. Mi ero finalmente liberato di quell'immenso e pesante masso che mi portavo dietro da più di un anno e l'avevo lasciato correre giù da quella faticosa salita che stavo percorrendo. Arrivato in cima a quell'altissima montagna, che ritenevo impossibile da scalare, mi sentivo molto più libero, molto meglio. In poche parole quella segnava, non solo un enorme traguardo della mia vita ma anche, l'inizio di un nuovo capitolo, un capitolo che come titolo avrà "Austin", perché voglio solo lui nel mio futuro.

Il corpo di Jackson era lì, steso con la faccia verso il terreno, illuminato solo dalla luce del falò che si stava spegnendo e dal chiaro di Luna.

"Direi che è meglio se smontiamo tutto e ce ne andiamo, non è più sicuro qua" Dissi, facendo segno alla tenda; lui annuii e così togliemmo tutta la nostra roba.

Stavamo per andarcene quando, per scrupolo, presi la pistola e la nascosi dentro lo zaino. Non si poteva mai sapere. Prima di metterla dentro, la guardai bene: era una semiautomatica con il silenziatore. Voleva non solo uccidere il mio ragazzo, ma anche farlo in silenzio.

"Ok, ora possiamo andare. Non ti preoccupare Austin, ha avuto quello che si merita. Spero non torni più" Dissi guardandolo negli occhi, i suoi bellissimi occhi, ora più tranquilli, che riflettevano il mare dormiente.

Lasciai alle mie spalle il mio passato; stavolta letteralmente. Ne ero contento; finalmente non ci avrebbe più dato fastidio e avrei potuto costruire un futuro con l'unica persona che volevo.

Mi prese per mano e, nel silenzio di una fredda notte di Ottobre, mi disse "Ti amo Ale. Ti amo alla follia".

Quella notteWhere stories live. Discover now