8. Il diario

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Questa non me la sarei mai aspettata: lui, che palesemente ci provava con me, aveva una ragazza. Non sapevo se ridere o piangere; per tutto questo tempo ho pensato che tra noi due ci potesse essere qualcosa, invece no, perché era già occupato. Certo, con una bellissima ragazza, ma non potevo crederci.

Lei, dopo aver dato baci e abbracci al suo ragazzo, mi notò e si presentò:

"Piacere, sono Martina, la fidanzata" Esclamò, mettendosi sul volto un sorriso falso. "Tu sei?" Mi chiese.

"Sono Alessandro, un suo amico" Risposi, facendo una piccola pausa sull'ultima parola. Avrei voluto diventare di più per Austin, ma mi divenne impossibile con lei di mezzo.

"Sono contenta che tu stia bene, piccolino mio" Disse girandosi di nuovo verso il suo amato; mi venne un po' di rabbia a vederli così: avrei dovuto esserci io al suo posto. Dato che ero il terzo incomodo decisi di togliere il disturbo e lasciarli in pace.

"Devi proprio andartene?" Mi chiese lui.

"Sì. Mi sono ricordato di avere un impegno" Risposi con tono un po' triste.

"Se vuoi puoi tornare domani" Aggiunse con il suo splendido sorriso.

"Sì, certo, ma è meglio forse se stai con la tua ragazza".

"Io purtroppo sto qua in città solo per oggi; domani ho un'altra sfilata all'estero e non posso proprio restare" Esclamò Martina; forse è per questo motivo che non me ne aveva parlato: lei non c'era praticamente mai.

"Va bene, allora vi lascio godere ogni secondo rimanente che avete. Ci vediamo" E mi chiusi la porta alle spalle. Non avevo più guardato Austin in faccia, ma sapevo che ora aveva un'espressione infelice: lo percepivo; e anche a me venne. Come potevo essere di buon umore sapendo che mi aveva nascosto un segreto così grande e importante?. Cercai lo stesso di non pensarci troppo perché avevo una cosa molto più rilevante da fare: scoprire se era stato effettivamente Jackson a ridurre in quel modo il mio amico.

Arrivai in fretta e furia a casa, sperando non ci fosse nessuno in casa: e così fu. C'era un bigliettino attaccato al frigorifero che diceva: "Io e Jack siamo andati in centro a fare un po' di spesa, ci vediamo più tardi" Firmato Mary. Divenne, perciò, la situazione perfetta per controllare tra le sue cose e scoprire la verità (da lui ci si poteva aspettare di tutto). Andai in camera sua e cercai attentamente tra i suoi quaderni, sul suo computer, armadio, libreria ma niente di niente; stavo iniziando a pensare che fosse solo una bizzarra coincidenza quando, sfinito, decisi di stendermi sul suo letto e sentii una specie di rumore cartaceo, sotto il cuscino. Quindi lo alzai. Mi sarei aspettato di trovare un quaderno, un foglio ma non trovai niente; ero sicuro di aver sentito una specie di taccuino o block notes. Allora non mi arresi e controllai nella federa, tra le lenzuola senza successo; poi, mi venne in mente che poteva averlo nascosto sotto il materasso e così fu. Presi il quadernino, lo aprii e lessi qualche pagina: era un diario personale. So che non è etico sfogliare gli affari altrui, ma qui si tratta di qualcosa di molto importante: sapere se il mio migliore amico (e, sperando, futuro ragazzo) era stato menato dal mio ex.

Rimasi scioccato a dir poco da quello che c'era scritto su quelle pagine:

"Sono sempre innamorato di Alessandro, ma lui non lo vuole capire; non capisce ciò che sta perdendo. Preferisce passare il tempo e divertirsi con mia sorella, anzi, la sua nuova ragazza".

"Oggi è mancata mia sorella, Jessica, e lui è venuto a dormire con me: mi vuole provocare o mi vuole ancora?".

"Ho scoperto da poco che Ale ha conosciuto un ragazzo: il cameriere biondo del Central Cafe".

"Sta nascendo qualcosa tra di loro, non posso fare in modo che accada o perderò per sempre l'amore della mia vita".

"Oggi ho minacciato, anche con gesti poco gentili, questo 'Austin' di cui il mio ex (ma futuro) ragazzo è innamorato".

Leggendo, specialmente quest'ultima frase, mi vennero freddi brividi lungo tutto il corpo. Ero senza parole: ora avevo le prove sufficienti per accusare Jackson. Non fui neanche troppo stupito dato che aveva fatto più o meno la stessa cosa a me, oltretutto quando stavamo ancora assieme. Avrei tanto voluto chiamare Austin e dirgli che avevo ragione, che giustizia sarebbe stata fatta, ma non potevo per due motivi: non aveva un telefono e c'era la sua ragazza.

Decisi così di andare dalla polizia per denunciarlo o, almeno, fargli pagare per le sue azioni. Mentre mi dirigevo verso la stazione, sentivo il caldo sole del mezzogiorno che abbrustoliva la mia pelle e l'aria afosa che mi scompigliava i capelli. Ero un po' teso di questa macabra realtà, ma era giusto così: se qualcosa non va nella tua vita, bisogna subito correggerlo o toglierlo direttamente. Con il suo diario in mano, camminavo tra l'impegnata folla che probabilmente non si stava neanche chiedendo perché un ragazzo andasse in giro con un libretto rovinato tra le mani. Pensavo che sarebbe andato tutto secondo i miei piani, invece questi furono proprio sconvolti da Jackson in persona, che si ritrovò 'casualmente', sul mio stesso tragitto.

"Ciao Ale, che ci fai qui?" Mi chiese, fermandosi di fronte a me.

"Ehm, nulla: un giro" Cercai di nascondere il quaderno dietro la schiena ma lui lo notò.

"Che nascondi lì dietro?". Provai a depistarlo con qualche strana storia inventata, ma non bastò, e così mi prese il braccio mostrando a pieno quello che celavo. "Come mai hai il mio diario?" Fece, prendendolo bruscamente dalla mia mano; "Non dirmi che lo hai letto" Aggiunse, stavolta cambiando il suo tono, in rabbia.

"No, infatti l'avevi lasciato sul tavolo e te lo stavo riportando ..." Non dissi neanche tutta la frase che fui interrotto:

"Oh, non avresti dovuto. Io lo so che lo hai sfogliato, ma hai fatto un grande errore. Io te l'ho sempre detto che ti amavo e avrei fatto di tutto per averti solo per me".

"Sì, ma hai superato il limite. Devo andare a dirlo a qualcuno più competente di me".

La sua voce divenne come quella del diavolo: urlava forte. Mi faceva paura; mi sembrava di ritornare a quella sera.

"Tu non vai da nessuna parte. Io ti amo, ma non posso permetterti di fare una cosa simile" Esclamò, attirando l'attenzione di alcuni passanti vicino a noi.

"Invece devo farlo Jack, lasciami andare; imparerai così le conseguenze delle tue azioni, maniaco". A quanto pare quell'ultima parola lo colpì nel profondo, facendogli molto dolore emotivo e l'unica 'arma' che aveva per difendersi da questo tipo di male, era la violenza fisica.

"Hai sbagliato Ale" Disse prima di tirarmi un pugno in faccia così forte da farmi cadere a terra e perdere i sensi.

Quella notteWhere stories live. Discover now