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Harry Styles.

Sfioravo il foglio con le dita e sentivo i solchi nei punti in cui aveva premuto la penna così forte sulla carta da rischiare di bucarla

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Sfioravo il foglio con le dita e sentivo i solchi nei punti in cui aveva premuto la penna così forte sulla carta da rischiare di bucarla. Me lo immaginavo scarabocchiare furioso con la sua grafia disordinata, barrare righe su righe quando non trovava le parole giuste, o addirittura spezzare la penna in due nella mano troppo grossa, cosa che spiegava le macchie d'inchiostro di cui era cosparsa la pagina.

Immaginavo le sue sopracciglia aggrottate per la frustrazione, la fronte corrugata. Se gli fossi stato accanto, forse mi sarei messo a ridere.

Non farti scoppiare la testa, Ezra, gli avrei detto. Di' le cose come stanno.

Anche in quel momento avevo voglia di ridere, rileggendo le parole che già sapevo a memoria.

La sua risposta al mio biglietto implorante - consegnato grazie a Des e poi a Hall, proprio come alle elementari - non mi sorprendeva

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La sua risposta al mio biglietto implorante - consegnato grazie a Des e poi a Hall, proprio come alle elementari - non mi sorprendeva. Ne avevo intuito il senso ancora prima di aprire la busta.

A sorprendermi era il dolore che mi provocava ogni riga cancellata, come se le lettere avessero il profilo di lame affilate. E ancora, dietro ogni incipit furioso incombeva un abisso di sofferenza: sentivo le ferite di Ezra bruciare più delle mie.

Mentre meditavo, dalla cucina giunse l'odore inconfondibile di qualcosa che cuoceva. In un'altra casa, il fatto che qualcuno stesse cucinando al mio posto non sarebbe stato fonte di panico.

Infilai il foglio stropicciato nella tasca posteriore e scesi le scale con un balzo. Aprii lo sportello del microonde mentre il vasetto di sugo che Des vi aveva infilato terminava il suo primo giro.

«Dove ho sbagliato?», chiese Des.

«Prima devi togliere il coperchio. Il metallo non va nel microonde, e poi papà sarebbe meglio scaldarlo sui fornelli con un po' d'aglio ed olio». ridacchiai, mentre parlavo aprii il vasetto, versai metà del suo contenuto in una ciotola che infilai nel microonde e riposi il vasetto nel frigo; regolai il timer e lo feci partire.

Mentre mi davo da fare, Des assisteva dubbioso. «Almeno gli spaghetti vanno bene?».

Osservai la pentola sul fornello, la fonte dell'odore che mi aveva messo in guardia. «Ogni tanto va mescolata», dissi a mezza voce. Trovai un cucchiaio e cercai di scomporre la poltiglia compatta che ribolliva sul fondo. Des sospirò.

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