1. L'incidente

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E' successo tutto in poco tempo; rimane quell'alone di mistero che rende l'accaduto così surreale ai miei occhi. Cercavo di dare inutili spiegazioni, nella mia mente, a ciò che avevo appena visto ma nessuna mi convinceva a pieno. Ero seduto su una panchina a bordo della strada principale della città ma non riuscivo a vedere nulla dato che avevo gli occhi ricoperti dalle mie lacrime, che continuavano a sgorgare come una sorgente. Sentii una goccia solcarmi il viso e far come a gara con un'altra, scesa in precedenza, che mi fecero venire freddi brividi, anche se era una serata di metà Luglio. Quando mi asciugavo il pianto, era solo un'attimo e poi vedevo di nuovo tutto sfocato: le luci dei lampioni, le case, le persone che si erano fermate, con un viso più pallido di un lenzuolo e un'espressione di sorpresa quanto di tristezza; provavo a fermarmi, ma più lo facevo, più forte ritornava. Era un dolore che non vorrei sottoporre neanche al mio peggior nemico. Stavo chinato sulle mie ginocchia, con le mani sulla faccia per coprire il mio pianto, anche se non serviva letteralmente a niente, e cercavo di non far caso a tutta la gente (formatasi attorno al luogo dell'incidente) che stava borbottando strane e fantasiose teorie su come possa essere successa una cosa simile; l'unica persona che mi faceva stare 'meglio', era Jackson: il mio migliore amico. Mi abbracciava da dietro poggiando la sua testa sulla mia e mi ripeteva frasi rassicuranti, come quelle prese da internet, tipo 'andrà tutto bene', 'stai tranquillo', 'ci sono io' e cose di questo tipo; ma non sapeva (e non volevo sicuramente dirglielo) che, apprezzavo quello che stava facendo, ma non stava avendo un reale e utile scopo. Nessuno può, con frasi o piccoli gesti (anche se teneri), colmare il vuoto lasciato da una persona che contava più di qualsiasi altra cosa. Erano circa le 22.10 quando è successo e, già pochi minuti dopo si sentirono arrivare le sirene della volante della polizia che sovrastavano il forte e odioso vociare di persone. Le luci del luogo passarono da un giallino sbiadito, contrastato da colori sgargianti di alcune insegne di bar e pub, a un blu-rosso alternato, come le luci intermittenti di un albero di Natale. Scesero dalla vettura una donna sulla quarantina, capelli ricci, più o meno lunghi, castani, alta nella media e un pochino robusta; occhiali alla 'Top gun' e un fare da superiore. Dal posto del passeggero uscì, invece, un uomo magrolino, alto, con capelli corti neri e dei baffi grigi.

Alzai lo sguardo per vedere meglio la situazione: l'uomo prese dal bagagliaio il tipico nastro nero-giallo e isolò la zona dalla curiosa folla, che crebbe nel frattempo; la poliziotta ci venne in contro e si chinò di fronte a noi due per parlarci. Si tolse gli occhiali e ci guardò dritto negli occhi chiedendo se stessimo bene: io e Jack annuimmo; fisicamente, eravamo a posto, mentalmente, distrutti.

"Allora ragazzi, so che è difficile questo momento per voi ma, sapete descrivermi ciò che avete visto?" Disse. Io provai a parlare ma uscirono solo borbottii dalla mia bocca: non avevo veramente parole per comunicare ciò che era accaduto; al mio contrario, il mio migliore amico sembrava abbastanza tranquillo e perciò espose la vicenda a conto di entrambi. Mentre lei parlava, notai arrivare anche i soccorsi, come se servissero a qualcosa. Oramai era troppo tardi.

"Stavamo camminando tranquillamente su questo marciapiede" E indicò, distendendo tutto il braccio, la via da dove eravamo arrivati "Avevamo bevuto forse un pochino troppo ..." Jackson fece una pausa perché iniziò a singhiozzare e forse anche a piangere "Un'attimo prima lei era qui, accanto ad Ale, e il secondo dopo ..." E qua crollò: le sue parole furono coperte completamente da un pianto doloroso; in tanti anni che lo conoscevo, non l'avevo mai visto piangere in quel modo. Però, d'altronde, aveva appena perso sua sorella. La donna girò il capo verso di me e mi chiese se avevo altro da aggiungere; io feci segno di 'no' con la testa. Tanto cos'altro avrei potuto dire? La mia ragazza, non che sorella minore del mio migliore amico, era morta per colpa di un furgone; io però sono ancora lì a chiedermi se sia stata colpa mia o semplicemente uno scherzo del destino. Perché tanto si sa, il destino colpisce quando meno te lo aspetti e soprattutto dove ti fa più male; ero troppo felice per godermelo fino alla fine. Ora, l'unico modo che ho per far crescere quella piccola fiamma che si sta pian pianino spegnendo, è rivivere i momenti bellissimi passati con lei, presenti solo più in qualche foto della galleria e nei miei ricordi, che diventeranno sempre più vaghi, con il passare del tempo.

Quella notteWo Geschichten leben. Entdecke jetzt