11 - Crudelitas studiorum

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La veglia fu molto forzata, e l'atmosfera che si creò in quegli istanti divenne molto cupa. Non servì allo scopo proposto dal personale scolastico, ovvero quello di calmare le acque, ma rese anzi gli studenti ancora più irrequieti. Riuscì addirittura a far nascere dentro di loro un senso di probità necessario. Rabbia e vendetta tra le mani di adolescenti sono in grado di creare un miscuglio pericoloso. Fu addirittura sciocco immaginarsi che non sarebbe successo questo, che la conseguenza non sarebbe stata una presto pronta ribellione di massa dovuta all'ostinazione di volersi fare giustizia da soli.
Durò poco meno di trenta minuti, ma l'attesa sembrava quasi infinita. Nessuno sapeva come comportarsi, era evidente che ad Hogwarts non fosse mai successo nulla del genere, ed ora nessuno sapeva come reagire. Organizzare una veglia non fu un'idea sbagliata in quanto servì a cordogliare una ferita aperta, ma rese possibile l'inevitabile: il caos tra tutti i residenti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
E il caos fu proprio l'ingrediente necessario per gli eventi che susseguirono.
Cirene si diresse in Sala Grande con i suoi amici, e questa volta non provò nemmeno a chiamare a sé Caleb; sapeva già che non sarebbe servito a nulla. L'indomani si sarebbe fatta trovare nel cortile e allora gli avrebbe chiesto notizie sui suoi genitori e sulle intenzioni di Silente circa la loro delicata situazione. Avrebbe potuto aspettare un altro giorno anche per dirgli di smettere di investigare su quel misterioso Tom Riddle. Provava vergogna nel pensarci così tanto su. La infastidiva talmente tanto che la sua curiosità si era quasi trasformata in odio nei confronti di quel ragazzo di cui non sapeva assolutamente nulla.
Si sedette di fianco a Vera nel lungo tavolo di Grifondoro. Fu una cena piuttosto veloce e silenziosa, cosa strana perché proprio quella sera nessuno studente riusciva a mangiare in silenzio.
«Cosa succede tra te e Ben?» la domanda di Vera sorprese Cirene. La ragazza non sapeva cosa rispondere. Non sapeva che cosa "succedeva tra lei e Ben". Fino al quel momento aveva pensato che tutto stesse proseguendo normalmente, ma forse era stata fin troppo occupata a scervellarsi su uno sconosciuto per pensare ai suoi amici, un gran comportamento da stronza. Ben aveva lasciato il gruppo subito dopo la veglia dicendo di non avere fame. Cirene non ci fece caso più di tanto, ma dopo un po' si chiese se non fosse stata colpa sua. Qualche giorno prima aveva cercato di parlarle dei sentimenti che provava per lei, e lei lo aveva completamente ignorato, lasciandolo da solo in quel corridoio, scappando via. Da allora non si era nemmeno accorta del fatto che non solo l'amico non riuscisse nemmeno a sostenere il suo sguardo, ma che fosse addirittura diventato più silenzioso, cosa alquanto preoccupante per il loquace e carismatico Ben. Aveva passato così tanto tempo fra le nuvole da non rendersi nemmeno conto di star ferendo una delle persone più importanti della sua vita. Lui c'era sempre stato per lei, anche quando per lei non fu altro che un appiglio per non crollare nel buio, anche quando lo illuse non rendendosi conto della situazione. Lui c'era sempre stato per lei e lei non se ne era mai resa conto. Aveva ignorato il suo aiuto come con chiunque altro, solo perché voleva cavarsela da sola, solo perché credeva di non necessitare una mano. Da quella notte di agosto si era aggrappata a lui, e lo aveva lasciato solo quando invece era finalmente lui ad avere bisogno di lei, ma lei era fin troppo rotta per rendersene conto. Cirene non era una bella persona, era questo quello che pensava oramai di sé stessa. Era in grado di divorare qualunque anima le stesse vicina, risucchiandola dentro di sé allo scopo di risalire su, per poi restare sempre lì, nella sua fossa. E la cosa peggiore era che non se ne rendeva conto. Non si rendeva conto di essere tossica. Quando Cirene corrugò la fronte in risposta alla domanda di Vera, quest'ultima le si avvicinò: «Senti, non voglio immischiarmi tra voi due, ma credo proprio che dovresti parlarci al più presto» era sempre stato da lei essere protettiva nei confronti dei suoi amici. Aveva un'anima nobile, una cosa che purtroppo la gente non apprezza veramente. Alla gente interessa solo sciupare gli altri, non importa quanto buono tu sia, anche tu ti nutri di questo. Nel mondo, magico o babbano che sia, l'alimento principale degli esseri umani sono le anime di altri esseri umani.
«Bene, lo farò» e aveva davvero intenzione di farlo. Lo avrebbe fatto proprio al più presto. Sperava tanto infatti di trovarlo sveglio nella sala comune di Grifondoro dopo che avesse terminato quell'incontro di studio con Tom Riddle. A pensarci le venivano i brividi. Non sapeva spiegarsi il perché, si trattava solo di quei presentimenti che tanto avrebbe voluto scacciare via. Dopo aver terminato la cena scappò via, raggiungendo l'aula vuota che il compagno le aveva indicato. Era arrivata in anticipo, e non perché non vedeva l'ora di iniziare, ma perché non sarebbe riuscita a sopportare un altro minuto nella Sala Grande. Non ne sapeva precisamente il motivo, ma aveva bisogno di quiete, di allontanarsi per un po' dal mondo. Si sedette sulla cattedra, e inizio a dondolare i piedi avanti e indietro, fissando il grande lampadario di cristallo sospeso sul soffitto. Gocce di cristallo, tanto delicate quanto belle. Sembrava quasi che avessero un potere incantante. Ma non era così, semplicemente erano i suoi occhi a cercare un appiglio, un punto da fissare per estraniarsi dal resto del mondo.
Anche Tom Riddle arrivò in anticipo, ma non quanto lei. Mancavano pochi minuti alle nove in punto, e lui si presentò.
«Non mi aspettavo di trovarti già qui» lasciò cadere un libro sgualcito che teneva tra le mani sulla cattedra, proprio di fianco a dove era seduta la giovane Cirene. Lei sussultò quando involontariamente la sua mando le sfiorò la gamba scoperta dalla gonna.
«Iniziamo?» scese dal tavolo e rimase in piedi a guardare il giovane. Era più alto di lei, ma non esageratamente.
«Quando sei pronta» teneva le mani nelle tasche dei pantaloni. Aveva una postura contemporaneamente composta e rilassata: schiena dritta, bacino leggermente inclinato in avanti. Il suo solito sguardo altezzoso si scontrava con quello freddo di Cirene. La stava scrutando da capo a piedi con quei suoi due occhi gelidi, serpenteschi. Non indossava la solita camicia bianca della divisa scolastica, ma una camicia nera, trasandata. La cravatta verde era sempre lì presente, ma era sciolta e cadeva appesa al suo collo.
«Prima iniziamo, prima finiamo» accennò un sorriso educato e si mise a frugare nella sua borsa. Uscì fuori il libro di Difesa Contro le Arti Oscure, una pergamena e la piuma con l'inchiostro.
«Cosa stai facendo?» la sua fu più una domanda beffeggiante, con l'intento di deriderla. La giovane lo guardò quasi basita, infastidita. «Ti ho detto che lavoreremo a modo mio» la punteggiò, avvicinandosi a lei. Le strinse un polso, allontanandola dal libro.
«Bene, allora illustrami come dobbiamo lavorare» rispose seccata, strattonandolo per liberarsi dalla presa. Lui la lasciò subito, non dandole neppure il tempo rendersene conto, e si pose di fronte a lei, guardandola con un sorriso beffardo stampato sulle labbra. Alzò la bacchetta in alto, e senza aprire bocca attirò dentro di questa tutte le luci, lasciando la stanza completamente al buio. Accese invece due candele, che sistemò alle estremità del tavolo. Invitò Cirene a sedersi, facendole segno con la mano. Lei lo guardò confusa, ma dopo un attimo di esitazione decise di dargli ascolto, e si sedette nel lato destro della scrivania, cedendo a lui il posto a sinistra.
«Quale miglior modo per studiare se non quello di esercitarsi con la magia?» accarezzava la sia bacchetta con le dita, rigirandola tra le sue mani.
«Non possiamo fare questo genere di magie» una parte di lei era però incuriosita. Le piaceva il proibito, dopotutto, chi è che non ama quel brivido? «Non ho mai fatto un incantesimo del genere» ammise. Era più un modo per capire di che cosa era capace lui. Se avesse in qualche modo accennato al fatto di aver eseguito altre volte quell'incantesimo oscuro le cose si sarebbero fatte più chiare, sempre curiose, ma più nitide. Lui ghignò, aveva forse capito dove stava andando a parare.
«Impareremo così, no?» sentiva il suo sguardo tagliente ridurla in brandelli. «impareremo insieme» sorrise amaramente.
«Allora perché hai spostato il mio libro? Come vuoi imparare un incantesimo del genere senza studiarlo da un libro?» incrociò le braccia al petto, guardandolo cinicamente.
«Ho i miei metodi» alzò la bacchetta, puntandola verso di lei.
«No!» Cirene si alzò di scatto, cercando di spostarsi dal raggio di azione.
Non voleva che le entrasse nella testa, non proprio ora. "Studiare" un incantesimo non significava eseguirlo al primo tentativo su una persona, specialmente un incantesimo di tale difficoltà. Non riusciva a capire per quale motivo stesse facendo una cosa del genere, una cosa così meschina. Si scansò, ma la colpì comunque. Una strana sensazione la invase. Caldo, un caldo gelido, poi vuoto. Non provava nulla. Si ritrovava a navigare in un mare di ricordi con la tempesta alla porte.

Before you go / Tom Riddle Where stories live. Discover now