3 - Cirene

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Dopo la loro breve conversazione Cirene e Ben si diressero nella Sala Grande, dove il resto dei loro amici li stava attendendo. Nessuno di loro prestava mai attenzione al regolamento che indicava che ogni studente dovesse sedere al tavolo della propria casa, e per loro fortuna succedeva di rado che un prefetto li richiamasse per questo dato che sia Danny che Vera erano prefetti. Quella sera a cena sedettero tutti al tavolo dei Grifondoro, ed era veramente comico il fatto che nessuno trovasse niente di strano nel fatto che due Trassofrasso e un Serpeverde si trovassero seduti proprio lì, ad attendere che i due amici appartenenti alla casa del tavolo in cui sedevano arrivassero. Per Danny e Vera non era assolutamente un problema, in quanto erano molto popolari per via del Quidditch ed amati da molta gente, un po' diverso era per Caleb, il quale era sempre stato un ragazzo un po' riservato, legato solo a poche persone.
Cirene e Ben raggiunsero i loro amici in silenzio, sedendosi l'uno di fronte all'altra, evidentemente in imbarazzo; Ben di fianco a Vera e Cirene di fianco a Caleb. Quest'ultimo le sorrise vedendola sedersi lì vicino, sentendosi di gran lunga rasserenato. I ragazzi iniziarono subito a chiacchierare. Ben chiedeva a Danny della prossima partita di Quidditch, Vera ammetteva di essere rimasta contenta delle prove del nuovo battitore, Caleb si inseriva di tanto in tanto nel discorso, più silenzioso del solito, intento a rigirare il cibo nel suo piatto. Cirene lo guardò con la coda dell'occhio mentre mangiava, pensando a quando sarebbe stato più opportuno prenderlo in disparte per chiedergli che cosa c'era che non andava.
«E allora io e Cristy Benson Jr. abbiamo affiancato quella vipera di Damilda Clarcson in modo che Danny potesse rubarle la pluffa nel momento in cui ha cercato di segnare, è stato talmente epico che lo ricordo come se fosse ieri!» disse orgogliosa Vera, fingendo di asciugarsi una lacrima con il polpastrello. «Non vedo l'ora che ci sia la prima partita, sono sicura che quest'anno vinceremo la coppa» sorrise, addentando un morso alla sua porzione di torta alle mele.
«Danny, Vera...» Cirene parlò quasi senza rendersene conto, «chi sono i prefetti quest'anno?» sembrò quasi che le parole presero forma da sole, uscendo dalla sua bocca per venire pronunciate ancora prima di venire formulate nella sua mente. Ben la guardò per un istante, abbassando il viso, offeso. Vera corrugò per un attimo la fronte, e poi guardò Danny, che aveva appena iniziato a mangiare la sua seconda portata di torta al cioccolato.
«Io e Vera per Tassofrasso,» addentò un altro pezzo di torta «Ronnie Pimburee e quella biondina di cui non ricordo il nome che faceva le fila a Ben» lo indicò con un dito, spargendo molliche e gocce di cioccolato sulla veste di Vera, che imprecò arrabbiata. Ben arrossì violentemente, rifiutandosi di guardare in faccia Cirene.
«Clementine Harris» disse Ben, mantenendo lo sguardo fisso su un punto vuoto oltre la spalla dell'amico.
«Beh si quella là, loro due per Corvonero, poi mmh... Ah si, Luna Bennet e Tyler Minus per Grifondoro»
«E Serpeverde?» chiese di fretta Cirene quando Danny si fermò per bere.
«Anitta Benson Jr. e Tom Riddle, perché?» intervenne Vera. Cirene quasi sussultò all'udire quel nome. Era come se il suo stesso nome fosse impregnato di quell'onda di gelo che emanavano i suoi occhi scuri. Era certa che si trattasse di lui, e una parte di sé in quell'esatto momento le diceva che conosceva già quel nome, e il motivo era proprio che aveva già sentito parlare di quel ragazzo, anche se non ricordava né come né quando. Un'altra parte di lei le diceva di stare in guardia, che quella sua troppa curiosità non portava bene, mentre un'altra parte ancora le diceva che la sua testa stava iniziando ad avere qualche problema, tanto da torturarla su qualcuno di cui non le era mai importato prima di quel momento.
«Come fai a conoscere i nomi di quelli di Serpeverde? Non parlano mai alle riunioni» le chiese Danny. Vera gli lanciò uno sguardo fulminante. «Non ho detto niente di male!» rise lui in risposta. Dopodiché fece silenzio, prestando attenzione alla conversazione tra le due ragazze, comprendendo che non era il caso interferire, perché molto probabilmente ne avrebbe poi dovuto vedere le conseguenze con Vera.
«Allora Cirene, perché volevi sapere i nomi dei prefetti? E non dirmi che era semplicemente pura curiosità» le disse puntandole il dito contro. Ma era come se Cirene fosse finita in trance, e solo ora che si ritrovava il dito dell'amica a un centimetro dal suo naso si ritrovava catapultata nella realtà al di fuori dei suoi pensieri. Questi si sparsero nella sua testa, finendo nascosti come se mai fossero esistiti.
«Tom riddle?» chiese, quasi sussurrando.
«Che c'è, ti sei presa una cotta per quello lì?» Ben la fissò tenendo le braccia incrociate al petto. Era tornato del suo colorito naturale, forse leggermente più roseo del solito sulle guance, visibilmente irritato.
«Cosa?» chiese Caleb, che fino al momento lì era sembrato assente.
«Mi ero accorto che non era pura curiosità quando me lo hai chiesto su alla Torre di Grifondoro»
«Forse stai esagerando, non credi di essere geloso?» Caleb intervenne in difesa di Cirene. Ultimamente tollerava veramente poco l'amico, e si poteva dire che il sentimento fosse reciproco.
«Forse non dovresti immischiarti» rispose lui, senza distogliere lo sguardo da lei. Si sentiva accusata per non aver fatto proprio niente.
«Ah beh, effettivamente è carino, ma non pensi che sia un po' inquietante? Sta sempre solo e poi boh, ha un non so che di macabro» Vera intervenne, come se non avesse minimammo sentito le frecciatine di Ben e Caleb. Alzò le spalle quando Danny la scrutò offeso
«Carino quello lì? Non vorrei sembrare narcisista, ma se quel tipo lì secondo te è carino allora io...»
«No-no-no, a me non piace proprio nessuno»Cirene quasi perse la pazienza, battendo le mani sul tavolo. Perché dovevano parlare come se lei non fosse presente? Come se non fosse in grado di parlare per sé? Perché dovevano giungere sempre a conclusioni affrettate? Non era sua intenzione reagire così, non se lo aspettava, e probabilmente neanche il resto degli studenti seduti vicino a loro, che si girarono incuriositi a guardare. Vedere la ragazza calma andare fuori di testa era certamente uno spettacolo curioso. Perciò era vero, stava uscendo fuori di testa, no..?
«Non è necessario che te la prendi se non è vero» la pizzicò Vera. «Però potresti spiegarci il perché di questa tua curiosità»
«Solo se te la senti però» le sorrise Caleb, stringendole la mano per ricambiare la solidarietà di quella mattina. Ora era quasi certa che avrebbe dovuto parlarne direttamente con lui, invece che di perdere tempo a chiedere agli altri tre. Lui avrebbe capito, avrebbe capito e le avrebbe potuto spiegare perché si stava preoccupando tanto di non aver mai notato quel ragazzo solitario. Le avrebbe spiegato tutto, e magari finalmente sarebbe stata in grado di parlarne, e anche lui, di qualunque cosa avesse bisogno di parlare.
«Ero semplicemente curiosa di sapere chi fosse, tutto qui» disse lei, guardandoli frettolosamente ad uno ad uno, soffermandosi a guardare Vera «ma evidentemente ho sbagliato a chiedervi» fece per alzarsi ed andare via, quando l'amica si alzò a sua volta, irritata.
«Oh certo, non chiederci più niente la prossima volta allora! Sei così irascibile, ma cosa ti prende? Ultimamente non parli mai e te la prendi per qualsiasi cosa. Io ci ho provato a far finta di niente, ad aspettare che ti passasse questo periodo, ma stai diventando insopportabile, è come se non ci fossi più»
«Bene» questa volta si voltò per davvero ed andò via. Sentì uno sguardo pungente sulla sua schiena, ma lo evitò, voltando l'angolo una volta fuori dalla Sala Grande. Era vero, lo sapeva bene anche lei che era dall'inizio dell'anno che era diventata più silenziosa del solito, più attenta ai dettagli, più suscettibile. Sapeva bene anche il perché di questo suo cambiamento, a differenza dei suoi amici. Non era stata in grado di parlargliene. L'unica cosa che aveva fatto era stata scrivere una lettera a Caleb, senza mai spedirla. Ha tenuto quella lettera piegata dentro il baule per la scuola da agosto. Non è riuscita a rileggerla nemmeno una volta, né a parlarne, l'unica cosa che era stata in grado di fare, seppur con difficoltà, era stato scrivere quelle parole che tanto odiava pronunciare su quella pergamena.
Alla fine il dolore si attenua, si è sempre detta, alla fine ci fortifica, sparisce dietro ad emozioni più grandi e più potenti. Però nel mentre ci cambia, ci rende forse più partecipi ad un mondo che non riconosciamo più come il nostro, ci rende estranei fuori dal nostro corpo. Ci rende spettatori attenti ad ogni cosa che prima di allora era andata sfuggita. Forse era proprio per quello che quel Tom Riddle la incuriosiva. Era uno dei dettagli che non aveva mai notato quando si sentiva ancora padrona del mondo.

Aveva camminato fino al cortile della torre dell'orologio. Da lì il cielo era veramente bello. Le stelle illuminavano le mura della scuola come nessuna luce artificiale era in grado di fare, eppure da lì la luna non era visibile. Non faceva nemmeno freddo, sembrava quasi come una sera d'estate, nemmeno un filo di vento scuoteva il suo mantello da viaggio e i suoi capelli. Si sedette sopra il muretto che circondava la grande fontana posta al centro del cortile, stanca. Guardò verso l'alto, in direzione del grande orologio del terzo piano; mancavano pochi minuti alla mezzanotte. Non si era resa conto che si era fatto così tardi. Da quando aveva lasciato la Sala Grande dopo cena aveva passato la maggior parte del tempo a passeggiare lungo il corridoio immersa nei suoi pensieri, alla ricerca di un modo per restare a galla, per non finire sotto una cascata che le avrebbe reso impossibile risalire in superficie. Ora che si era tranquillizzata si sentiva veramente in colpa per il suo comportamento con i suoi amici, e non solo per quello di quella sera. Avrebbe dovuto loro una spiegazione, ma non era ancora pronta ad aprirsi con qualcuno dopo quello che era successo quella notte d'agosto. Si chiese addirittura se loro già non lo sapessero, se non lo avessero sospettato e aspettassero che fosse lei a parlarne. Se fosse stato così avrebbe preferito di gran lunga che fossero loro a dirglielo, perché lei non era ancora pronta, ed era quasi sicura che non lo sarebbe stata per ancora molto tempo. Sospirò. Avrebbe tanto desiderato rimanere lì un altro po'. Ultimamente amava stare sola, in silenzio, dove nessuno le faceva notare di essere cambiata, di essere diversa. Lo sapeva bene di essere diversa, ma ormai era così, e non avrebbe avuto senso rimuginare sul passato. Lei si era accettata, perché i suoi amici non erano in grado di farlo?
Avrebbe veramente desiderato rimanere lì tutta la notte. Si sentiva rilassata come non mai, sola insieme alle stelle ad ascoltare il silenzio. Forse, non sarebbe stato un problema, forse il custode non l'avrebbe infastidita. Infondo stava solo respirando un po' di aria fresca, non era nemmeno fuori dal confine del castello. Sbuffò, socchiudendo gli occhi.
Mille cose le passarono per la testa, forse stava impazzendo anche lei, forse quello era solo l'inizio. Forse alla fine sarebbe successo, una semplice mezzosangue senza alcun valore, trovata morta nel cortile della torre dell'orologio di Hogwarts, proprio in quel preciso momento. Perché no? Lei non temeva la morte. No, non temeva più nulla ormai, forse non le sarebbe nemmeno dispiaciuto andarsene.
«Non dovresti essere qui» una voce calma, quasi priva di tono. Cirene aprì gli occhi, alzandosi in piedi. Dei passi molto leggeri, quasi impossibili da udire le si avvicinarono. Si voltò.
«Neanche tu» disse lei. Sotto la luce delle stelle il volto di Tom Riddle era ancora più pallido, e si intravedevano delle occhiaie lievi sotto i suoi occhi scuri, illuminati dalla luce.
«Io sono un prefetto» la sua voce calma risuonò forte quasi quanto il suono delle campane che segnavano lo scattare della mezzanotte. La giovane raddrizzò le spalle, mantenendo il contatto visivo.
«Allora mi punirai?» Cirene si chiese se arrossì al pronunciare quelle parole, perché giurò di vedere un piccolo ghigno segnare le labbra del ragazzo. Ancora una volta le sembrò che la sua bocca fosse un passo avanti al suo cervello, in quanto era sicura di non aver pensato di dire una cosa del genere. Normalmente sarebbe ricorsa al fatto che due suoi amici erano prefetti, ma effettivamente non era più "normale" come una volta. Ormai la sua cognizione di normale era cambiata, anche a sua insaputa. Forse era anche meglio così.
«Purtroppo non posso far altro che toglierti dei punti» disse, tornando impassibile. Forse si era solo immaginata di averlo visto sorridere.
«Immagino sia un peccato» gli occhi di lei non distolsero neanche per un istante quelli di lui. Ghiaccio e vento gelido, era difficile capire chi dei due emettesse meno calore rispetto all'altro.
«Non necessariamente» le si avvicinò lentamente, guardandola dall'alto al basso. Lei non sembrò notare lo sguardo di dura presunzione di lui, continuando a guardarlo impassibile, alzando leggermente il volto per via della differenza di altezza tra i due. Fu quando sentì il suo respiro soffiare sulle sue guance che si rese conto della loro vicinanza. Sussultò lievemente quando il gelo dei suoi occhi sembrò trasformarsi in pura fuoco ardente. Durò poco meno di un minuto, perché lui si ritrasse subito, come schifato. «Dovresti tornare al tuo dormitorio» le disse, girandosi ed andando via. Il cuore di Cirene batteva all'impazzata, ed in quel preciso momento si chiese cosa fosse successo. La giovane lo guardò andar via e si chiese se tutto quello non fosse altro che un trucco per attirare la sua attenzione.

Before you go / Tom Riddle Where stories live. Discover now