8 - Tom Riddle

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Tom Marvolo Riddle era da sempre stato un ragazzo diverso. Lo aveva saputo sin da piccolo, da quel momento in cui aveva visto la sofferenza riflessa negli occhi di un altro bambino quando aveva rotto l'osso del collo del suo coniglio. Già da allora aveva capito di essere speciale, non comune. Aveva trovato una strana passione nel torturare animali. Lo incuriosiva molto vedere cosa succedeva una volta martoriati i loro corpi, che cosa ne fosse di loro una volta inermi. Per chi lo guardava dall'esterno, come le suore del suo orfanotrofio, lui non era altro che problematico, strano, addirittura crudele. Ma lui non si definiva tale. Era incompreso agli occhi di chiunque, e lui non ne capiva il motivo.
Si giudica strano tutto quello che non si conosce, lo si esclude per paura del diverso.
«Un piccolo figlioletto del diavolo» così lo avevano definito le suore. Gli altri bambini erano terrorizzati da lui, e non perché fosse realmente il figlio del diavolo. Era un bambino prodigio, ma come tutti gli altri bambini aveva bisogno anche lui di amore, quell'amore che nessuno gli aveva mai insegnato. Non ne sapeva molto di emozioni, per questo era cresciuta dentro di lui un'apatia senza eguali per un bambino della sua età. Lui ci provava, ci provava a dare e a ricevere affetto, ma non era in grado di farlo, e più provava più veniva respinto.
«Tu non meriti amore, mettitelo in testa che nessuno ti vorrà mai bene così maledetto come sei!» quella suora morì pochi giorni dopo attaccata da un serpente. Una morte curiosa ed inspiegabile, che per molte altre suore fu un presagio di male. Da allora l'odio e la paura verso di lui da parte degli addetti all'orfanotrofio e degli altri bambini aumentarono, e lui si ritrovò nuovamente solo con sé stesso. Fu abbandonato una sola volta, ma da allora era sorta con lui una specie di maledizione che spingeva chiunque ad abbandonarlo sempre. Non aveva provato nulla nel sentire quelle parole, né nel vedere una persona morire. Era nato insieme alla morte di sua madre e disprezzato da chiunque potesse essere stato più vicino a quella figura per lui, non c'era da stupirsi che non sentisse niente. Fu per questo che iniziò a provare un certo interesse verso le emozioni, voleva capire se erano tutte lì, se erano tutte uguali tra loro. Era curioso, lo incuriosivano molto le sensazioni e le emozioni umane che gli altri erano in grado di provare. A sei anni aveva legato un bambino con i lacci delle scarpe e gli aveva inflitto un taglio poco profondo sul braccio. Aveva visto il bambino piangere di dolore, terrorizzato alla vista del sangue. Quella reazione lo aveva incuriosito moltissimo. Il dolore doveva essere una bella cosa, pensava, ma allo stesso modo brutta, perciò gli veniva difficile definirla in qualche modo. La sua curiosità lo aveva spinto a fare lo stesso sulla sua pelle. Aveva afferrato un pezzo di vetro e lo aveva pressato forte sul palmo della sua mano, finché il sangue non gocciolava sul pavimento. Fu strano, perché lui non reagì allo stesso modo di quel bambino. Lui non pianse, e quella sensazione era strana, indescrivibile. Da quel giorno la sua curiosità circa quella bizzarra sensazione era aumentata tanto da spingerlo a testare varie piccole torture sul resto dei suoi compagnetti dell'orfanotrofio, per poi testarle su se stesso. Le reazioni dei bambini erano tutte uguali, piangevano ed urlavano tutti, ma quando lui ripeteva le stesse pratiche sul suo stesso corpo non piangeva e non urlava. Ancora non riusciva a capire come definire quella sensazione, se piacevole o no. Aveva difficoltà nel distinguere il bene dal male. Non riusciva a capire per quale motivo loro reagissero in quel modo e per quale motivo la violenza fosse vista così male dalle suore dell'edificio, e l'unica spiegazione era che lui era speciale. Lui non provava dolore, era diverso dagli altri. Qualche anno più tardi aveva provato a studiare un'altra emozione: la paura. Aveva constatato che era la paura a rendere vive le altre emozioni. Senza di questa tutto cambiava, assumeva differenti sfumature. A dieci anni aveva iniziato a studiarne gli effetti perseguitando gli altri orfanelli. Ancora una volta aveva capito di essere diverso. Lui non provava paura. Non provava alcuna paura quando veniva scoperto a fare qualcosa che secondo le suore era sbagliato, e non aveva nemmeno paura della sua punizione, che spesso era venire picchiato con un bastone e chiuso in camera senza cena. Non aveva paura di soffrire, non aveva paura del sangue, non aveva paura dei serpenti o dei ragni e non aveva nemmeno paura del buio. Con il passare degli anni, quando ormai aveva accettato di far parte del mondo magico, aveva capito di essere immune alle emozioni umane. Un tempo credeva di provarle anche lui, e ci aveva provato tanto ad essere "normale", ma era finito con l'accettare di essere diverso perché speciale, e il suo modo di vivere le emozioni diverso dagli altri lo rendeva più forte. Non c'era nulla che lo fermava. Nulla che lo indeboliva.
Aveva vissuto brutte esperienze durante la sua giovane vita. Da giovanissimo aveva cercato di spiegarsi perché i suoi genitori lo avessero abbandonato e perché nessuno gli volesse bene, e fu proprio da giovanissimo che conobbe l'odio per il mondo e la diffidenza. Non puoi pretendere di trovare amore dove hai sempre seminato odio. Lui non era altro che un terreno incolto ed arido, che non aveva mai ricevuto cure e attenzioni. Dare la colpa a lui della sua condizione era ipocrita.
Hogwarts fu la sua fortuna. Aveva scoperto lì la magia, l'unica cosa che rendeva la sua vita degna, l'unica cosa che gli aveva dato uno scopo e che gli aveva dato la conferma di essere speciale. Ma speciale come gli altri non bastava, doveva essere il migliore. Aveva bisogno di esserlo, lo doveva a se stesso. Era quello l'amore, il rispetto che non aveva mai ricevuto da nessuno se non da sé, il sostegno che solo lui era stato in grado di darsi, la sua ancora.
È questo quello che succede quando non hai nessuno; ti leghi a te stesso e alle cose che ti rendono forte, in modo da non provare più delusione o dolore. Inizi a contare solo tu.

Before you go / Tom Riddle Onde histórias criam vida. Descubra agora