7 - Il segreto del Lago nero

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Era una calda notte di ottobre, ma sembrava di trovarsi in agosto. Il clima di Hogwarts era da sempre stato più freddo rispetto alle altre zone nelle vicinanze, il che era dovuto proprio alla sua posizione strategicamente isolata. Differiva da Hogsmade di addirittura dieci gradi, quindi chiunque vi avesse vissuto era abituato a quel brusco cambio di temperature che dava l'impressione di trovarsi in un mondo diverso. Invece quella notte l'umidità che saliva dal lago nero rendeva il tutto più afoso. L'aria era diversa, era pesante, talmente rarefatta da soffocare chiunque la respirasse.
Anche il cielo sembrava essere cambiato. Era cupo, e le nuvole ostacolavano la visuale delle stelle che erano spesso visibili da lì. La luna era nascosta, ed insieme a lei ogni piccola parvenza di luce, celata dalle nuvole grigiastre che rendevano l'atmosfera ancora più tetra. Senza le luci della notte il castello era completamente al buio, cosa che non avrebbe disturbato gli avvenimenti di quella stessa sera.
Tom Riddle stava camminando verso la piccola spiaggia del lago. Di lì a qualche ora l'alta marea l'avrebbe completamente inghiottita con le sue onde scure. Si era abbassato, facendo attenzione a non poggiare le ginocchia sulla sabbia bagnata. Aveva allungato un braccio e aveva infilato la mano nell'acqua. Le maniche della camicia erano state precedentemente raccolte per scoprire gli avambracci, ma non servì a molto quando scavò ancora più in profondità. Stava cercando qualcosa nel fondale. Continuava a muovere il braccio, un po' a destra e un po' a sinistra, per poi muoverlo in senso orario come se stesse cercando di aprire qualcosa, più che di afferrarla. Doveva essere qualcosa di ben recondito, inesplicabile, perché il ragazzo continuava a cercare e a scavare con ora entrambe le mani nella sabbia. Aveva oramai lasciato cadere il suo peso sulle ginocchia quasi immerse nel lago, troppo concentrato nella sua ricerca per rendersi conto di quanto pericoloso fosse stato entrare completamente a contatto con l'acqua. L'odore di salsedine era più forte che mai, l'aria sembrava più calda di prima e l'ambiente circostante era colmo di efidridi. Continuava a frugare in avanti, disperato. Da un momento all'altro si sarebbe gettato forse tra le onde, come se fosse servito a qualcosa. Come se farlo gli avesse permesso di aprire la porta sotto la profondità del mare, di collegare l'oceano al cielo, l'acqua all'aria e il ghiaccio al fuoco. Tutto quello che riusciva a sfiorare con le sue lunghe dita era invece non altro che cenere. Continuò nel suo intento per circa qualche altro minuto prima di riuscire. Tirò a sé quello che era riuscito ad afferrare dal fondale, impaziente ma cauto. Stava rubando dal lago, perciò sapeva bene cosa sarebbe potuto succedere, chi e che cosa avrebbe potuto attaccarlo. Aveva passato più di una settimana a fare ricerche nella biblioteca, e quando aveva scoperto l'esistenza di ciò che stava cercando aveva giustamente deciso di considerarne le conseguenze. Aveva fatto in modo che la sua "avventura" risultasse come una trappola. Era proprio per quello che aveva richiamato a sé il suo nuovo giocattolo. Cirene aveva dimostrato di resisterlo, di saperlo combattere fino al punto di appartenergli senza perdere completamente il controllo. Non era come l'altra ragazza, lei non era debole, non sarebbe morta fino a quando non sarebbe stato lui a volerlo. Tra le sue vittime lei era risultata l'unica in grado di sopportare tutto quel potere dentro la sua misera magia, seppure non fosse altro che una mezzosangue. Quella notte lei era il pezzo forte, senza non avrebbe potuto inscenare il trucco che gli avrebbe presto permesso di impadronirsi di quell'oggetto per cui tanto urlava di desiderio. Lo aveva afferrato, ora serviva solo che lei arrivasse fin lì per poi estrarlo e liberarlo dalla sua protezione.
L'attesa sembrò eterna. Ora che lo teneva stretto tra le sue mani lo bramava ancora di più, ma doveva resistergli; sapeva bene che il suo effetto era proprio quello di condurre chiunque lo rubasse a morte certa. Cirene non lo fece attendere molto. Si fece largo tra gli alberi folti e si mostrò dal buio, uscendo alla scoperta dall'ombra che l'aveva tenuta nascosta fino a quel momento. Non era più lei, era semplicemente un burattino. Ma c'era una cosa che Tom Riddle non sapeva: era più forte di quanto sperasse. La sua mente non era certo in grado di contrastare la sua maledizione, ma era in grado di rimanere cosciente, il che forse non era un bene neppure per lei. Doveva essere atroce la sofferenza di sentire il proprio corpo ubbidire a dei comandi altrui senza riuscire ad intervenire.
«Avvicinati, presto» il giovane uomo parlò così piano che non lo avrebbe udito se solo le loro menti non fossero state collegate. La ragazza ubbidì. Il suo riflesso nel lago era terribile. Era più pallida che mai e i biondi capelli ricci erano diventati crespi e di un grigio sporco. Avrebbe tanto desiderato non guardarsi, ma non poteva nemmeno voltarsi dalla parte opposta. Si accovacciò di fianco al giovane Riddle, prestando attenzione a non bagnarsi. Era giunta l'ora, anche l'atmosfera sembrava averlo capito. Se prima faceva caldo in quel momento Hogwarts era diventata un forno al centro dell'inferno.
"No, non voglio farlo" avrebbe detto Cirene se solo avesse avuto il pieno controllo delle sue capacità. Nemmeno il respiro le apparteneva, era come se quel corpo fosse morto, e lei non fosse altro che un pezzetto di anima rimasto in trappola in quel contenitore privo di umanità. Avrebbe voluto contrastarlo, ma non riusciva. Non riusciva a ricordare neppure come era giunta fin là e perché lo aveva fatto. Guardava ora il riflesso del ragazzo nel lago, che si era tenuto nascosto dal cappuccio del mantello da viaggio. Cosa ci faceva lì con Tom Riddle? Cercava di ricordare, ma più ci provava, più si sentiva svenire. Non se ne preoccupò più di tanto, se fosse successo il suo corpo avrebbe continuato a fare quello che doveva fare allo stesso modo, no?
Si rialzò lentamente, e altrettanto lentamente si mosse in avanti, verso il centro del lago. Continuava a camminare, seppure presto l'acqua l'avrebbe ricoperta fino al mento. Aveva sempre temuto l'acqua, specialmente di notte, ed in quel momento non poteva fare nulla. Era in trappola nel suo stesso corpo, dritta verso la sua fobia, forse verso la morte. Non sapeva il perché di questa sua ansia. Forse aveva da sempre creduto che nascosti infondo alla marea non vi fossero altro che morti, in trappola proprio come lo era anche lei. Si chiedeva quando sarebbero venuti a prenderla, quando l'avrebbero afferrata. Se non era in grado di controllare nemmeno il suo respiro sarebbe successo presto, avrebbe dovuto accettarlo.
Sentì presto un dolore lancinante agli occhi quando si trovò sotto la superficie dell'acqua. Tutto era tremendamente buio, era impossibile vedere dove fosse diretta se non davanti o attorno a sé. L'unica sensazione di cui si rendeva conto ora era il freddo. Il brusco cambio di temperatura era evidente. Lì sotto faceva freddo. Ma si trattava di un freddo mai provato prima, anche più freddo del contatto tra gli occhi suoi e quelli del ragazzo che l'aveva condotta fin lì, a morire. Era un freddo che gelava l'anima, un presagio di sofferenza. Non sopportava l'idea di dover morire senza capirne il motivo, ma avrebbe abbracciato la fine senza alcun timore. Forse la sua vita sarebbe dovuta finire prima di quella notte di agosto, prima di tutto. Forse lì l'avrebbe abbracciata diversamente. Sentì una strana pressione sul suo fianco destro, che presto raggiunse il suo braccio sinistro. Era una pressione avvolgente. Si sentiva tirare ancora più in fondo. Avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi... avrebbe semplicemente spento la mente. Qualcos'altro l'afferrò, ma questa volta la tirò indietro, in sù, verso quella che sembrava la superficie. Tom Riddle la fece uscire dall'acqua e la guardò con noncuranza, facendola sedere di fianco ad una siepe. Era questa la morte?
«Sei cosciente?» le chiese. Cirene aprì la bocca per parlare ma nessuna parola ne fuoriuscì. Non perché non ne fosse in grado, ma perché era riuscita a farlo. D'istinto provò ad alzare una mano in alto. Ci riuscì. Aveva riacquistato il controllo. Quando aprì nuovamente la bocca per parlare uno strano suono soffocato raschiò la sua gola. Si portò la mani al collo, dolorante. «Non sforzarti, non riuscirai a parlare» il suo sguardo continuava ad essere noncurante e superiore. Non sapeva nemmeno perché le stava parlando, che bisogno c'era se alla fine sarebbe dovuto finire tutto? Cirene si alzò di colpo, cercando di restare dritta sulle sue gambe che davano l'idea di doverle cedere da un momento all'altro se avesse fatto qualche sforzo di troppo. Lui l'afferrò per le spalle, fermandola. I suoi occhi erano di un freddo pungente.
«T-ti sbagli...» la sua voce venne fuori come un lamento. Alzò lo sguardo verso di lui, mantenendolo fisso dentro i suoi occhi scuri. La notte li faceva apparire di un nero abissale. Lui la guardò esitante per un attimo. Non era possibile, non avrebbe potuto ribellarsi in quel modo al suo comando.
«Bene», si allontanò da lei come se fosse affetta da una malattia contagiosa. Disprezzava chiunque, a maggior modo i ladri di magia come lei, ma Cirene era un esperimento curioso, anche se mai l'avrebbe considerata sua pari. Ma dopotutto nessuno sarebbe mai stato un suo pari. «Dimenticherai tutto tra meno di un'ora» e si voltò. Si chinò nuovamente sul manufatto che aveva estratto dal lago. Si trattava di un piccolo cofanetto in legno, con delle rifiniture di antiche rune intagliate su tutta la superficie. Il lucchetto era di ferro scuro, arrugginito, all'apparenza poco resistente. Poco sopra era visibile un sigillo d'oro con inciso lo stemma di Osiride. Era un manufatto di origini antichissime, protetto dai Maridi da secoli, di magia oscura, per questo aveva tanto desiderato di possederlo, sperava che fosse più promettente di quanto agognasse. Mandare Cirene in acqua era stato rischioso, ma a lui non sarebbe importato nulla se per qualche motivo non ne fosse uscita integra. Grazie a lei, grazie alla fonte di magia che aveva messo dentro di lei, era riuscito a contrastare l'incanto di quel manufatto. Un campo magico e un campo magnetico si erano generati tra loro, contrastando una qualsiasi altra fonte di potere. Quella notte si era creato uno strano legame tra i due giovani, un legame che Tom Riddle di certo non aveva pianificato, né tantomeno previsto. Era riuscito nel suo intento, ma il prezzo da pagare era già stato segnato, e presto avrebbe reclamato la sua corresponsione. Il bauletto che aveva estratto dal fondale oscuro era intatto, e il suo sigillo impossibile da aprire. Aveva ingenuamente cercato di aprirlo con 'alohomora' o di farlo esplodere con 'cistem aperio', ma gli incantesimi sembravano inutili contro quel tipo di magia. Si trattava di arti antiche, arti che avrebbe dovuto imparare al più presto se avesse voluto raggiungere il più alto livello di magia mai scoperta.
«Perché sono qui?» Cirene aveva assunto il controllo delle sue parole, ma la sua voce continuava ad uscire fuori rauca, come se avesse passato ogni secondo di quella giornata ad urlare fino a quel momento. Avrebbe tanto voluto evitare quella domanda, ma non sopportava di avere dei ricordi chiusi dentro una porta della sua mente impossibile da aprire da parte sua. Sapeva che erano lì, ma non sapeva come accedervi. Sapeva anche che quel ragazzo che si trovava dinanzi a lei in quella notte oscura doveva saperne qualcosa più di lei, e doveva esserne coinvolto, se non addirittura l'artefice. Prima di parlare aveva pensato molto a cosa dire, a come formulare la domanda e a cosa le avrebbe potuto rispondere. Non era riuscita a giungere a conclusione alcuna circa quest'ultima questione; aveva faticato tanto, aveva pensato con tutte le sue forze e con altrettanta veemenza aveva cercato di scavare dentro la sua mente alla ricerca di quei pezzi mancanti che avrebbero risposto ad ogni suo quesito. Il ragazzo la ignorò, non le dava importanza e sapeva benissimo che avrebbe dimenticato tutto nuovamente, come quel pomeriggio e come la notte prima. L'unico rischio era che potesse ritrovarsi qualche ricordo sparso, ma non lo avrebbe considerato nulla più che un sogno difficile da rammendare. Sarebbe stato tempo sprecato quello di parlarne, ma anche se avesse avuto tutto il tempo del mondo non le avrebbe rivolto la parola. Tutte le volte in cui lo aveva fatto era perché lo aveva ritenuto necessario per entrare poco alla volta nella sua mente. Se lei non si fosse incuriosita non lo avrebbe pensato e non avrebbe parlato di lui. Se lui non fosse entrato nei suoi pensieri non avrebbe potuto aggrapparsi dentro di lei come un parassita, un virus che finisce col prendere il controllo del suo ospite. Ma in quel momento non era più necessario. Il tempo era prezioso, e non lo avrebbe di certo sprecato con una pedina, una mezza strega come lei, nemmeno degna della sua magia. Era per questo che era intenzionato ad impadronirsene, come suo legittimo diritto.
«Rispondimi» insistette lei, barcollando in avanti. Tom era ancora chinato, intento ora a nascondere il piccolo cofanetto dagli occhi impuri della fanciulla. Avrebbe continuato ad ignorarla, ma se solo un'altra volta avesse osato disturbarlo con le sue inutili chiacchiere l'avrebbe schiantata o zittita in qualunque altro modo gli venisse in mente in quel momento. La ragazza ansimò, stava per succedere di nuovo, lo sentiva, stava per perdere nuovamente il controllo. Lo sapeva lei e lo sapeva anche Tom, ma Tom non sapeva che era imprevedibile. Non era sempre lui a controllare quando sarebbe successo, ma dopotutto è questo il significato di un'esperimento, no? Lei stava cercando di contrastarlo con tutta se stessa, ora si rendeva conto di che stava succedendo, riusciva a percepire quel taglio netto che avveniva ogni qualvolta che stava per perdere il comando del proprio corpo. Era quasi come se il parassita stesse diventando lei.
Si chinò in avanti e cercò di sedersi, ma cadde sulle sue stesse ginocchia e si aggrappò d'istinto alla schiena del ragazzo. Lui rimase immobile, non se lo seppe spiegare neppure a se stesso. Avrebbe voluto colpirla, mentre invece era lì, fermo e quasi pronto a sostenerla. Ma sapeva bene che non era cosi, la disprezzava e stava disprezzando tanto anche quel momento. Toccandolo lo stava sporcando, così la pensava lui.
«Ladra di magia» lo sussurrò pianissimo. Stava parlando tra sé e sé, ma quelle parole uscirono dalla sua bocca, non restarono ferme nella sua mente e nei suoi pensieri. Furono perfettamente udite da Cirene, ma a lui non importava nulla. Che sapesse, si disse, che sapesse quello che ha fatto e quello che quelli come lei hanno fatto alla magia. Lei cercò di parlare, ma un'altra volta aveva perso ogni facoltà. Uno strano brivido scese lungo la sua schiena e le fece rizzare le carni. La temperatura era tornata calda, come lo era all'inizio della serata. L'aria rarefatta le impediva di respirare, lo sentiva ancora più difficoltoso di quando si trovava immersa nelle oscurità del lago nero. L'unica differenza tra quel momento e quando era giunta fin lì ospite dell'involucro che un tempo era certa fosse il suo corpo era che tutto stava diventando buio. Anche i suoi occhi la stavano abbandonando. La sua mente era pronta a spegnersi come un interruttore. Vide per ultima cosa lo sguardo interrogativo di Tom Riddle, e dopodiché tutto si spense. Avrebbe tanto voluto non averlo visto.
La attendeva una lunga nottata, perché sapeva bene che non era finita lì.

Before you go / Tom Riddle Where stories live. Discover now