10 - "Migliore di me"

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Era una giornata piovosa. Il cielo era oscurato da nuvole grigiastre e l'aria fuori dal castello era fredda e rarefatta. La pioggia sbatteva contro i vetri e risuonava forte nel trambusto di voci degli studenti. Quella sera si sarebbe tenuta una veglia in onore della giovane studentessa venuta a mancare non molti giorni prima. Durante tutto quel tempo di attesa i professori avevano esitato nel far sapere agli studenti la verità, ovvero che ad Hogwarts si aggirava un potenziale pericolo. I guaritori dell'ospedale magico non erano stati in grado di accertare la cause del decesso. Insegnanti e Preside avevano fatto di tutto pur di capire quale fosse il problema, seppur invano; e una sola cosa era certa: nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts girava un assassino a piede libero. Era stato fatto il possibile per evitare che si creasse allarmismo tra ragazzi e familiari, ma le voci giravano più velocemente del previsto. Presto l'argomento era tornato discusso più che mai nei corridoi della scuola. Anche se tardi e con il preside Dippet non poco riluttante, era stata presa la decisione di fare una veglia. Ormai il tempo delle risposte era passato, ed era arrivata l'ora di mostrare vicinanza anche agli amici della vittima.
Le lezioni per quel pomeriggio erano state sospese per tutti gli studenti tranne che per i più grandi. Sesto e settimo anno avrebbero continuato normalmente i loro studi, anticipando comunque la fine delle lezioni di un'ora, per riuscire a prepararsi per la veglia tranquillamente. Per gli studenti del sesto anno quella giornata era stata notevolmente impegnativa, e così avrebbe continuato ad essere anche dopo la pausa pranzo. Due ore obbligatorie di Difesa Contro Le Arti Oscure, che sarebbero state tre se solo quel giorno non fosse stato più particolare del solito.
Cirene raggiunse l'aula in ritardo. Aveva cercato in tutti i modi di trovarsi da sola con Caleb per riuscire a parlargli lontano dalle pulci dell'orecchio altrui, ma si era rivelato più difficile del previsto. Più cercava di rallentare il passo per avvicinarsi a lui, più si ritrovava Ben alle calcagna, pronto a rallentare a sua volta e ad origliare. Si trattava oramai di una situazione notevolmente imbarazzante, talmente tanto che era difficile capire quale comportamento sarebbe stato il più adeguato. La sua gelosia era mutata nel tempo, era diventata pungente e silenziosa, forse più insopportabile di prima. Ma Ben non era l'unico ad essere curioso. Vera aveva da sempre l'abitudine di tendere troppo le orecchie. Non lo faceva per cattiveria, no di certo, ma era molto curiosa, specialmente nei confronti dell'amica, verso la quale era anche molto protettiva. Cirene non aveva concluso niente. Non era riuscita a parlare da sola con il suo migliore amico ed era anche arrivata in ritardo a lezione. Quando aprì la porta dell'aula luminosa e ben tenuta trovò tutti gli studenti seduti a gruppi. La professoressa Galatea Merrythought la accolse severamente. Era una donna anziana, piccola e tarchiata, che nonostante la sua veneranda età era ancora in grado di agire perfettamente. Una delle sue specialità era anche il saper fulminare gli studenti con il solo sguardo, specie se arrivavano in ritardo alle sue lezioni.
«Signorina, ha smarrito l'orologio?» teneva le mani strette alla bacchetta, che sembrava lunga quasi quanto un suo braccio. Gli occhiali le cadevano delicatamente sul naso ricurvo e i capelli bianchi erano raccolti in una coda alta. Se non fosse stato per il suo aspetto si sarebbe potuto dire che fosse ancora una giovane strega per via delle sue ottime capacità magiche ed umane.
«No professoressa, mi scusi. Mi sono incamminata tardi e ho perso la nozione del tempo» mentì solo in parte. Alla fine aveva perso davvero la nozione del tempo. Che i modi fossero stati un po' diversi alla fine non era un suo problema. La professoressa la scrutò severamente, poi prese a camminare lungo i tavoli in cui erano seduti gli studenti.
«Bene» accarezzava la sua bacchetta, guardando i ragazzi ad uno ad uno, assottigliando gli occhi forse per vedere meglio.«Signor Riddle, vedo che è solo» la donnina sorrise, e i suoi occhi si rimpicciolirono talmente tanto da sparire tra le rughe del viso. «Voi due potrete lavorare insieme. Visto che lei è in ritardo, signorina Berrycloth, ritengo che sia più che giusto che come punizione valga che lei non lavori in un gruppo numeroso. Si dovrà quindi arrangiare da sola. Non dovrebbe essere un problema per Tom» la donna gli sorrise di nuovo. Il ragazzo annuì e sorrise cordialmente. Evidentemente era comune per lui lavorare da solo, e non perché i professori preferissero così, ma perché anche se senza l'aiuto di nessuno riusciva a superare senza alcun problema i livelli degli altri studenti che invece lavoravano in gruppo. Alla fine per gli insegnanti non era un problema, se preferiva lavorare da solo andava bene, l'importante era che non restasse indietro, ma di certo questo non poteva accadere. Doveva essere veramente acclamato da tutti i professori. A vederlo così aveva proprio quell'immagine di studente modello, del bravo ragazzo che forse in fondo non era. Ma dopotutto Cirene non sapeva nulla di lui. La giovane si sedette di fronte al ragazzo, al quale sorrise senza ottenere in cambio nessuna risposta. Ignorò il suo comportamento trovando come pretesto il fatto che semplicemente non si fosse accorto del saluto, e prese a prestare attenzione alla lezione. L'argomento era Legilimens. La professoressa Merrytought riponeva tanta passione nella spiegazione dell'argomento che non sembrava tanto difficile com'era in realtà. Era in grado di padroneggiare le parole così come la magia, incantando chiunque la ascoltasse. Nonostante fosse severa era molto brava, una delle migliori insegnanti che Hogwarts avesse. Pretendeva molto, ma non era mai stato un problema per Cirene, almeno non fino ad allora. Quel giorno era un giorno particolare, e non solo per via della veglia tanto forzata, ma anche per via di quella lezione. Fu quello il momento in cui Cirene si decise a parlare a Tom Riddle, ignara dei momenti che avevano già trascorso insieme.
«Cosa credi che ci farà fare la Merrytought?» la ragazza si sporse leggermente in avanti per parlare con il giovane studente seduto dinanzi a lei, in modo che fosse solo lui ad udirla. Il ragazzo attese qualche secondo prima di voltarsi verso di lei. Teneva stretta tra le dita la piuma con la quale stava prendendo appunti. La guardava ora quasi infastidito per stargli impedendo di prestare la corretta attenzione alla lezione, o forse semplicemente per essere lì presente con lui. Non gli serviva più, perciò non riusciva a trovare nessun pretesto per comportarsi bene, per addolcirla ed entrare nei suoi pensieri o addirittura nella sua vita. Aveva già eseguito la possessione, sapeva come gestire quella magia, e lei non gli sarebbe tornata più utile. Avrebbe forse provato più avanti ad eseguirla su qualche altro soggetto più difficile, come un vero mago o una vera strega. Ora che aveva fatto quello che doveva fare non aveva alcun motivo per essere cordiale. Era addirittura arrabbiato di trovarsela tra i piedi, avrebbe preferito che fosse stata lei, la sanguemarcio, a morire al posto di quella giovane strega. Ma alla fine a lui non poteva importarne di meno.
«Qualsiasi cosa sia io lavoro da solo» tornò subito a riprendere appunti. Stringeva la piuma tanto forte che presto si sarebbe spezzata tra le sue dita. Cirene corrugò le sopracciglia, guardò un attimo verso la professoressa intenta a spiegare e poi si volse nuovamente verso il ragazzo. Non avrebbe occasione migliore di scoprire perché aveva tanti ricordi astratti di lui.
«La professoressa vuole che lavoriamo in coppia» lavorare da sola non sarebbe stato un grosso problema neanche per lei, però non avrebbe voluto sprecare quell'occasione di passare qualche ora con quel ragazzo, di parlargli per scoprire quello che non ricordava.
«Le andrò a parlare alla fine della lezione, non sarà un problema» aveva preso a fissare ora la sua pergamena, intento forse a rileggere le frasi che aveva scritto. Proprio di fianco al foglio ingiallito aveva un diario, un diario che Cirene era sicura di aver già visto da qualche parte, ma ancora una volta non riusciva a ricordare dove. Forse si trattava solo di déjà vu continui, e avrebbe fatto meglio a farsi visitare. Ma riteneva più opportuno indagare prima, cercare di rispondere da sola alle sue domande, prima di affermare con certezza l'esordio della sua imminente follia. Ed era anche plausibile, dopo tutto quello che aveva passato ad Agosto. Alla fine era anche strano che non si fosse spezzata prima.
«Voglio che vi esercitiate tra di voi e facciate un resoconto, alternandovi i compiti. Dovrete fare un progetto che esporrete all'intera classe tra due settimane. Voglio sapere da voi tutti gli aspetti di questa oscura magia, come viene utilizzata, come funziona e qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Mi raccomando di lavorare tutti insieme, voglio un insieme di tutte le vostre opinioni ed un lavoro ben fatto vale più punti di un semplice riassunto» la professoressa si alzò dalla sedia dietro la cattedra sulla quale si era finalmente seduta dopo aver passato gran parte della lezione in piedi, spiegando praticamente come funziona l'incantesimo. «Ma non dovete assolutamente provarlo su di voi. Non sareste in grado, potreste fare degli enormi pasticci al cervello del vostro avversario. Proveremo l'incantesimo tra due settimane, voglio che vi esercitiate però sul contro incantesimo, dovrete imparare a chiudere la mente. Voglio scritto anche questo nel resoconto.»
Quando Tom Riddle si alzò alla fine della lezione e raggiunse la professoressa non sembrò molto soddisfatto quando si voltò e si avvicinò con riluttanza a Cirene. Sbuffò e la guardò tetro.
«Dobbiamo lavorare insieme»
«Bene» sorrise lei. Non sapeva come sentirsi. Avrebbe dovuto sentirsi felice per essere riuscita a trovare del tempo da investire nella sua ricerca, ma una parte di sé era invece infastidita, come se sperasse di non avere più nulla a che fare con lui. Ma dopotutto loro due non avevano mai avuto nulla a che fare l'uno con l'altra oltre alle ultime lezioni di Pozioni. Non si potevano definire nemmeno conoscenti. Avrebbe dovuto semplicemente imparare a tenere a bada le sensazioni.
«Non voglio che mi rallenti» Tom Riddle raccolse le sue cose dal tavolo e le ripose nella sua borsa di cuoio, fermandosi davanti alla giovane donna, guardandola torvo dall'alto dei suoi occhi agghiaccianti. 
«Cosa ti fa credere che invece non possa essere tu a rallentarmi?» gli porse uno sguardo incuriosito, provocatorio. Lei non era come lui, non si sentiva scesa dai cieli, non si trovava su un piedistallo, però sapeva benissimo di avere le sue ottime capacità pur restando modesta. Il ragazzo le scagliò uno sguardo sprezzante, cercando di dimostrarsi tuttavia impassibile come suo solito.
«Non ti permetto di sentirti mia eguale» socchiuse gli occhi.
«Come scusa?» Cirene sgranò gli occhi, disgustata. Erano ora rimasti in pochi in classe. La maggior parte dei ragazzi aveva lasciato l'aula per raggiungere il luogo in cui si sarebbe svolta la veglia non molto più tardi.
«Una come te non potrà mai essere rallentata da uno come me» sembrava una sofferenza il dover parlare in quel modo, a denti stretti per non farsi sentire dagli altri studenti. A dire il vero non le doveva nemmeno una spiegazione, che cosa ne doveva capire una come lei di come si sentiva lui? Nessuno poteva capirlo.
«Una come me? E come sarebbe una come me?» Cirene non sapeva se sentirsi arrabbiata o offesa, ma era certamente disgustata. Lo guardava infatti altezzosa quasi quanto altezzoso era lo sguardo di colui che l'aveva insultata. Sapeva bene cosa stava per dirle. Erano molti coloro che glielo dicevano alle spalle, ma erano pochi invece quelli che ci tenevano a disturbarla solo per dirle che stava contaminando l'aria che respiravano. Era nata babbana, ma aveva anche lei la magia, e se la magia aveva scelto lei forse alla fine non era tanto diversa da coloro che provenivano da una famiglia composta interamente da maghi, forse quella era la prova che lei meritava la magia più di chi ci era nato. Più conosceva quel mondo tanto sprezzante nei confronti della comunità non magica, più li trovava uguali ai babbani. Alla fine erano tutti esseri umani, e tutti gli esseri umani trovano una scusa per gettare odio sulle minoranze o su chi ritiene più debole. Così come Grindelwald in quel periodo storico corrompeva le menti delle persone convincendole di quanto una supremazia della magia pura fosse necessaria, allo stesso modo il dittatore babbano Hitler corrompeva le menti dei babbani convincendoli di quanto fosse necessaria una supremazia della razza pura, inconsapevole che alla fine i babbani sono tutti uguali. No, che tutti gli esseri umani lo sono, magia o senza magia. Più viveva tra i due mondi, più vedeva quanto erano impure le anime di chi si considerava più puro di sangue. Erano tutti uguali gli uomini, tutti oscuri. Che fossero le armi o le bacchette magiche, l'odio era in grado di scatenare una guerra, e qualsiasi fossero le cause, la guerra è sempre uguale: esseri umani contro esseri umani.
«Una mezzosangue» sputò lui, non degnandola nemmeno di uno sguardo. I suoi occhi navigavano su un punto oltre la testa colma di riccioli biondi, verso la porta attraverso la quale stavano uscendo gli ultimi studenti seguiti dalla professoressa, che sorrise a Tom prima di varcare il ciglio. Si allontanò, incamminandosi anche lui verso l'uscita.
«Che cosa ti fa sentire migliore di me?» A quel punto lui si bloccò. Restò immobile, stringendo tra le mani la tracolla.
«Cosa?» La sua domanda uscì fuori in un sussurro. Si voltò lentamente e ripercorse i suoi passi, puntando il suo sguardo gelido su Cirene, che lo stava fissando con le braccia tese e i pugni serrati.  Aveva gli occhi persi nel vuoto, sembrava guardare altrove nonostante fossero fissi dentro quelli della giovane.
«Ti ho chiesto che cosa ti fa sentire migliore di me» Cirene porse quella domanda più cautamente questa volta. Sembrava addirittura aver assunto un tono gentile e non sapeva capacitarsi del perché. Era come se si fosse persa dentro quello sguardo smarrito, con la mente in subbuglio. Era strano, un silenzio suggestivo si era intromesso tra loro. Tom Riddle sembrava sconcertato, come se quella giovane fanciulla sconosciuta avesse toccato un tasto dolente. Come poteva porgli una domanda simile? Non era certo ovvio? No... non lo era nemmeno per lui. E allora si chiedeva come fosse possibile che lei, sconosciuta ai suoi occhi, potesse avergli distrutto ogni certezza con una stupida domanda. Certo che sapeva perché era migliore di lei, era ovvio, lei aveva il sangue sporco, e lui... anche lui era come lei, e più cercava di ripudiarlo più un vuoto dentro di lui incresceva, risucchiandolo sempre di più in un abisso oscuro. Nemmeno lui era degno della magia, nemmeno lui era degno di essere lì. Ma lui era un caso a parte, no? Luce e tenebre lo tenevano saldo dentro una fossa che si era scavato lui stesso con gli anni. Non voleva uscirci, ormai si stava comodi lì dentro. Ormai si era abituato al buio. Eppure la sua vita era diventata un continuo oscillare tra negligenza nei confronti del suo io interiore e solerzia verso tutte quelle strane emozioni che gli suscitavano dolore. Lui non era in grado di provare emozioni, eppure perché si sentiva così spesso una nullità? Perché si sentiva così spesso in dovere di dimostrare qualcosa a qualcuno che nemmeno esisteva? Sentiva il bisogno di dimostrare a sé stesso di essere degno di quella magia, ma ora che gli era stata posta quella domanda non lo sapeva più. Cos'era che lo rendeva così diverso da lei se sporco era il loro sangue in egual modo?
«Se vuoi lavorare con me ci dobbiamo incontrare questa sera» aveva finalmente smesso di guardare quel punto vuoto tra gli occhi scuri della ragazza, che era rimasta più confusa che mai, imbarazzata. «Ti va bene alle nove?» le chiese. La giovane annuì, pronta ad aprire bocca. La richiuse subito, era rimasta senza parole da quel brusco cambio di comportamento. Era come se di fronte a lei si trovasse ora un'altra persona, una persona distrutta. E allo stesso modo era andato distrutto anche il velo di impassibilità che ricopriva il suo volto pallido, ora affranto. «Bene, non arrivare in ritardo».
«Non lo farò» Cirene si avvicinò al ragazzo quando lui si voltò dandole le spalle, sorpassandolo per trovarsi faccia a faccia con lui. «Posso chiederti perché hai cambiato idea?» la sua curiosità l'aveva portata a sorridere, dimentica del precedente scatto di cattiveria da parte di quel bizzarro Tom Riddle. Ora che ci pensava, Ben non aveva tutti i torti quando lo aveva chiamato strambo o svitato.
«Non ho cambiato idea» strinse le labbra «Non voglio essere rallentato» sospirò, e riprese a camminare, aprì la porta, stette qualche secondo fermo stringendo la maniglia e poi ci ripensò. «Ad una condizione però: faremo a modo mio».

Before you go / Tom Riddle Where stories live. Discover now