42) ritorno.

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TOM:
Guido la macchina all'impazzata, con il piede che punta sul pedale deciso, senza staccare mai.
Mi hanno sempre insegnato a non aver paura della strada, che infondo, non fa altro che aprirti le sue braccia per lasciarti percorrere il tuo cammino.
Ho sempre sentito dire che non deve spaventarti la curva che hai davanti, e che il tuo cuore non deve sittirsi ad essa perché dopo c'è ne sarà sempre un altra, per metterti alla prova.
Corro con le ruote, con la mano che non stacca il cambio neanche per un secondo.
Sento l'angoscia ribollermi sotto il sangue, sento la rabbia consumarmi i nervi per poi scioglierli.
Sento l'ansia, la paura, niente mi ha mai spaventato ma quasi quasi il mio cuore ha deciso di posare lo scudo e la spada che impugnava prima.
Adesso sono un uomo mortale, senza protezione. Sono vulnerabile, la stanchezza ha giocato un ruolo fondamentale in questo. Strizzo gli occhi, per poi scuotere il capo e cercare di rimanere cosciente. Mancano poche curve ormai, sempre meno per arrivare alla mia meta, l'adrenalina mi sale fin sopra il capo.

Il cielo si sfuma di mille colori, pitturando a regola d'arte le nuvole. Sembra quasi paradossale, tutto l'orrore che ci distrugge i cuori e ci porta a combattere la lotta tra il bene e il male accade con questo cielo scolpito dalla tavolozza di un pittore.
Emetto un sorrisino.
Vedo Hogwarts, illuminata e meravigliosamente splendida come sempre. Sembra il castello della principessa di quella fiaba che raccontavo a Rebecca quando aveva paura del buio, quando le tenebre le accarezzavano i riccioli e l'oscurità le alzava le lenzuola per tenersela stretta.

flashback:
-'Tom...dormi?' una vocina sottile sottile mi accarezzò i timpani. Quella vocina che nel bel mezzo della notte viene a svegliarti per confessarti qualche paura.
Mi voltai, con gli occhi ancora mezzi incollati l'uno sull'altro per il sonno. La luce del lampione rifletteva sul vetro della mia stanza, formando una luce arancione che si sfumava con il rosso. Stava piovendo fuori, si sentivano i tuoni che man mano si avvicinavano verso la nostra posizione e la pioggia picchiettava sul vetro della finestra.
Ogni tanto si avvertiva il lampo di luce che illuminava la stanza di bianco e le pareti blu si pitturavano tutt'ad un colpo.

Una sagoma giaceva sul lato destro del mio letto, era Rebecca.
-'Che succede?' sussurrai guardandola. Indossava una camicia da notte lunga, di seta turchese. Riusciva ad essere particolarmente splendida anche nel bel mezzo di una nottata di maltempo.
-'Tuona...sai che io ho paura' sussulto son il filo di voce, bassa e fine.
La guardai, sollevando la coperta per farle cenno di sdraiarsi affianco a me.
Si sdraiò, portando le lenzuola fin sopra il suo piccolo naso.

-'Non devi avere paura dei tuoni, quelli sono solo i segnali che mandano gli angeli al principe per fargli capire dove si trova la sua principessa!' sussurrai, lasciando scivolare le parole nell'oscurità. Lei teneva i suoi occhioni impuntati con i miei, formando un legame fisso per capire se stessi effettivamente mentendo. Le sorrisi, accennando un piccolo sorriso al lato sinistro delle mie labbra. Riuscivo a sentire la sua frustrazione anche da sotto le lenzuola pulite, che con questi pensieri negativi si macchiavano di nero.
Lei allungava le sue mani e le incollava al mio collo caldo, stringendo il colletto della mia maglietta per sotterrare la sua paura.
-'Tom...quando arriverà a prendermi quel principe?' sussurrò con un filo di voce.
Io deglutii.
-'Arriverà preso piccola vedrai, abbi solo pazienza' affermai, mentre osservavo la pioggia che ticchettava sul vetro della mia stanza.
Era una di quelle sere dove la notte poteva raccontarti i segreti più oscuri che custodiva, una di quelle sere dove il cielo ti prendeva per mano e disegnava cento passi davanti a te per indicarti la giusta via.
Le accarezzai e le sorrisi, mentre i suoi occhioni si chiudevano per la stanchezza e i miei erano illuminati dalla luce dei tuoni.

fine flashback-Rebecca:
Corro per i corridoi di Hogwarts, mentre una splendida mattinata illumina la giornata fuori dalle finestre. Osservo uno degli orologi sulle pareti, sono le nove meno quindici: dovrei essere alla lezione di Piton.
La mia curiosità supera ogni limite e mi spingo verso la stanza delle necessità a cercare Mattheo. Mi incammino con le dita incrociate sopra alla gonnellina nera che porto.
-'Rebecca!' mi volto.
Il volto sorridente di Pansy mi richiama l'attenzione. Ha sempre la solita pettinatura; una crocchia disordinata con quei due ciuffetti che le spuntano dalla fronte.
-'Dove vai?' domanda.
-'Oh, beh,io...sto andando da Silente' taglio corto.
-'Come stai Beky? in questi giorni mi sembri più distaccata del solito' borbotta abbassando lo sguardo.
-'Pansy, è complicato...lo sai'. Lei mi osserva, con quegli occhi addolorati e spenti. Sa quanto dolore io stia provando in questi giorni, quanto io non abbia intenzione di fermarmi davanti a niente.
-'Tu accompagno da Silente se ti va...' sorride.
Cazzo, adesso cosa le dico?
-'Semmai dopo Pansy, ti spiegherò tutto te lo giuro' sospiro, mentre piano piano sgattaiolo sotto la sua presa.
Comincio a correre, fin quando la porta della stanza delle necessità non si presenta ai miei occhi.
Apro le porte, osservando la stanza. Avanzo di passo in passo, mentre le porte si richiudono lentamente.
-'Mattheo...?' sussurro con un filo di voce.

𝓞 𝓹 𝓹 𝓻 𝓮 𝓼 𝓼 𝓲 𝓿 𝓮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora