capitolo34

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Misa

Sussulto allo sbattere della porta, non capisco che diavolo sia successo.
Come un fantasma raggiungo il letto tenendo la testa fra le mani, in questo momento vorrei solo sparire e non essere mai venuta al mondo. La mia nascita ha portato solo guai e morte, chiunque mi affianchi finisce morto o torturato.
Axel è andato via per le mie parole, era deluso, o semplicemente ferito non ne ho la minima idea, anche se vorrei tanto capire perché, ma in questo momento non mi importa di nulla. L'unica cosa che riesco a pensare è che Miko è stato preso da Jian, lo ucciderà nel modo piu atroce possibile solo per vedermi soffrire ancora una volta.
Purtroppo lui opera cosi, non ho mai capito perché mi punisca uccidendo le persone che mi circondano. Avrebbe potuto uccidere me fin dall'inizio e risparmiarsi tutte queste vite innocenti.
Ma non sarebbe stato divertente per lui.
In tutta questa storia non capisco cosa ci guadagna nel tenermi in vita, sarà la sua vena sadica o l'ossessione nei confronti di mia madre, sinceramente non riesco a darmi nessuna risposta plausibile. Sembra voglia tenermi in vita solo per togliermi tutto e vedermi soffrire giorno per giorno fino a non avere piu nesssuno su cui contare.
Vuole che rimanga sola.
E ora ha preso l'unica persona che mi abbia  sempre amato e protetto, l'unica persona che mi abbia insegnato tutto quello che so e mi abbia fatto diventare la donna forte che sono. In questo momento starà per morire chissà sotto quali atrocità di quel mostro di mio padre.
Lo odio, è un odio cosi profondo da far marcire anche me.
Il mio I-phon si illumina per l'arrivo di una notifica corro verso il tavolino e l'afferro, so  gia chi è, conosco il contenuto di questo messaggio, ma questo non mi impedisce di aprirlo.
Le  mani mi tremano e un piccolo brivido percorre il mio corpo, stringo gli occhi e li riapro piano per affrontare l'ennesima perdita della mia vita.
Appena apro il video le urla di dolore riempiono subito la stanza, il mio telefono in questo momento sta proiettando l'immagine di Miko sotto tortura. Il suo viso... è ricoperto di sangue, la sua gota è ridotta cosi male che si intravede l'osso, è tenuto fermo sui braccioli della sedia da due pugnali conficcati nelle sue mani, da dove il sangue gongola copioso gocciolante e finisce sul pavimento, goccia dopo goccia, quasi come un'immagine ipnotica.
Le sua urla sono cosi strazianti da far male, due uomini sono dietro di lui uno gli tiene una catena al collo e laltro la  testa all'improvviso un pugno lo colpisce cosi forte al naso che il sangue schizza gli uomini che lo tengono fermo e il suono dell'osso che viene rotto arriva alle mie orecchie come se fossi presente sulla scena e le sue urla cessano all'istante. Scivolo sulla parete alle mie spalle stringendo le ginocchia al petto e il telefono con l'altra mano, senza riuscire a distogliere mai lo sguardo dallo schermo. Non piango, da quando ho memoria non l'ho mai fatto. Sto sperando solo che la vita lo abbandoni il prima possibile, non voglio che contiuii a soffrire, non lo merita è sempre stato una brava persona. Ma non sono cosi fortunata, viene risvegliato da dell'acqua buttata sul suo viso, non urla, ma continuano a pestarlo, i suoi occhi sono spenti per meglio dire stanchi, le sue labbra ridotte a brandelli stanno articolando qualcosa, ma non riessco a capire cosa. Leggere il suo labiale in questo momento è praticamente impossibile, è una maschera di sangue senza volto. L'omone che lo tiene per i capelli si abbassa alla sua altezza e viene inquadrato dalla telecamera, mi sorride e alza la mano per salutami. Stringo cosi forte i denti da farli scricchiolare tra loro e prometto a me stessa che lui avrà una sorte peggiore. Afferra Miko per i capelli con così tanta violenza da fargli tendere il collo e lo incita a parlare.
<<Miko, saluta la tua bambina.>> Mi alzo da terra come a voler reagire, ma le parole di Miko anche se dette in sussurro mi rimangono bloccata sul posto. <<Mi... Dispiace figlia mia.>> Il respiro mi si ferma in gola, le ginocchia mi tremano e cado su di esse facendo cadere a mia volta il telefono,dove non vedo ma sento gl'ultimi lamenti del mio maestro o forse dovrei dire mio padre.

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