Capitolo 41

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Il tempo non stava fermo, ma procedeva con fare sicuro. I minuti passavano, i giorni anche. Robert non lo temeva affatto, dato che ci si era già abituato, e poi, come avrebbe fatto, dopo tutti quegli anni, a non abituarcisi? Ma c'era qualcos'altro che lo tormentava: e se i giorni iniziassero a trascorrere più velocemente, senza che lui riuscisse nemmeno a seguirli? Una volta ciò veramente quasi gli accadde, ma non parliamo di cose vecchie.

Continuava a pensare al regalo che aveva scelto per il suo conoscente. Certo, l'aveva scelto perché non aveva trovato nulla di migliore, ma non importa. D'altra parte, fu questa l'unica ragione? Questo libro che leggeva la voce di chi lo usava era di per sé molto interessante. E Robert era più che sicuro che molti già utilizzavano tali libri, o se non li utilizzassero, avrebbero iniziato a utilizzarli in futuro.

Ma in quale futuro? Che cos'è il futuro? Trenta, quaranta o più anni fa tutti sognavano un futuro migliore, una vita diversa. Sì, non si sbagliarono: la vita divenne in effetti migliore, almeno per il fatto che ormai non c'è bisogno di tanti sforzi quanti prima, ma è sufficiente osservare il processo. Ma non considerarono che, per esempio, nemmeno adesso tutto è così liscio come si vorrebbe.

Cosa succederà, invece, tra cento, duecento o più anni? Ovviamente, in quest'arco di tempo ci saranno molte nuove invenzioni. È chiaro, perché senza nuove invenzioni, la vita non può affatto esistere. Che cosa ne sarà, allora, degli oggetti che usiamo adesso, oggi, nel nostro tempo? Probabilmente andranno a finire nei musei, ma questi musei saranno diversi da quelli che visitiamo noi? Certo che lo saranno. Se anche non fosse così, Robert sperava che anche al libro che stava per regalare al suo conoscente dimenticato (cioè, certamente, all'oggetto in sé, non a quella copia) toccasse la stessa fortuna.

Per interrompere il flusso di questi pensieri (altrimenti sarebbero potuti andare chissà dove e lui avrebbe potuto confondervisi), Robert decise di leggere un'altra volta il libro che parlava dei padroni anteriori del Bordio nonché dei loro parenti e discendenti. In particolare, decise di rileggere le pagine che trattavano di Nikola Šulcová. Forse stava ancora sotto l'impressione della conversazione avuta quel giorno al negozio.

Se avesse avuto modo di caricare questo libro sul dispositivo che aveva catturato la sua attenzione, gli ci sarebbe voluta metà del tempo. Invece Robert dovette cercare a mano la pagina su Nikola Šulcová (non era proprio una sua biografia in quanto tale, ma alcune informazioni sulla sua vita che l'autore aveva considerato le più interessanti), sfogliare all'indietro il libro fino a quella pagina e iniziare a leggerla. Non è male, certo, ma così si corre il rischio di stanchezza.

Ma ciò non rendeva lo scritto meno interessante, anzi. A Robert addirittura dispiacque che le persone di cui parlava questo libro non venivano studiate né a scuola né all'università, alla facoltà di storia. Pensò che se fosse stato un professore, avrebbe probabilmente consigliato questo libro, ma decise piuttosto di non farlo: così lo avrebbero potuto anche licenziare, e poi non si sentiva nato per essere un professore, tantomeno di storia (sebbene, parlando della storia dell'Austria-Ungheria, la conosceva molto bene).

Inoltre non si sentiva pronto a candidarsi per una caricare statale, anche se gli era stato proposto più volte: sì, sarebbe stato interessante, e nuove prospettive gli si sarebbero aperte dinnanzi. Ma aveva poi bisogno di tali prospettive? E fino a quale punto? E quali? E non era solo questo. Se anche fosse diventato qualcuno d'importante, avrebbe potuto provocare per sé un conflitto senza volerlo.

Seppur fuori orario, decise di mangiare un boccone. Questo boccone fu un pezzo di kielbasa che si tagliò (l'aveva comprata da poco e non aveva ancora avuto il tempo per essa). Poi decise di giocare un po' al gioco che aveva scaricato pochi giorni prima.

Dopo il gioco, Robert sentì il bisogno di dormire un poco, di riposarsi, senza però perdere l'ora della cena.

Quindi, per ora, lasciamo che Robert dorma e speri solo nel meglio, e spostiamoci verso una casa abitata da una ragazza che aveva una reputazione piuttosto buona nel proprio quartiere, non tanto per la sua bellezza, quanto per il fatto che non causava mai problemi a nessuno, non diceva mai che la sua opinione fosse migliore di quella degli altri e non dava consigli senza che le venisse richiesto.

La venne a trovare un'amica di scuola, che era Magdaléna Zatloukalová. A proposito, era stata la ragazza che abitava in quella casa a invitarla. Quale fu il motivo di tale invito? Probabilmente non c'era un motivo, se non che volle vederla.

"Allora, raccontami un po' come vivi", domandò a Magdaléna. "Se non è un mistero, certamente".

"Non è per niente un mistero", rispose Magdaléna e iniziò a raccontare ciò che le era accaduto in quei pochi mesi. Quando iniziò a parlare di un ragazzo che aveva all'incirca la sua stessa età, di come l'aveva conosciuto e dell'attenzione che ne riceveva, l'amica interruppe la sua narrazione:

"Vuoi dire che questo ragazzo prova qualcosa per te?"

"Penso di sì".

"Allora perché non cominci con lui una nuova vita? Così forse me lo presenti".

"Sai", disse Magdaléna, "è molto buono, mi piace tutto di lui, il suo abbigliamento, il suo carattere, il tono della sua voce. Ma il problema è che non riesco proprio a dimenticare Samuel".

"Samuel? Ma se è da molto tempo che non è più tra noi".

"Sì, proprio per questo non riesco a dimenticarlo".

"Ma è ormai passato molto tempo. E poi, fu un semplice incidente, nulla di più".

"Sì, capisco anche questo".

"E tu eri una semplice studentessa".

"Sì, ero molto più giovane di quanto sono adesso, molte cose non le sapevo, e questa notizia all'epoca l'ho presa come se fosse stata la fine del mondo".

"La fine del mondo doveva ancora arrivare. Ma, come vedi, non è arrivata".

"Lo so. È solo che ho quest'abitudine di temere tutto".

"Capisco".

"Ma forse qualche giorno tutto sarà migliore".

"Certo che lo sarà. Basta crederci il più possibile, e dimostrare con tutte le forze di crederci".

"Hai ragione".

"E credimi, se fossi annegata tu al suo posto, anche lui sarebbe stato in lutto per te. È una cosa inevitabile, sai: qualcuno muore, qualcun altro invece rimane vivo e non ne capisce il perché".

"Purtroppo è vero".

"Ma non prendertela. Semplicemente credi alle mie parole".

"Ci credo", rispose Magdaléna, "e capisco sempre più di far bene. Anche tu fai bene a sostenermi senza troppe pressioni".

"Grazie. Sono sempre lieta di aiutarti. A proposito, scusami se ti ho interrotto. Continua pure".

"Non scusarti", rispose l'ospite e continuò a parlare del suo corteggiatore. Dal racconto, la sua amica concluse che lui piaceva a Magdaléna, ma che questa si vergognava. O forse si vergognava di se stessa? Ma perché? La vergogna non ha mai portato a nulla di buono, e Magdaléna lo comprendeva molto bene, ma non sapeva decidersi. Era così incerta per indole. Comunque ricevette un sostegno.

Il settimo invernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora