Capitolo 11 "Uccidere è da pazzi, ma amare è pura follia"

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JEFF'S POV

Rimanemmo a coccolarci ancora un po', io tra le sue braccia e lei che mi teneva stretto a sé, come se avesse paura di perdermi. Passarono svariati minuti e il buio stava iniziando a comparire all'orizzonte. Guardai l'orario e vidi che era davvero tardi.

«Sarà meglio che vada. È già molto tardi» dissi, cominciando ad alzarmi.

«No, rimani... se vuoi. Posso ordinare qualcosa da mangiare» propose lei, anche se incerta della sua idea.

«Se ti può far piacere, rimango volentieri. Però devo andare a... sai: uccidere qualcuno. Se non vuoi che si ripeta la stessa scena di prima, è meglio così» spiegai, cercando di non essere troppo crudo con le parole.

KATHERINE'S POV

«Ma non puoi sfogarti in altri modi?» chiesi curiosa, anche se nel mio tono ci fu una leggera nota di malizia, di cui me ne accorsi solo una volta conclusa la frase.

«Sarebbe più efficace questo metodo, ora come ora. Ma posso sfogarmi anche in ogni altro modo che pensi» rispose, stando al gioco.

«Beh, ci sarebbe la meditazione, l'arte, la letteratura e molto altro. Ma forse sarò io a non resistere ad andare al dopo cena» risi, guardando la sua espressione sorpresa.

Ci alzammo e ci dirigemmo in cucina, dove presi il telefono e chiamai una pizzeria ordinando una margherita per me e una pizza con salame piccante perJeff. Dopo venti minuti circa, arrivò il fattorino. Distolsi l'attenzione dal killer e pagai il ragazzo, lasciandogli una buona mancia per essere stato così veloce. Portai la cena sul tavolo, che Jeff mi aveva pregato di lasciargli preparare, e lo vidi arrivare dal salotto. Nell'attesa, oltre a parlare con me, aveva voluto seguire il notiziario, per sentire le notizie degli omicidi negli ultimi giorni. A volte esultava e mormorava apprezzamenti, ma non ne capivo il motivo. Ci mettemmo a tavola e iniziammo a mangiare e parlare. In effetti, era la primissima volta che rimanevo sola con il ragazzo che amavo. Di solito c'erano i genitori, o i nostri amici. Ma mi piaceva. Mi piaceva passare del tempo sola con lui, mentre ci stuzzicavamo o facevamo battute. 

Quando Jeff finì di mangiare, guardò l'ora. «Devo uscire. Cercherò di fare presto e di non sporcarmi troppo. Se dovessi far tardi, non preoccuparti. Non si può mai sapere cosa succederà, ma tu non stare sveglia ad aspettarmi. E, soprattutto, non preoccuparti. Me la cavo sempre, in un modo o nell'altro» Dopodiché, sorrise. Sorrise come se fosse davvero orgoglioso di sé.

«Ehm... sì.D'accordo» risposi, sorridendo a mia volta. Fu un sorriso falso: avevo paura per lui e ancora, forse, di lui.

«Mi mancherai!» esclamò, uscendo di casa velocemente, senza aspettare una mia risposta. Mi lasciò così: sola e in fretta.

«Mi mancherai anche tu...» mormorai, guardando le ultime fette di pizza rimaste nel mio cartone. Che scena triste.

Lasciai nel cartone anche la fetta che avevo in mano e misi tutto nel forno. Mi era passata la fame. Ora che lui non c'era, ogni pensiero veniva a galla. Com'era possibile che mi fossi innamorata di un killer? E non di un killer qualunque, ma di quello che aveva ucciso la mia famiglia e massacrato la mia migliore amica! Non riuscivo a credere di essere come lei. Come mia madre. Non riuscivo a credere di essere così masochista. Uscii dalla cucina, decisa a trovare qualcosa per non pensare, e mi fermai nel salotto. Accesi la televisione e vagai per i canali, trovando, in fine, uno dei miei film preferiti: Amici di letto. Film romantico e molto divertente, in cui un uomo e una donna si incontrano per affari. Entrambi sono stati mollati e decidono di fare sesso, continuamente, rimanendo semplici amici. Poi tutti e due si innamorano e il film prosegue come ogni film romantico: danno, soluzione e lieto fine. Mi accorsi che era agli inizi e decisi di guardarlo tutto.

JEFF'S POV

Una volta uscito dalla casa, diedi una rapida occhiata al taccuino che mi aveva lasciato Slender. Ci appuntava tutti i nomi di possibili minacce per noi killer, come persone che ci avevano intravisto, che si erano spinte nel cuore del bosco, o troppo vicino alla nostra dimora. Slender si divertiva a lasciare il lavoro sporco agli altri. Lessi i due nomi che avrei dovuto far fuori questa notte, trovando una certa Ashley Johnson.

«Okay. È ora di sfogarsi» dissi, correndo verso l'indirizzo segnato dallo Slender.

Dopo qualche isolato, mi fermai davanti ad una casa davvero graziosa. Una delle finestre rivolte verso il giardino era illuminata dalla luce artificiale. Una figura passò davanti ai vetri e riconobbi il viso della ragazza. Si mise a letto e, dopo qualche minuto d'attesa, spense la luce. Aspettai ancora una decina di minuti, poi entrai dalla finestra. Non feci rumore e atterrai dolcemente nella stanza della ragazza. Un leggero russare mi confermò il suo stato incosciente, quindi decisi di agire. Mi mossi velocemente e con leggerezza, mentre mi avvicino e mi sistemo sulla ragazza. Con un colpo secco, le trapasso la gola con il mio coltello. Come ultimo movimento, Ashley aprì gli occhi e gorgogliò, lasciando uscire del sangue dalla sua bocca. Le dilaniai la parte anteriore del collo, facendo schizzare il sangue ovunque. Come promesso a Katherine, cercai di sporcarmi il meno possibile ma, quando pugnalai il suo corpo, qualche goccia di sangue riuscì a macchiarmi inevitabilmentela felpa. Una volta finito il mio lavoro, incisi il sorriso sulle guance della ragazza. Feci lo stesso con un uomo sulla quarantina. Dopo aver sistemato tutte e due le vittime, mi diressi verso la casa di Katherine. Arrivai davvero vicino all'abitazione e sospirai, orgoglioso di me per non essermi fatto beccare. Appena intravidi la casa, una voce mi fermò. Slender fece la sua apparizione.

«Jeff! Eccoti qui. È una giornata che non ti si vede... Che cosa ci fai da queste parti?» chiese tra l'arrabbiato e il curioso, nella mia testa.

Spostai lo sguardo dalla casa, per non fargli capire della mia destinazione. Lo guardai e mi feci vedere tranquillo. Gli feci vedere il coltello, con uno sguardo di superiorità, e gli lanciai il suo taccuino.

«Ho sistemato i tuoi umani e nel tempo libero mi sono divertito. E mi voglio divertire ancora»

«Perfetto. Ricordati di tornare, ogni tanto. Gli altri cominciano a pensare che ti abbia fatto fuori»  disse ridendo, per poi scomparire senza aspettare una risposta.

«Sì, sì... tornerò presto. E, forse, non da solo» mormorai, sorridendo maliziosamente.

Entrai in casa e vidi Katherine addormentata sul divano, mentre i titoli di coda mi fecero pensare ad un film appena finito. Guardai ancora la ragazza e accennai un sorriso benevolo. La presi in braccio, dopo aver spento il televisore. La portai in camera, la appoggiai sul letto e le tolsi la maglia e le calze. Dopodiché la coprii con le lenzuola. Non volevo lasciarla da sola e Slender non aveva niente da dire sul mio "divertimento". Katherine mormorò qualcosa di incomprensibile, girandosi verso di me. Mi tolsi la felpa, per non sporcare le lenzuola, le scarpe e le calze, poi mi sistemai nel letto in modo da poterla abbracciare. Prima che potessi toccarla, lei si allungò verso di me e posò la testa sul mio petto, abbracciandomi stretto.

«Buonanotte, piccola Kath» sussurrai, baciandole la testa.

Lei mormorò ancora qualcosa, producendo solo una serie di suoni confusi. La abbracciai con il braccio libero e guardai il soffitto. Pian piano, mentre la stanchezza si faceva largo nel mio corpo, il lucernario della camera diventò sempre più sfocato, fino a scomparire dalla mia vista, lasciando che il buio della camera mi inglobasse. E, così, mi addormentai.


Jeff the Killer: il killer dannato e sexyWhere stories live. Discover now