Capitolo 7 "La mia vita prima e dopo"

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KATHERINE'S POV

Lo guardai, trovandolo più carino quando sorrideva per davvero. Vidi che stava osservando la casa come se fosse del tutto nuova ai suoi occhi. Probabilmente era davvero così. Dopotutto, lui ci era entrato solo quando c'era buio.

«Toglimi una curiosità» dissi, preoccupata per una sua possibile reazione.

«Dimmi» rispose, facendosi improvvisamente serio, senza spostare lo sguardo dalla casa.

«Perché non mi hai ancora uccisa? Avevi molte opportunità per farlo. Perché non ne hai approfittato?» chiesi curiosa, ma confusa.

«Non ti riguarda» ribatté scontroso.

«Scusa... allora, perché devi uccidere?» cambiai domanda, spostando il mio sguardo a terra.

JEFF'S POV

La guardai e vidi il suo profilo perfetto. Alzò lo sguardo, intrappolando i miei occhi nei suoi, in attesa di una risposta.

"Wow, che occhi. Potrei rimanere a guardarli per ore" pensai, poi sospirai, decidendo di darle una risposta. Forse non mi deluderà.

«Devo uccidere perché ne sento il bisogno. Ho bisogno di vedere il sangue uscire da un corpo per sporcarmi. Ho bisogno di vedere il sangue colare dalla lama del mio coltello. Come se fosse una vendetta... mi fa stare bene» spiegai, serio, non togliendo il mio sguardo dal suo.

Katherine era sconvolta: i suoi occhi erano sgranati e la sua bocca spalancata. Anche lei mi aveva deluso. Non aveva capito. Come tutti gli altri.

«Ora che lo sai, cosa ti cambia?» chiesi, triste.

«Sei stato sincero» rispose semplicemente, per poi andare dritta verso casa.

KATHERINE'S POV

Appena entrai in casa, chiusi la porta e mi ci appoggiai contro. Le lacrime scorrevano veloci, senza che potessi trattenerle.

"Perché non posso avere una vita normale? Perché è successo a me? Anche questo doveva capitare nella mia vita?"  pensai, chiudendo gli occhi e lasciando che la mia memoria vagasse tra i miei dolorosi ricordi.

~ FLASHBACK ~

«Mamma, papà! Sono tornata!» urlai, lasciando cadere le chiavi sul tavolino affiancato alla porta.

Sentii un urlo provenire dal salotto. Corsi immediatamente nella stanza per vedere cosa stava succedendo. La scena mi colpì, di nuovo, dritta nello stomaco: papà teneva mamma per i capelli, per poi buttarla a terra.

«Smettila! Cosa cazzo vuoi farle ancora?! Ucciderla?! Prova a toccarla ancora una volta ed io ti denuncio. Ti farò marcire in prigione!» gridai verso l'uomo, che puzzava così tanto di alcol da riuscire a stordirmi.

«Oh no... tu non farai mai niente, piccola vigliacca!» ringhiò, girandosi verso di me.

Con uno scatto, troppo rapido per un ubriaco, mi afferrò per i capelli. Li tirò forte e mi fece cadere a terra. Lacrime di dolore mi pizzicarono gli occhi, ma non gli diedi la soddisfazione di vedermi piangere, di sentirmi urlare o implorare di smetterla. Mi diede un calcio nello stomaco, facendomi uscire tutta l'aria dai polmoni, per poi lasciarmi agonizzante e in cerca di fiato. Cercò di tornare da mamma, ma io, con fatica, afferrai la sua caviglia, facendolo quasi inciampare e cadere. Per punizione, mi tirò un altro calcio. Per mia fortuna, nella posizione in cui l'avevo bloccato, mi colpì male, ferendomi la coscia.

2 SETTIMANE DOPO

Papà se ne andò, ma mamma non era più la stessa: diventò depressa, iniziò a drogarsi e ogni sera tornava a casa con degli uomini diversi. Per divertirsi, diceva, ma sentivo le sue urla. Durante le giornate, diventavo sempre più sola, fino a vedere mia madre solo di sera. Quando mi picchiava, come faceva papà.

DOPO QUALCHE GIORNO

Papà trovò il modo di tornare ed io mi nascosi in camera. Non volevo assistere a nessuna scena tra quel bastardo e quella puttana. Mai più. Così presi una decisione. Forse la decisione migliore di tutta la vita: avevo deciso di morire. Non potevo più sopportare una vita così. Presi un foglio di carta da uno dei miei quaderni e iniziai a scrivere dolci parole per Alice. Una volta finito di scrivere la lettera, la chiusi e, quando stavo per uscire dalla finestra per poter dare la lettera alla mia amica, senza doverla per forza incontrare, sentii un tonfo. Corsi in salotto, credendo di andare ad assistere ad una nuova lite. Appena raggiunsi la stanza, invece, vidi i corpi dei miei genitori a terra, in un lago di sangue. Una figura incappucciata li sovrastava. Quando si girò, lo riconobbi: Jeff.


~ FINE FLASHBACK ~


"Ohmio Dio. Jeff..."  pensai, portandomi una mano sulla bocca, sorpresa e sconcertata.


Jeff the Killer: il killer dannato e sexyWhere stories live. Discover now