Fantasie Fugaci

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Buongiornissimo (e buon ultimo giorno dell'anno!)

Sorpresi di rivedermi? Eh beh, diciamo che non aggiornavo dalla bellezza di quattro/cinque mesi e, davvero, capitemi: sarà (forse?) la 65esima one shot a tema che scrivo e la mia fantasia, per quanto vasta, non è infinita. Oltre al fatto che per scrivere mi serve anche tempo, voglia ed ispirazione, ahimè

Ma l'importante è che ora sono qui con una nuova one shot, scritta intorno a mezzanotte, di quasi duemila parole, in cui torna la voce narrante in prima persona di Percy (Giuro che se ora scopro che anche la scorsa volta ho scritto in prima persona...), ambientata durante l'estate dello Scontro finale (best periodo ever)

Ma bando alle ciance e buona lettura :)

Il sole si abbassava dolcemente, apprestandosi, di lì a poco, a sparire tra le colline, illuminando di una luce rosata i granelli di sabbia, tingendo d'oro le creste delle onde. Quello era il primo crepuscolo dell'estate, il preludio della mia vita al campo, un assaggio delle sensazioni che avrei presto provato.

Un brivido mi attraversò la spina dorsale, lo stesso che avevo percepito varcando i confini del campo. Certo, amavo essere lì, non dovevo confrontarmi con un nessun insegnante, con alcuna ansia cronica e potevo dire addio a quelle verifiche assurdamente difficili. Al campo, invece, avevo la possibilità di riempire di botte un povero manichino indifeso, oppure far fare un tuffo nel laghetto delle canoe a Clarisse, o ancora sperimentare qualche nuova attrezzatura dei figli di Efesto.

Ad un osservatore esterno il campo mezzosangue sarebbe parso un paradiso estivo e lo era, o almeno quando non eri alle prese con eserciti rivoluzionari capeggiati da titani appena risorti, che avevano deciso di prenderti come bersaglio. Diedi nuovamente uno sguardo al cielo e mi sentii come quel sole, spaventosamente piccolo, sopraffatto da quelle nubi scarlatte.

Non ero solito programmare il mio futuro ed io vi avevo definitivamente rinunciato: permettersi di sognare una vita futura sarebbe stato pericoloso per quasi tutti. Infatti, poi, c'era Annabeth. Oh, scommetto che lei sognava anche di notte il suo futuro, immaginandosi l'architetto di meraviglie architettoniche che sarebbero durate migliaia di anni, oppure programmando tre mesi prima la partita di caccia alla bandiera...

Senza rendermene conto, mi ritrovai a pochi metri dalla cabina di Atena, ammirandone la superficie lucida, il modello ispirato ai templi dell'antica grecia. Mossi qualche passo incerto verso l'uscio, evitando di posare lo sguardo sugli occhi imperscrutabili della civetta scolpita nel marmo e svettante sul tetto.

L'uscio era leggermente aperto e sembrava che all'interno non ci fosse alcun segno di vita. Bussai egualmente, mormorando un sommesso "Toc toc"
Nessuna risposta.
"Annabeth" chiamai dall'esterno. Quella mattina ero apparso al campo dopo mesi e non l'avevo ancora vista. Avrei voluto poter dire che non mi importasse, che per quel lungo periodo non avessi sentito la sua mancanza, ma avrei mentito.

Annabeth era la testimonianza che quel mondo bizzarro popolato da dei millenari esisteva, che tutto ciò che noi avevamo vissuto era stato reale, che davvero stavo imparando a diventare l'eroe di cui tutti avevano bisogno.

Volsi lo sguardo sull'ambiente circostante, assicurandomi che non fossi visto da nessuno e, prima che avessi il tempo di pentirmene, scivolai silenzioso oltre l'uscio, richiudendomi la porta alle spalle.

La cabina di Atena mi apparve la prima volta, come l'incarnazione della tana di tutti i secchioni della Terra: i letti erano ammassati contro le pareti, le scrivanie ricolme di mappe, pergamene e fogli disordinati, le monumentali librerie s'innalzavano accanto le finestre, quasi fossero state costruite con l'unico scopo di intimorire un semplice figlio di Poseidone

Percabeth one shotWhere stories live. Discover now