𝐔𝐧𝐨

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C'è stato un tempo in cui credevo che il prossimo matrimonio a cui avrei partecipato sarebbe stato il mio.
C'è stato un tempo in cui credevo che la donna abbracciata a un altro uomo, in pista, sarebbe diventata mia moglie.
C'è stato un tempo in cui credevo che il mio amore sarebbe bastato per entrambi.
Ma si sa, le storie che iniziano con «c'è stato un tempo» non finiscono mai bene ed è così anche stavolta.
Delia Heart è stata il mio sole durante quelle cupe giornate londinesi, si è intrufolata nella mia vita con il dolore negli occhi e un amore sproporzionato per gli Scones.
Non è stato semplice conquistarla, ancor meno sapere che il suo cuore non mi sarebbe mai appartenuto. O almeno, non al cento per cento.
Averla vista davanti alla porta del mio appartamento aveva acceso una fiammella fragile ma colma di speranza, poi mi era bastato guardarla dritto negli occhi per capire che quella visita avrebbe sancito la fine – di quello che restava, certo.
Mi ero ripromesso che avrei fatto il possibile per dimenticare la sua risata, il suo profumo e la sincerità cristallina che le brilla negli occhi... e invece, eccomi qui: al suo matrimonio, seduto ad un tavolo dove l'unica compagnia che posseggo è il mio drink. La verità è che non sarei mai e poi mai riuscito a dirle di no. Come potevo non apprezzare la sua lettera nonostante tutto? Come potevo darle un dispiacere proprio oggi? E lo so, lo so che avrei avuto tutto il dannato diritto di non presentarmi o persino mandarla a quel paese tuttavia... Delia è Delia. E anche se non è mia, anche se non lo è mai stata davvero mi piace pensare che almeno per una parte sia stato così. Forse un giorno smetterò pure di amarla, ma l'affetto che nutro nei suoi confronti non si consumerà mai. Dio, quanto vorrei essere già a quel punto. Desidererei con tutto me stesso aver smesso di provare la tachicardia solo a guardarla, quella stretta al cuore quando sorride a suo marito... desidererei davvero trovarmi in quella fase futura in cui ti guardi indietro e sorridi calorosamente al ricordo. È bello quello c'è stato ma è passato. Invece no. Solo un altro paio d'ore, poi posso andare.
Sospiro girando svogliatamente il drink ambrato che tengo in mano da non so quanto tempo ormai e fisso un punto indefinito del centro tavola.
Qualcuno si schiarisce la voce, distraendomi dall'intrigante ricamo bianco che ho sotto gli occhi.
«Scusami?»
I miei occhi scattano sulla figura minuta che mi osserva curiosa. È una ragazzina; il vestito le avvolge le curve accennate e i capelli chiari le sfiorano le spalle scoperte, i suoi occhi sono di un azzurro intenso, talmente intenso che faccio fatica a capire quello che mi dice.
«Posso lasciare qui questo?» domanda sollevando il calice semivuoto che tiene in mano.
«Sì, certo» rispondo. Perché, che altro dovrei dirle?
«Grazie» annuisce lenta. Forse ha alzato un po' il gomito. Mi chiedo se i suoi genitori sappiano quello che combina la loro bambina.
«Sei un amico di Delia? Lo sai... per l'accento» mi indica.
«A dirla tutta sono il suo ex» accenno una risata per niente divertita.
Le mie parole devono coglierla davvero alla sprovvista visto che arretra di qualche passo. Wow, devo essere proprio disperato per essermi presentato al matrimonio della mia ex, eh?
«Caspita. Hai fegato» si complimenta.
Le sue parole mi lasciano interdetto per qualche secondo. Ho fegato. Non ne sarei così sicuro. «O forse è stupidità» ribatto, tornando a rivolgerle l'attenzione.
«Non se continui a provare qualcosa per lei» commenta.
«Ci teneva che ci fossi e non avrei voluto essere la causa di un dispiacere proprio oggi» rilascio un sospiro.
«Capisco» annuisce. «Beh...»
«Tom» la informo.
Sorride, in segno di ringraziamento. «Beh, Tom, per quanto possa contare il mio pensiero... ti consiglio di mettere un punto a questa storia e andare avanti. Che ne sai, magari oggi stesso incontrerai la donna della tua vita e ancora non lo sai» accenno un altro sorriso incoraggiante.
«Ah, sì?» sollevo un sopracciglio, scrutandola attentamente. Non è un tantino troppo piccola per pensare a questo genere di cose? Voglio dire, non penso abbia nemmeno diciotto anni. Non che la cosa sia di mio interesse, certo.
Si schiarisce la voce per la seconda volta da quando abbiamo cominciato questa sottospecie di strana conversazione. «Ne sono sicura. Un giorno mi incrocerai per strada e mi dirai che avevo ragione» aggiunge, convinta.
Una risata vera abbandona le mie labbra, poi prendo un sorso del suo drink. Devo ammetterlo, è simpatica e anche molto spiritosa. Non pensavo che mi sarei ritrovato a conversare piacevolmente con una ragazzina che non ha nemmeno raggiunto la maggiore età, ma pazienza. «Vedremo...»
«Molly» risponde. «Sono Molly» allunga una mano nella mia direzione.
Ricambio la stretta, avvolgendo la sua mano minuscola e delicata in confronto alla mia. Ignoro la strana scossa che si propaga per il braccio, raggiungendo la schiena e lascio che le nostre mani si allontanino.
«Buona serata, Tom. Spero tu riesca a trovare la tua serenità» sorride.
«Lo spero anch'io, Molly, lo spero anch'io.»
Mi fa un buffo cenno col capo, come se stesse pensando a chissà cosa e non volesse essere disturbata e si dirige verso quello che credo sia il giardino, la seguo con lo sguardo fino a quando non la vedo sparire in mezzo alla folla.
Torno a fissare il drink che ho lasciato sul tavolo e rilascio un altro piccolo sospiro prima di alzarmi e raggiungere l'uscita. «Molly...» mormoro, sorridendo lievemente. Che ragazzina particolare.

𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘, 𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑, 𝐓𝐎𝐌, 𝐂𝐀𝐋𝐄𝐁Where stories live. Discover now