𝐃𝐮𝐞

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Percepisco la sua presenza nello stesso momento in cui varca la soglia della palestra. Prendo un profondo respiro e continuo a guardare Dalila. Non mi sfugge il modo in cui sposta lo sguardo oltre le mie spalle prima di gettarmi le braccia al collo. Mi sento uno schifo per la situazione in cui mi trovo. Non voglio ferirla ulteriormente, eppure, dall'altro lato, lo vorrei. Soprattutto dopo il fottuto messaggio di ieri sera. Si è scopata l'inglese. Non avevo mai avuto un attacco di panico ma quello di ieri sera, quando ho sentito l'aria mancarmi nei polmoni e la vista offuscarsi... credo di averne avuto uno. Sentirla vicina per poi scoprire che era andata a Londra e si era scopata quell'altro mi ha spezzato in mille pezzi. Mi ha distrutto, cazzo.
«Dalila» sospiro. «Ti ho già detto che non è il caso. Puoi andare, per favore? È meglio per tutti.»
«Ho capito, Trev, ma rimango. Posso godermi un'ultima partita o la mia presenza ti infastidisce così tanto?»
Passo una mano tra i capelli e mi scosto. «Non posso costringerti ad andare, ma trovo che sia inutile rimanere. Tutto qui. Vado» mi allontano, senza darle il tempo di aggiungere altro. La situazione è abbastanza incasinata così. Non avrei mai e poi mai dovuto cominciare questa relazione, in primo luogo, ma la testardaggine di volerla dimenticare mi ha impedito di essere ragionevole.
Mi è bastato solo rivederla per tornare al giorno in cui ci siamo dichiarati amore a vicenda. Mi manca, cazzo. Mi manca da morire. Nonostante tutto. Ho solo bisogno di questa donna nella mia vita per sentirmi completo. All'inizio credevo che il destino ci avesse separato una volta per tutte, ora mi chiedo se invece non ci stesse solo preparando a qualcosa di definitivo. Delia è il mio «qualcosa di definitivo» e ne sono ogni giorno più convinto.
«Ehi, D!» esclama attirando la mia attenzione. «Perché non mi presenti i tuoi amici?» sorride raggiungendo Jude, Chase e Paul.
«Ah, sì, certo» si schiarisce la voce Danny. «Delia, loro sono Paul e Jude. Ragazzi, lei è Delia, una mia grandissima amica. Voi invece vi conoscete già.»
«Sì. Ciao, Chase. Piacere, ragazzi» porge loro la mano in segno di saluto mentre continuo a scrutarla.
«Scusate un secondo, devo parlare con la mia amica» dice Danny prima di afferrare il suo braccio e allontanarla dagli altri.
Vorrei essere un dannato moscerino per poter ascoltare quello che si stanno dicendo. Delia torna sugli spalti, accomodandosi vicino a una Vivienne divertita.
«Ehi, Delia!» la richiama Jude.
«Sì?» sorride.
«Ti porto a bere qualcosa dopo aver vinto» Jude le strizza l'occhio.
Potrei impazzire.
«Ahia, cazzo!» esclama Danny quando stringo il suo polso nella mia presa.
Delia posa lo sguardo su di me e solleva un sopracciglio quando nota che la sto fulminando con lo sguardo. «Fanculo» ringhio.
Lei distoglie lo sguardo e io ne sono grato.

Non so quanto tempo sia passato di preciso da quando la partita è iniziata, so solo che ho tentato l'impossibile pur di non fissarla costantemente. È difficile saperla a così pochi passi da me e non poter far nulla per far capire agli altri che lei è mia. Anche se non lo è.
«Ehi, bellezza!» esclama Jude.
Lo vedo mimare la forma di un bicchiere e poi muovere l'indice tra lo spazio che lo separa da Delia.
Drink. Io e te.
Questo è troppo, cazzo.
Non ci penso due volte: stringo la palla da basket e la tiro nella sua direzione facendola schiantare contro la schiena di Jude. «Concentrati» sibilo velenoso. C'è talmente tanto silenzio che non è difficile capire che tutti hanno sentito quello che gli ho appena detto.
Jude mi osserva confuso, poi guarda Delia e se la ride, come se avesse capito i misteri dell'universo. «Che c'è? Non mi sembra la tua ragazza» mi punzecchia, perché sa che può farlo.
«Non guardarla e basta» ribatto.
«Amico» allarga le braccia.
«Non sono tuo amico» mi avvicino. Ne ho abbastanza delle sue cazzate, sono arrivato quasi al limite della sopportazione e se lui dovrà essere la sfortunata valvola di sfogo, che così sia.
«Credimi, me ne sono accorto» ride il moro prima di voltarsi nella direzione di Delia e farle un occhiolino.
Vedo rosso.
Scatto nella sua direzione e lo spintono.
«Ehi, voi due, piantatela!» si intromette Chase.
«Trevor, negli spogliatoi. Subito!» il tono furente della donna che amo mi arriva dritto alle orecchie. La vedo lasciare gli spalti e dirigersi verso l'unica porta con su scritto 'spogliatoi' a caratteri cubitali.
La seguo all'istante, aprendo le porte con uno scatto, la cerco con lo sguardo e quando la trovo avanzo nella sua direzione a passo spedito.
«Ma che ti salta in mente, eh?!» esclama incollerita.
«A me? Tu che cazzo pensavi di fare» passo una mano tra i capelli umidi. «Prima ti scopi l'inglese, poi arrivi qui e fai la gatta morta con un altro!»
«Faccio quello che mi pare dal momento che tu non hai alcun diritto di reagire in quel modo, Trevor!» mi punta un dito contro.
Se prima vedevo rosso, adesso non riesco nemmeno più a definire quale accidente di colore si stagli davanti alla mia vista. «Ce l'ho, invece, il cazzo di diritto quando si tratta della donna che amo!» urlo furioso «Ce l'ho, Delia!» non ne posso più di negare quello che sento, non ce la faccio, mi sta consumando dall'interno. Vorrei prenderla qui, in questo dannato spogliatoio e dimostrarle quanto mi è mancata, quanto mi sono sentito vuoto senza di lei. Sono solo il guscio dell'uomo che conosceva, sono un misero nessuno senza di lei e voglio cambiare le cose, voglio tornare ad essere Trevor per lei. Non me ne frega un accidente di risultare un perdente mentre ammetto che senza Delia sono perso, io la rivoglio.
Al suono delle mie parole Delia si pietrifica sul posto, l'indice ancora premuto contro il mio petto affannato.
Prende un lungo respiro e alza lo sguardo.
I suoi occhi sono così belli.
«Tralasciando il fatto che tu abbia portato quella qui oggi e che io, fino a due giorni fa, ero liberissima di andare a letto con il mio ragazzo» scandisce bene le parole, sapendo di ferirmi «ero la donna che amavi anche due anni fa, eppure questo non mi sembra che ti abbia persuaso dal non presentarti in quel fottuto aeroporto» sibila prima di scostarsi e sfrecciare fuori dalla stanza.
«Io c'ero all'aeroporto» mormoro. «Non ti ho fermata perché sapevo che non ti avrei mai resa felice incastrandoti. Non ti ho fermata perché sapevo che non sarei riuscito a sopportare la distanza. Non ti ho fermata perché ti amo troppo» mi accascio sulla panchina gelida e passo una mano tra i capelli umidi.
«Comunque, dovresti solo farti ricrescere le palle e dirle come ti senti, amico.»
Mi volto, notando Jude appoggiato a un armadietto. Quando diamine è entrato?
«Non ne so niente ma accidenti, se ti fai scappare una donna del genere sei solo un coglione. Buona fortuna» ride Jude lasciandomi nuovamente solo.
«Già...» mormoro annuendo piano.
Ho intenzione di cambiare le cose. Le darò il tempo di rimuginare su questa conversazione ma non aspetterò in eterno. Da oggi le cose cambiano. 

𝐃𝐀𝐍𝐍𝐘, 𝐓𝐑𝐄𝐕𝐎𝐑, 𝐓𝐎𝐌, 𝐂𝐀𝐋𝐄𝐁Where stories live. Discover now