9. Non è mai stato un problmea

144 16 3
                                    

A volte riesco ad uccidermi da sola, o meglio, i miei ricordi ci riescono.
- Elettra_Writer

Arrivare fino all'Amber Industry non è mai stato un problema, si trova a Manhattan, è uno di quei grattacieli tutti di vetro che si vedono spesso nei film, o semplicemente se vivi in una grande metropoli, sei abituato a vedere.

Non è mai stato un problema, o almeno non fino ad ora, non era un problema, ma adesso i mie pensieri iniziano a fuoriuscire da tutti i meandri della mia mente, iniziando a frapporsi tra i miei occhi e la strada.

Ho molta paura, non lo posso negare, ho aura di non riuscire ad entrare in quel palazzo, anzi, sono quasi completamente certa, non arriverò fino alla Amber Industry.
Cerco un parcheggio per strada, devo fermarmi, trovo un parcheggio proprio davanti ad una caffetteria, sorprendentemente ancora aperta.
Spengo e scendo la moto, infilandomi velocemente all'interno del locale.
Devo andare, ma non ce la faccio, non posso guidare in queste condizioni.
Mi siedo l primo tavolino che trovo, mi tolgo la giacca, prima di essere risucchiata dai miei ricordi...

L'ha rifatto, l'ha fatto ancora, mi ha umiliata davanti a tutti, di nuovo.
Sono ricoperta di uova e farina dalla testa ai piedi,  devo ammettere che sia anche poco originale, è simile allo scherzo dell'altro ieri.
Mi sono il telefono nella tasca del gubbino, sono messaggi, anzi fotografie, da quanto vedo inoltrate parecchie volte.

Sono delle mie foto.

Sento gli occhi pizzicare, ho voglia di piangere, ma non posso farlo, devo andare a parlare con i miei.
Entro nell'ascensore dell'Amber Industry, un'azienda diretta dai miei genitori.
Osservo le foto, sono di oggi, Amy l'ha rifatto, pensavo che fossimo amiche, ma mi sbagliavo, chi vuole essere amica della sfigata sorella di Edward e Alexander Amber?
Nessuno.
Ecco la risposta. Nessuno vuole essermi amico, perché c'è di molto meglio, le poche persone che si sono avvicinate a me, lo facevano per passare del tempo con i 'fighissimi' Amber, di cui io non ho ai fatto parte.

Sono troppo grassa, ho delle coscienze enormi, odio il mio corpo.
Non potevo nascere alta e super snella? Magari con dei bei capelli biondo cenere e degli occhi azzurrissimi?
No, in carne e con dei comunissimi capelli e occhi marroni.

Le porte dell'ascensore si aprano e io corro verso l'ufficio dei miei, spalancano la porta e facendoli alzare allarmati. Hanno già notato il mio volto rigato dalle lacrime, dalle loro espressioni sembrano pronti a tutto.

"Devo andarmene." - affermo dopo alcuni secondi di silenzio. Loro mi osservanoq, dai loro volti non riesco a capire se sono impassibili o preoccupati, ma dall'occhiata che si rivolgono riesco a comprendere una cosa sola, se lo aspettavano.

"Va bene, tesoro." - mia mamma è la prima ha rompere il silenzio, avvicinandosi a me con il suo solito sorriso, togliendo con i pollici le lacrime dal mio viso, per poi abbracciarmi, stringendo forte a lei.

Non è un abbraccio comune, poche volte è capitato. È un abbraccio pieno di consapevolezza, dolcezza e dolore. Una delle poche volte che mi ha rivolto questo abbraccio è quando hanno comunicato che un aereo era precipitato, lo stesso giorno in cui dovevano venirci a trovare i nonni.

Papà si unisce all'abbraccio annuendo di tanto in tanto, osservando negli occhi. Non ho mai capito da chi ho preso i miei occhi, essendo scuri sono molto uguali a quello dei miei, ma non so se assomigliano di più a quelli di mamma o a quelli di papà.

"Dove vuoi andare?" - a rivolgermi la fatilica domanda è proprio quest'ultimo, preoccupato ed arrabbiato.

"Dalla zia Rebekah." - dico solamente. So che non è vicina, la zia abita a Londra, in Inghilterra, oltre oceano, a parecchie ore d'aereo da qui. E questo è uno dei motivi della mia decisione, voglio andare il più lontano possibile, senza allontanarmi troppo.
Sento già che mi mancheranno molto, loro, i miei genitori e i miei fratelli, tutti e tre a scuola, molto probabilmente avranno già visto le foto di me ricoperta di uova e farina.
Hanno sempre cercato di migliorare le cose, usando la loro 'influenza' ma non è servito a niente, anzi, sono stato soprannominati 'gli angeli misericordiosi', infondo, proteggono la povera Amberley sfigata e grassa.

A riportarmi a concentrarmi sui miei genitori è la voce di mio padre, che accetta la mia decisione, promettendo i di prenotare il primo volo disponibile, per poi uscire a fare qualche telefonata.

Io mi accomado su una sedia e mamma fa lo stesso.

"Non so perché tu voglia andare via, ma un giorno, quando sarai pronta ne parleremo, va bene?" - mi chiede spaccando il silenzio - "Io e tuo padre non siamo molto sorpresi della cosa." - afferma con sincerità, per poi continuare - "Ci siamo accorti che manchi poco, a volte salti i pasti, pensavamo che con la proposta che ti avevamo fatto alcuni mesi fa avresti cambiato idea, invece non è così. Se vorrai continuare c'è una sede anche là e, quando ritornerai potrai tornare subito operativa."- spiega in lacrime, per poi aggiungere -"Non lasciare che ti tolgano il tuo splendido sorriso Amberley, hai solo quindici anni e, stai per partire per una altro stato. Promettimi che ci terremo sempre in contatto e che quando tornerai sarai una gueriera."

Corro ad abbracciarla, per poi sussurarle all'orecchio: "Ci vedremo presto, potete venirmi a trovare quando volete. Non ho mai avuto problemi ma adesso devo andare."

Dopo il nostro piccolo discorso rimaniamo abbracciate, aspettando il ritorno di papà in silenzio.

"È tutto pronto." - afferma quest'ultimo rientrando in ufficio -"Le tue valigie sono state preparate, userai l'aereo aziendale, ho appena sentito Rebekah, sarà molto felice di ospitare la sua nipotina preferita" - spiega molto velocemente, l'ansia gli circola nel corpo. Mi abbarcia e mi fa promettere di chiamarlo più volte al giorno.

Prima di uscire, per dirigersi verso il mio nuovo futuro mamma mi ferma.
Si avvicina al suo cassetto e tira fuori un telefono nuovo di zecca, porgendomelo e chiedendomi di dargli il mio.
"Diveva essere un regalo, ho già salvato dentro tutti i tuoi contatti, in questa chiavetta" - dice facebdomela passare sotto gli occhi - "sono presenti tutte le cose dentro il tuo telefono, basterà solo che le collegherai, ma solo se sarà necessario" - spiega calando le ultime parole. Annuisco semplicemente.

"Non saluti i tuoi fratelli?"- chiede papà, notando che a breve torneranno da scuola.

"No, non saprei come spiegarglielo, farebbe troppo male e, molto probabilmente, riuscirebbero a farmi cambiare idea, a farmi restare, ma io ho bisogno di andarmene." - detto questo abbraccio i miei e mi dirigo verso il mio futuro, completamente ignoto...

A riportarmi bruscamente al presente è un cameriere che gentilmente mi chiede se sto bene e se voglio prendere qualcosa. Decido di prendere un tè, ho bisogno di qualcosa che riesca a sciogliermi i muscoli, e un tè caldo è la cosa migliore.

Dopo aver sorseggiato il mio tè e dopo essermi calmata un po', pago, per po dirigersi verso l'uscita dove mi aspetta la mia moto, pronta ad affrontare l'ignoto.

Cari lettori,
Devo ammettere di essere stata molto più veloce, e questo significa una cosa, bey bey blocco dello scrittore.

Come sempre fatemi sapere cosa ne pensati e se durante la lattura incontrate degli errori per favore fatemelo notare.
P. S. Vi piace la frase di introduzione?

Al prossimo capitolo
Elettra_Writer

Non è stata una mia scelta حيث تعيش القصص. اكتشف الآن