9. Mix

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Gamma. Cinquecento volte la scritta Gamma. Questo era ciò che il Nemeton aveva fatto sapere a Lydia, mentre io non ricordavo nulla; solamente una bella e incantevole sensazione.
Quella stessa notte non riuscii a chiudere occhio, in quanto, se lo avessi fatto, una luce fastidiosa me li faceva aprire: ero ancora ipnotizzata.

«Deaton ci aspetta oggi pomeriggio» Scott mi raggiunse al mio armadietto ed insieme ci avviammo verso la mensa, dove ci aspettavano tutti i nostri amici: «Penso sia riuscito ad avere altre informazioni» mi circondò le spalle con il suo possente braccio, ed io lo lasciai fare, in quanto non avevo obiezioni.

La mia vita era totalmente cambiata, e non sapevo ancora se mi piaceva. Nonostante apprezzavo il branco e avessi ritrovato Liam, mi mancava la quotidianità e la normalità della mia precedente vita. Mi sentivo sola, anche in mezzo alla gente, mi sentivo risucchiata da un enorme buco nero che non mi faceva scorgere la mia identità. Ero un piccolo mostro indifeso.

«A che ora ci troviamo alla clinica?» Stiles stava addentando una forchettata di spaghetti che non avevano un aspetto molto invitante. Vidi gli altri ragazzi organizzarsi per quello stesso pomeriggio, e, nonostante apprezzassi la loro presenza e preoccupazione, non volevo tutti.

«Forse è meglio che vada io» dissi, e tutti gli occhi puntarono il mio viso: «Si, insomma, ieri sera vi ho fatto perdere abbastanza tempo» abbassai lo sguardo sulle mie mani, che iniziarono a tirare via le pellicine intorno all'unghia del pollice: era un tic nervoso che dovevo abbandonare, ma con il fatto di essere licantropo, il tutto si sistemava subito.
La forchetta di Stiles scivolò dalle sue dita e ruppe il silenzio del nostro tavolo, un silenzio imbarazzante e stupito.

Scott, che era di fianco a me, prese le mie mani nelle sue e mi obbligò a smettere di torturarle: «Siamo una squadra, e proprio per questo dobbiamo aiutarci e sostenerci. Non ci siamo mai abbandonati in questo modo, ci siamo sempre stati gli uni per gli altri» guardai l'intero tavolo e mi soffermai a lungo su Liam, che non riuscì a sostenere il mio sguardo: «Non è una perdita di tempo, sei parte di noi» Scott mi accarezzò il viso ed io poggiai la guancia sulla sua mano calda: «Grazie» sussurrai e lasciai che i miei occhi si chiudessero, sprofondando in un sonno particolare.

Ero sola, in un bosco che non aveva vie d'uscita, e d'improvviso, una voce catturò le mie orecchie: «Di qui» un piccolo chiarore segnato a terra, mi indicò una strada che percorsi di corsa, volevo tornare da mio padre: «Ci sei quasi».
Mi mancava correre, non lo facevo da quando mi ero trasferita a Beacon Hills, e mi ero scordata di quanto fosse liberatorio.
Quando la luce finì di indicarmi il cammino, tutto intorno si trasformò in una stanza enorme e bianca, mentre io poggiavo i piedi sul Nemeton.
«Gamma... Gamma... Gamma...»

Mi svegliai di soprassalto, impaurita e disorientata: non ero a letto, e nemmeno a casa mia. Guardai il telefono che segnava le sei del pomeriggio e poi mi alzai a sedere; dove mi trovavo?
Stiles apparì dalla cucina con una tazza di tè caldo tra le mani e me la porse: «Tieni un po' di zuccheri, è tutto oggi che non tocchi cibo» gli sorrisi e lui si sedette sulla poltrona di fronte a me: «Potresti anche lavarti il viso, hai un aspetto orribile» fece una faccia schifata ed io lo squadrai da capo a piedi.

«Okay Chloe, sono 66kg di pelle chiara ed ossa fragili, il sarcasmo è la mia unica difesa!» si difese, ed io scoppiai a ridere. Alcune volte Stiles mi sbalordiva con le sue perle di saggezza: era un amico con il quale mai mi sarei annoiata. Il nostro rapporto si era allontanato da quando Scott ed io iniziammo a frequentarci, e questo mi dispiaceva molto, in quanto lui era il primo amico che riuscii seriamente a farmi. La sua simpatia mi aveva conquistata praticamente subito, e mi mancava.

«Dimmi un po', sarcastico, ti piace Lydia?» lo incalzai, nella speranza di ottenere un suo qualche parere.
«Dalla prima elementare» disse, senza battere ciglio. Non mi aspettavo una risposta del genere, e questo mi infastidì, senza sapere il reale motivo.
«È una ragazza fortunata» bevvi l'ultimo sorso di tè caldo e poggiai la tazza sul tavolino che ci divideva: «Beh, sono pronta per andare da Deaton» mi alzai in piedi e stiracchiai leggermente le braccia, sbadigliando.
Il moro mi fece accomodare sulla sua auto azzurra ed alzò la musica, per stemperare l'atmosfera.

«Stai bene?» sentii i suoi occhi su di me, così io gli sorrisi per rassicurarlo, nonostante non mi sentissi pronta di affrontare la visita. Era ancora troppo presto per scoprire chi fossi realmente: automaticamente, poi, avrei dovuto dirlo a mio padre, e questo mi spaventava tanto: «In realtà no». Stiles spense l'auto e si girò verso di me: «Cosa ti blocca?».

«La reazione di mio padre. Non voglio vedere la delusione nei suoi occhi» ed eccolo, il fastidioso bruciore in gola. Volevo piangere, ero insicura di me stessa, ma non davanti a Stiles. Lui, nonostante fosse umano, sembrava il più coraggioso di tutti, e non capivo come potesse esserlo.

«Non devi dirglielo adesso. Glielo diremo quando arriverà il momento giusto» mi sorrise e, proprio come faceva Scott, mi asciugò le lacrime scese sulle mie guance. Il suo tocco era dolce, sottile e morbido, molto diverso da quello del capo branco. Ogni parte di guancia toccata da Stiles aveva un impercettibile brivido: «Ora andiamo» mi sorrise un'ultima volta e scendemmo dalla jeep.

«Mi stanno tremando le gambe» dissi, non appena raggiungemmo tutti gli altri. Scott stava parlando con Liam e Derek - inspiegabilmente riapparso a Beacon Hills -, Lydia controllava i social, Malia sbuffava e Mason ci raggiunse con la sua bicicletta: «Siamo pronti?». Dovevo ammettere che eravamo proprio una bella squadra.

Fui la prima a varcare la soglia, ma prima che potessi fare altri passi, Scott mi prese per mano e mi accompagnò nella solita stanza buia. Deaton non era ancora arrivato, così io mi sedetti sul lungo "letto" d'acciaio e scossi le gambe penzolanti avanti e indietro, per stemperare la mia tensione: «Ragazzi, che ansia».

Il veterinario, se così si poteva chiamare, apparve dalla porta con degli acrilici in mano, e tutti ci guardammo senza capire nulla. Lui, senza degnarci di uno sguardo, aprì il blu e lo posizionò su di un piattino, e, vicino, spremette un po' di rosso: «Vedete? Il colore degli occhi di un Beta, i quali occhi blu stanno a significare l'assassinio di un innocente che strappa una parte dell'anima del lupo» spostò il suo dito sul rosso: «E il colore degli occhi di un Alpha, rosso».

Iniziò a mescolare entrambi i colori e raggiunse il viola, il mio colore: «Lei è una specie di mix; dovrete capirne il motivo».

SHE IS A TEEN WOLFWhere stories live. Discover now