49 - Yuji Itadori & Toge Inumaki

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1

"La persona che sta in mezzo in una foto a tre è destinato alla scomparsa"

Questa era la diceria popolare.

Quel giorno, di fronte alla nuova macchina fotografica istantanea che avevo rubato dal nonno, noi tre battibeccammo su chi avrebbe occupato quel posto malaugurato.

Era una sera di Aprile, il caldo tardava ad arrivare e la brezza leggera mi faceva rabbrividire di tanto in tanto.

"No! Io non voglio stare in mezzo. Toge, sei il più grande, dovresti fare il maturo!"

La voce puerile di Yuji echeggiò nel giardinetto. Mi strinsi nella giaccetta troppo leggera che portavo. Avrei tranquillamente preso quel posto ma mi piaceva troppo osservarli nel loro dibattito. Yuji era così preso dal suo discorso che cominciò a gesticolare, le piccole braccia si agitavano nell'aria e abbracciavano lo spazio intorno come a indicare la grandezza dell'altro ragazzo. I due discutevano come se l'argomento fosse a loro vitale, sì, forse lo era per quell'età innocente.

Io al tempo non ci credevo. Ancora oggi non ci credo. Una semplice foto non può succhiare via l'anima di una persona così semplicemente. Pensavo che si era noi stessi a non averla stretta forte, a farla volare via. Se ci si lasciava morire era perchè non ne prestavamo attenzione, non ne facevamo tesoro e solo quando la perdevamo ci pentivamo della nostra distrazione.

"Okaka!"

Toge arrucciò le labbra e fece una grande "X" con le braccia. Si accucciò poi tenendo stretto le braccia alla gambe.

"Tuna Tuna!"

La sua voce carina arrivò attutita alle nostre orecchie, ma riuscimmo senza problemi a sentire l'evidente sfumatura umoristica. Non poteva parlare a causa della sua tecnica malefica: ogni sua frase era un ordine per l'interlocutore. Più precisamente, non voleva parlare perchè non desiderava in alcun modo che le sue parole potessero nuocere ad altri, anche senza volerlo. Dalla sua bocca uscivano solo riepieni di onigiri che noi ci sforzavamo a comprendere il significato vero. Era (ed è, ci posso mettere le mani sul fuoco, ancora oggi) un ragazzo così gentile, che si priva della facoltà essenziale della conversazione per paura che gli altri vengano feriti.

"Dobbiamo starci o io o te! Non voglio che Shizuka-chan muoia."

Yuji si girò a guardarmi con un sorriso rassicurante.

"Tranquilla Shizuka, non ti lascerò morire!"

Non feci a meno di scoppiare a ridere, ero grata che non volesse che morissi ma quello sguardo così fermo e serio non si abbinava affatto ai lineamenti ancora teneri del ragazzo.

"Quando la smettete di litigare facciamo la foto, mi metto io in mezzo. Di certo non credo a queste cose."

I miei due amici mi guardarono preoccupati.

"Takana?"

"Takana?"

Lo copiò Yuji, ormai quelle semplici parole le avevamo comprese e spesso ci divertivamo a usarle. Takana stava per preoccupazione, i suoi occhi violetti erano infatti pieni di apprensione.

"La maledizione colpisce solo chi crede a queste cose e io non ci credo quindi sono apposto"

Affermai.

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