- DODICI- Lui sa

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«Che ti è successo Kyah?» Chiese Dante raggiungendomi come entrai nella caffetteria per comprare una barretta ai cereali.
«Niente» mentii. «Perché?» Chiesi facendo finta di non capire.
«Beh, cammini in modo strano.» Rispose. Mi strinsi nelle spalle.
«Sono caduta nella doccia ieri sera. Penso di essermi stirata un muscolo, per questo cammino così. Niente di grave.» Mentii di nuovo.
«Okay, fino a che stai bene.» Disse guardandomi, controllando che stessi bene sul serio.
«Sto bene.» Lo rassicurai.
«Okay. Vieni a sederti con noi?» Chiese. Guardai velocemente verso il tavolo e vidi i miei fratelli, Justin, Rayne, Baila e altri ragazzi.
«No.» Risposi voltandomi.
«Andiamo Kyah. È stato stupido l'altra sera-»
«Ho detto di no, Dante.» Lo interruppi con tono arrabbiato. Scosse la testa, ma si incamminò al tavolo senza di me. Pagai la mia barretta ai cereali e notai un tavolo vuoto vicino all'entrata, così mi sedetti e armeggiai un po' con il mio I-pad, fino a che le lezioni non fossero iniziate. Sentii delle occhiate trafiggermi e quando mi voltai, vidi Rayne spingere Dante e costringerlo a sedersi di nuovo in modo che non potesse seguirla.
«Hola.» Disse sedendosi di fronte a me.
«Ciao.» Mormorai mangiando un po' della mia barretta.
«Perché sei qui da sola?» Chiese.
«Faccio colazione.» Risposi stringendomi nelle spalle.
"Chiedile scusa per averla spinta." Pensai. Sospirò.
«Sai quello che voglio dire Kyah.» Disse seria.
«Sono seduta qui perché lo voglio. Non ho bisogno di stare con i miei fratelli ventiquattr'ore su ventiquattro. Saranno felici di non avermi intorno e non dover rispondere continuamente alle mie domande.» Risposi e lei tossì, infastidita.
«Non hanno fatto che parlare di te da quando sei arrivata. Voglio dire, hai lasciato l'appartamento un sacco di tempo fa senza Justin e Harley. Non è da te.» Ribatté.
«Ho diciotto anni Rayne, non ho bisogno del permesso dei miei fratelli o di Justin per fare quello che voglio.» Replicai alzandomi dal tavolo e camminando come una stupida fino ad uscire dalla caffetteria.
«Kyah.» Mi chiamò Rayne, ma la ignorai. Andai a lezione prima che iniziasse e fui contenta di trovare Harry seduto nella sedia accanto alla mia.
«Ciao bellissimo.» Dissi salendo le scale.
«Ciao, ehm... Happy Feet?» Sorrise.
«Lo so che cammino come un pinguino.» Replicai ridendo e abbracciandolo prima di sedermi.
«Che è successo?» Chiese togliendosi la felpa. Dio, se non fosse stato gay lo avrei di sicuro rapito.
«A che cosa stai pensando?» Rise di nuovo.
«A quale delle due domande dovrei rispondere per prima?» Chiesi.
«Ad entrambe.» rispose.
«Okay. È successo che mi stavo facendo la doccia ieri sera, sono scivolata e mi sono stirata un dannatissimo muscolo della coscia tramutandomi, come hai detto tu, in "Happy Feet". Per rispondere alla seconda domanda, stavo pensando che se non fossi stato gay, ti avrei sicuramente rapito.» Risposi stringendomi nelle spalle. Mentire su quello che era successo realmente era stato più facile del previsto.
«Mi dispiace per la tua gamba.» Disse sincero, ma poi si accigliò, «Vuoi rapirmi? Oh, certo, fa pure con comodo Kyah.» Mi stuzzicò. Sorrisi.
«Sto scherzando. Ma devo ammettere, ho davvero pensato a quello che sarebbe potuto succedere se non fossi stato gay.» Ridacchiai.
«Sei un'impertinente!» Esclamò facendomi scoppiare a ridere. Appoggiai la mia testa sulla sua spalla.
«Sono stanca.» Sbadigliai.
«Anche io.» disse Harry prima di sbadigliare. Non importa quello che la gente dice. Gli sbadigli sono contagiosi. «Sei pronta per l'esame?» Chiese e annuii.
«Ho studiato con Justin per un sacco di tempo, quindi sì, sono pronta.» Risposi.
«È bellissimo.» Ridacchiò Harry.
«Sì, lo è, e sa di esserlo.» Replicai. «È il mio migliore amico, prima che tu possa pensare che usciamo insieme.» Aggiunsi e lui scoppiò a ridere.
«Non ho detto niente.» Replicò alzando le mani in sua difesa.
«Scusa. Tutti pensano che stiamo insieme perché sono sua amica.» Sospirai.
«Perché di solito lui non fa così con le ragazze. State mandando in confusione tutti, ma si abitueranno, tranquilla.» Disse Harry.
«Suppongo.» Sospirai cercando il mio cellulare. «Diamine, ho lasciato il telefono nella stanza di Justin.» Borbottai. Harry inarcò un sopracciglio sghignazzando. «Oh Dio, no» scossi la testa. «Non è come sembra. Le tubature di casa mia hanno ceduto e sono dovuta andare nell'appartamento di mio fratello e di Justin, ma ieri sera ho perso una scommessa e devo stare lì per più tempo. In pratica faccio la cameriera.» Dissi velocemente.
«Oh, questo spiega le cose.» Replicò stringendosi nelle spalle e sorrisi. Perché tutti non potevano essere come Harry? «Ho un appuntamento stasera.» Disse a bassa voce dopo qualche minuto di silenzio. Mi alzai velocemente.
«Con chi? È carino? Dove lo hai conosciuto-»
«Kyah.» Mi interruppe ridendo. Prese il suo cellulare e mi mostrò la foto di un ragazzo biondo.
«Harry, è molto più che bellissimo.» Dissi con una vocina acuta.
«Lo so. L'ho conosciuto da Starbucks ieri. Mi è venuto addosso rovesciandomi il caffè su tutta la maglia.» Sorrise ripensandoci. Battei le mani.
«Una storia tipica di Starbucks.» Esclamai facendolo ridere.
«Sì, qualcosa del genere. Vedendo che la maglia era rovinata si è offerto di portarmi a cena per rimediare. Si chiama Toby.» Ridacchiò Harry.
«Aveva un radar per i gay, oppure lo ha fatto apposta?» Lo stuzzicai.
«Decisamente apposta.» Rispose con un sorriso.
«Non posso biasimarti. Come può un ragazzo essere tanto bello?» Dissi guardando di nuovo la foto.
«Sai, credo di amarti.» Disse Harry e alzai lo sguardo.
«La nostra relazione non potrebbe mai funzionare. Voglio dire, amiamo il pene entrambi.» Scherzai e Harry scoppiò a ridere.
«È proprio per questo che ti adoro. Sei meravigliosa e una buona amica.» Disse avvicinandosi e baciandomi. Sfiorò appena le mie labbra. Altro buon motivo per avere un amico gay dannatamente bello: baci come se fossero abbracci.
«Okay, d'ora in avanti questo sarà il nostro saluto, mio caro.» Dissi.
«Quello che vuoi mami.» Ridacchiò. Sì, aveva dei parenti messicani, ma non parlava quasi mai spagnolo, a differenza di Rayne. L'ho saputo da lui durante una lezione particolarmente noiosa dove non avevamo fatto altro che parlare. Questo spiegava il perché della sua abbronzatura e il suo aspetto.
«Come vanno le cose con Jake?» chiese Harry e mi morsi il labbro. Dio, ma perché continuavo a dimenticarmi di Jake?
«Le cose vanno... bene. Abbiamo un appuntamento stasera. Niente di serio, siamo usciti solo un paio di volte.» Spiegai e Harry annuì.
«È molto carino.» Sbadigliò.
«Lo so.» Sorrisi.
«Ti piace?» Chiese poi. Annuii.
«Sì, mi piace.» Risposi sincera. So che sono stata a letto con Justin, ma perché con Jake non era una cosa seria e volevo che la mia prima volta fosse con Justin. Lo conoscevo da poco, ma potevo dire che mi conoscesse tanto quanto i miei fratelli e Rayne ed era tutto dire. Ci tenevo molto a lui e mi era sembrato giusto perdere la verginità con lui. Tranne che in questo momento, dato che stavo malissimo.
«Che ne pensano i tre moschettieri?» Chiese Harry riportandomi alla realtà e scoppiai a ridere sentendo come aveva chiamato i miei fratelli.
«Il solito. Lo odiano per una qualche ragione a me sconosciuta. Probabilmente solo perché è interessato a me. Sono fatti così.» Risposi stringendomi nelle spalle.
«Beh, non posso biasimarli. Farei esattamente come loro se fossi mia sorella.» Ammise.
«L'ultima cosa che voglio è un'altra persona iper protettiva.» Borbottai e lui rise.
«Scusa mami, capisco come si sentono Justin e i tuoi fratelli. Una volta che ti affezioni a qualcuno diventa difficile non sentire il bisogno di proteggerla e non c'è niente che tu possa fare per impedirlo, ma a differenza loro, non ti farei incazzare.» Mi fece l'occhiolino.
«Grazie papi.» Dissi nel mio migliore accento spagnolo. Sogghignò sentendomi chiamarlo in quel modo.
«Non era niente male.» E mi strinsi nelle spalle.
«Conosco Rayne da una vita. So più spagnolo di te, amico.» Ridacchiai e lui scoppiò a ridere. La stanza iniziò a riempirsi di studenti come l'orologio segnò le nove. Scorsi Justin entrare in aula con il braccio intorno alle spalle di quella ragazza dai capelli neri, ovvero la puttana. Ero così arrabbiata che sentii una fitta allo stomaco. Dannata gelosia, vattene all'inferno.
Mi maledii mentalmente e ricordai a me stessa che era stato solo sesso e che eravamo ancora due migliori amici. Sapevo che sarebbe stato con altre ragazze di nuovo, ma esattamente dodici ore dopo aver fatto sesso con me, era un tantino presto.
«Testa di cazzo.» Dissi a voce un po' troppo alta e mi sentì perché era solo quattro file sotto di me. Abbassai lo sguardo, come lui cercò di incrociare i miei occhi.
«Chi è una testa di cazzo?» Sussurrò Harry.
«Nessuno. Stavo solo pensando ad una cosa che mio fratello mi ha detto questa mattina per infastidirmi.» Mentii. Mi sentii in colpa per aver mentito ad Harry, ma non volevo che sapesse che fossi gelosa della stronza che Justin stava abbracciando perché avrebbe voluto dire raccontargli che avevamo fatto sesso e sarebbe stato difficile non passare per una delle solite ragazze con cui va a letto. In realtà era proprio come mi sentivo al momento: una delle sue puttane. No, aveva detto che era stato diverso. Voglio dire, l'avevamo fatto nel suo letto, cosa che lui non faceva mai.
"Dio, smettila di pensarci Kyah!" Pensai scuotendo la testa e scacciando i pensieri come il professore entrò in aula.
«È il grande giorno, signore e signori.» Sorrise ampiamente. Ridacchiai.
«Perché ridi?» Chiese Harry.
«Sta cercando di spaventarci con questo test, ma non è nemmeno così importante. Serve solo per vedere se abbiamo capito fino ad ora, ma lo fa sembrare come se fosse l'esame finale.» Risi spiegandoglielo.
«Vuole condividere con la classe la sua battuta, Miss Edwards?» Chiese il professore. Avvampai.
«No, signore.» Dissi sprofondando nella sedia.
«Bene. Può scendere e distribuire i fogli allora.» Sorrise. Borbottai, a voce alta a giudicare dalle risate che si levarono. Mi costrinsi letteralmente ad alzarmi e camminare normalmente scendendo le scale.
«Problemi alla gamba?» Chiese il professore.
«Sì.» Mormorai annuendo. La mia dannata vagina mi faceva camminare come un'impedita e mentire al professore. Presi i fogli dell'esame e li distribuii agli altri. Quando arrivai alla fila dove Justin era seduto feci di tutto per non incrociare il suo sguardo, ma sentii chiaramente la puttana dai capelli neri dire: «cammina come un pinguino.» Così serrai i denti.
«Come scusami?» Sbottai. Sorrise.
«Niente.»
«Come pensavo.» Dissi e sentii qualcuno fischiare, cosa che mi fece arrossire violentemente mentre finivo di dare i fogli prima di tornare a sedermi.
«Non mi piace quella ragazza.» Ammise Harry.
«Neanche a me. È una puttana.» Ribattei. Guardai Harry e scoppiammo a ridere, ma soffocammo le risate quando gli altri ci fissarono. Facemmo in test e come di consueto, io ed Harry finimmo prima degli altri, così consegnammo i fogli. Il professore li corresse prima che lasciammo l'aula. Mi chiamò alla cattedra e mi riconsegnò il compito: 97% Mi accigliai.
«Qualcosa non va?» Chiese.
«Sono solo infastidita per non aver preso il voto pieno.» Mi lamentai e lui sorrise.
«Sei proprio la figlia di tuo padre.» Disse facendomi vedere dove avevo sbagliato.
«Oh giusto. Mi sono dimenticata di scrivere il limite.» Mormorai e lui rise di nuovo.
«Un semplice sbaglio, ma non preoccuparti. Sei la più brava di questa classe.» Sorrise.
«Mi faccia indovinare, Justin è al mio livello, vero?» Dissi e sogghignò. Lo sapevo. Quel dannato ragazzo era bellissimo, bravo a letto e aveva pure un cervello. Bastardo.
«A dopo Signore.» Sorrisi come uscii dalla classe. Harry mi stava aspettando fuori.
«Andiamo a pranzo?» Chiese.
«Sì, muoio di fame.» Dissi in tono drammatico prendendolo sotto braccio e andando verso la caffetteria. A metà strada iniziai a lamentarmi dal dolore, così Harry mi fece salire in spalla e mi portò come se fossi uno zainetto. Faceva male il doppio, ma almeno non dovevo camminare. «Non farmi cadere.» Esclamai e come entrammo, parecchie teste si voltarono verso di noi, mentre altri ignorarono la scena.
«Altrimenti?» Chiese Harry allentando la presa.
«Harry non farlo!» Gridai tra le risate.
«Sto scherzando. Allenta la presa, mi uccidi.» Ribatté fino a che non mi lasciò andare. Gli diedi un colpetto sulla testa.
«Grazie del passaggio.» Scoppiò a ridere.
«Di niente mami.» Rispose dandomi un leggero bacio sulle labbra e andando a prendere un po' di pizza per entrambi. Sentii dei mormorii e alzai gli occhi al cielo. Nessuno di loro aveva di meglio da fare? Ovviamente sapevano che Harry era gay, non faceva nulla per nasconderlo da quando lo avevo scoperto. Camminava a testa alta, ma avendomi baciata ora tutti avrebbero iniziato a dire che uscivamo insieme o robe del genere. Sbuffai all'idea.
«Non ci sediamo con i tuoi fratelli?» Chiese Harry. Guardai verso il tavolo. Harley ci stava fissando, ma scossi la testa.
«No, abbiamo deciso di passare un po' di tempo separati.» Risposi stringendomi nelle spalle. Harry scoppiò a ridere.
«Sembri una mogliettina.» Ridacchiò.
«Sta zitto.» Scherzai sedendoci e pranzando.
«Com'era Jed l'altra sera?» Chiese. Decisi di non dire nulla riguardo al litigio con i miei fratelli e Rayne, così mi strinsi nelle spalle.
«Bene. Justin ha vinto il combattimento.» Sorrisi. Solo ora mi venne in mente. Non mi era successo nulla guardando il combattimento anche se ero sempre infastidita dalla violenza. Grazie a Dio. Mi stavo godendo la mia pizza quando il braccio di qualcuno urtò il mio facendomi rovesciare la bibita sul mio pranzo.
«Mi dispiace, sono scivolata.» Disse una voce alla mia sinistra. Strinsi i denti come mi alzai.
«Non è vero, lo hai fatto di proposito.» Sbottai urlando contro la ragazza dai capelli neri e ridacchiò.
«No, è stato un incidente, principessa.» Sorrise di nuovo. Principessa? Stiamo scherzando? Afferrai il suo braccio.
«Non è stato un cazzo di incidente. Ti comporti da puttana con me sin dalla prima volta che ci siamo viste. Lasciami in pace o ti costringerò io a farlo.» Gridai. Non riconobbi io stessa la mia voce quando parlai, era come se qualcuno parlasse attraverso di me.
«Fallo allora.» Ribatté. Fui a meno di mezzo centimetro dal suo viso.
«Non farlo Kyah. Non ne vale la pena.» Disse Harry apparendo al mio fianco con sguardo terrorizzato.
«Sì, ascolta il tuo fidanzatino» sorrise rivolgendosi ad Harry. «O fidanzatina. Non so chi dei due sia il frocio qui.» Aggiunse guardando Harry con faccia disgustata. Lo stava prendendo in giro perché era gay? Col cazzo! Lo feci. Feci quello che odiavo di più. Lasciai che la mia rabbia prendesse il sopravvento e la colpii dritta sul viso.
«Kyah!» Gridò Rayne da qualche parte della caffetteria. La mia mano iniziò a pulsare per il dolore, ma invece che ribattere, sentii la mia testa andare verso il basso. La puttana mi aveva preso per i capelli. Finimmo per terra e fece in modo che cadessi sopra di lei, il che fu stupido perché riuscivo a colpirla meglio.
"Smettila. Smettila cazzo!" Gridavo dentro di me, ma non riuscivo. Ogni volta che tirava i miei capelli la colpivo più forte. La bloccai persino con il ginocchio.
«Kyah, smettila.» Sentii la voce di Jackson dietro di me.
«Jessie, lasciala. Lascia andare i suoi capelli, adesso!» Gridò Justin. Così si chiamava Jessie. Sarebbe stata sempre "la puttana" per me.
«Mi sta picchiando.» Esclamò la puttana. Sì, lo vedevano tutti, stronza.
«Mi stai tirando i capelli, puttana!» Gridai colpendola di nuovo. Sentii due braccia intorno alla vita e vidi due mani sopra quelle di Jessie per fermarla. Quando mi lasciò andare, fui tirata indietro. «Azzardati a dire ancora qualcosa su di me o Harry e giuro che ti uccido.» Sbottai rimettendomi a posto i capelli.
«Tu sei pazza!» Gridò contro di me. Vidi Justin che la tratteneva per i fianchi e scoppiai a ridere. Non ne hai idea, troia.
«Sì, sono io la pazza.» Dissi alzando gli occhi al cielo. «Puoi lasciarmi andare ora.» Aggiunsi guardando oltre la mia spalla. Ovviamente era Harley. Scosse la testa e mi rimise a terra, guidandomi verso il tavolo.
«Stai bene?» Chiese Harry prendendo una sedia e sedendosi accanto a me.
«Sì.» Risposi massaggiandomi la testa dove sentivo male.
«Non dovevi colpirla per me, lo sai.» Sorrise.
«Col cazzo! Non lascerò che si prenda gioco di te solo perché ha problemi con me. Stronza.» Borbottai. Harry si rilassò e mi abbracciò.
«Che cazzo combini?» Chiesero sia Jackson che Dante sedendosi accanto a me. Mi strinsi nelle spalle.
«Non è da te.» Disse Harley venendo vicino a me. Mi strinsi nelle spalle di nuovo.
«Ha preso in giro Harry solo perché ha problemi con me. Non sarei rimasta con le mani in mano.» Esclamai. Harley gemette.
«Kyah-»
«Non ci provare» lo interruppi. «Voi tre siete i più grandi ipocriti del mondo! Non parlatemi come se fossi una stupida. Sono cresciuta con voi, non facevate altro che combattere tra di voi!» Gridai. Si zittirono per un secondo.
«Non m'importa, sei una ragazz-»
«E le ragazze non combattono? Non è per quelle come me, vero fratellino?» Risi.
«Perché ti stai comportando così?» Chiese.
«Te l'ho detto, si è presa gioco di Harry-»
«No, ti comporti in modo strano da quando te ne sei andata dal bar.» Mi interruppe Jackson. «È per via di quello stupido battibecco?» Chiese.
«Non era stupido.» Ribattei. Scosse la testa.
«Lo sapevo che era per quello. Vieni con me.» Disse prendendo la mia mano e trascinandomi fuori dalla caffetteria dove non c'era nessuno. Dante e Harley ci seguirono. Dovetti correre per stare al suo passo e sentivo un dolore tremendo, ma cercai di non farci caso. «Ascolta» disse Jackson prendendo un grosso respiro. «Non volevo fare quel gesto quando l'altra sera hai chiesto se ci sentivamo in imbarazzo per colpa tua. Non lo sono, non lo siamo e non lo saremo mai.» Affermò. Alzai gli occhi al cielo.
«Certo, ovviamente vi piace avermi attorno tutti i santi giorni.» Borbottai abbassando lo sguardo.
«Kyah» disse Dante mettendo un braccio attorno alle mie spalle. «Ho condiviso con te il grembo per quasi nove mesi e siamo stati insieme praticamente ogni giorno da quando siamo nati. Mi sentirei strano a non averti attorno, come stamattina. Non mi sentivo bene. Vero?» Chiese rivolgendosi ai miei fratelli, che annuirono. Mi accigliai.
«Non lo dici solo per farmi sentire meglio, vero?» Chiesi. Scoppiarono a ridere e scossero la testa. Li abbracciai. «Mi dispiace per prima, credo.» Borbottai abbozzando un sorriso.
«L'ho detto prima e lo dirò di nuovo. Sei esattamente come Harley.» Sogghignò Jackson.
«Non vado fiera di quello che è successo. Vorrei non averlo fatto, ma è tutta colpa sua. Non avrebbe dovuto parlare così di Harry, non aveva fatto niente.» Dissi a denti stretti.
«Quando ho visto che ti sei alzata pensavo avresti solo parlato, così come Rayne, ma poi ho visto che la colpivi dritta in faccia.» Scoppiò a ridere Dante.
«Non combatti come una ragazza, questo è sicuro.» Ridacchiò Harley baciandomi la fronte.
«Mi stava tirando i capelli.» Borbottai.
«Ho delle pillole per il dolore, vieni.» Disse e gemetti quando dovetti allungare il passo per stargli dietro. «Come hai fatto a farti male?» Chiese Harley.
«Sono caduta in cucina ieri sera.» Risposi. Dante mi fermò.
«Mi avevi detto nella doccia.» Disse inarcando un sopracciglio.
«È quello che volevo dire.» Risposi cercando di divincolarmi, ma Jackson mi fermò.
«Stai mentendo.» Disse Harley contraendo la mascella.
«No. Sono caduta nella doccia e mi sono fatta male alla gamba.» Cercai di mentire usando un tono fermo.
«Cammini in modo strano con entrambe le gambe, non una sola. È come se-» ma si interruppe e i suoi occhi si infiammarono. «Lo hai... lo hai fatto!» Sussurrò scrocchiandosi le dita.
Oh mio Dio, lo sapeva. Lo sapeva cazzo!

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